10 ott 2022

VIAGGIO NEL FUNERAL DOOM: ABSTRACT SPIRIT


Venticinquesima puntata – Abstract Spirit: “Tragedy and Weeds” (2009) 

Ci siamo presi una bella boccata d’aria fresca immergendo il nostro sguardo nei poetici paesaggi dell’anima ritratti dai francesi Ataraxie e dai canadesi Longing for Dawn, nel mezzo ci siamo concessi un aperitivo con i Doom:VS, ma il funeral doom, quello più annichilente, è dietro l'angolo pronto per azzannarci senza pietà. Torniamo in Russia, a Mosca per l’esattezza, a farci due fanghi alle terme, come suggerito dalla copertina di "Tragedy and Weeds". Devo tuttavia ammettere che, considerate le premesse e visto il soggetto di copertina, ci poteva andare peggio, molto peggio... 

La discografia degli oramai defunti Abstract Spirit conta quattro album, fra i quali sono da segnalare il secondo “Tragedy and Weeds” del 2009, di cui parleremo oggi, e il successivo “Horror Vacui” del 2011. Partiamo asserendo che quando si parla degli Abstract Spirit è difficile non citare almeno i connazionali Comatose Vigil, visto che entrambe le formazioni vedevano la presenza della voce e della batteria di A.K. iEzor - ed anche questo dato non è molto rassicurante per chi conosce e non digerisce i Comatose Vigil, non certo gli alfieri del versante più soft del funeral doom, ma ripeto, poteva andare molto, molto peggio. Da un punto di vista delle sonorità esplorate, infatti, le due band presentano delle importanti differenze, cosa che peraltro rende gli Abstract Spirit - non ci crederete - ben più godibili dei cugini maggiori….

Le due realtà sono esistite quasi contemporaneamente, con i Comatose Vigil attivi dal 2003 al 2012 e gli Abstract Spirit dal 2006 al 2015. Poi, nel 2017, A.K. iEzor avrebbe rifondato la sua band originaria sotto la nuova denominazione Comatose Vigil A.K. Ma soffermarsi troppo sul personaggio di A.K. iEzor non giova alla comprensione delle reali peculiarità del suono degli Abstract Spirit. Egli è indubbiamente il collegamento fra le due band, è lui che ci affoga nella melma nera e vischiosa della copertina: il suo drumming è lento e lineare e il suo growl rombante, ma fortunatamente tutto cambia intorno a lui. 

Ad accompagnare il nostro eroe in questa avventura troviamo infatti due personaggi di sostanza, M. Hater (chitarra, voce) e I. Stellarghost (tastiera, voce), entrambi militanti nella black metal band Twilight Is Mine (saranno anche una coppia nella vita? non è dato saperlo, ma almeno sperarlo sì, visto che l'amore sboccia spesso fra un cambio di tempo e l'altro mentre si suona funeral doom...). 

I sessantotto minuti di "Tragedy and Weeds" si suddividono in sei tracce, tutte sopra i dieci minuti (tranne la seconda, "Funeral Waltz", di "soli" nove). E' un arpeggio che sa di vicoli sterrati in cimiteri di notte quello che apre la title-track, dodici minuti tanto per sentirci a casa. Esplode la chitarra, cori fantasmatici infestano un brano che procede subdolamente: potrebbe essere un album gothic od anche un reperto proto-black come si usava fare nel corso degli anni ottanta. Poi al terzo minuto il growl luciferino di A.K. iEzor toglie ogni dubbio e ci catapulta nella più tipica dimensione funeral. Molti tuttavia sono gli elementi anomali che colpiranno la nostra attenzione come le tastiere che mimano fiati sbilenchi e dal sentore folcloristico, la chitarra solista che disegna geometrie dal vago gusto neoclassico, l'impasto elettrico che evoca certi scenari cari al black metal, un mesto recitato, il ritorno del growl bissato con lo screaming a gettarci nel più terribile degli incubi. Giunti all'ottavo minuto torna la quiete iniziale del brano, passo lento ed arpeggio assorto, ed è già tempo di bilanci: gli Abstract Spirit intendono edificare un suono vario e ben bilanciato nei suoi elementi, non vergognandosi di ricorrere agli escamotage di un raffinato gothic metal per poi affondare la lama nello scompenso del più raggelante funeral doom. 

La tensione non cala durante l'ascolto, la musica può contare su una robusta "sceneggiatura" e i musicisti sono abili nel far emergere le loro personalità, sia a livello di protagonismi (si pensi a certi passaggi di chitarra o tastiere) che a livello di coesione, con momenti in cui il valore aggiunto è dato dall'affiatamento dei tre (un cambio di tempo azzeccato che accompagna una riuscita evoluzione melodica - accidenti! Può capitare anche questo in un album degli Abstract Spirit!). 
 
Lo stile blackish della chitarra di M. Hater è indubbiamente un elemento a favore per la scorrevolezza dei brani, ma è ancora più interessante rilevare un certo tocco femminile dato dalla presenza della Stellarghost. Le sue tastiere tessono le classiche trame da colonna sonora da film dell’orrore, ma si fregiano anche di sfumature di folclore che riconducono il sound agli umori della Madre Russia. E la cosa non solo snellisce, ma rende anche più interessante l'ascolto...

L’intesa fra tastiere e chitarre è eccelsa, prodigandosi i Nostri anche in passaggi melodici dal flavour classicheggiante con armonizzazioni anche troppo raffinate per chi suona funeral doom in una band e black metal nell'altra. Gli interventi vocali dei due, relegati nel sottofondo a mo’ di cori, sono un ingrediente in più che aggiunge morbosità, ma anche fascino, alla proposta degli Abstract Spirit. In particolare le glaciali spoken vocals della Stellarghost, il più delle volte accompagnate dalle urla iraconde di A.K. iEzor, aggiungono terrore al terrore, spargendo un'aura di inquietudine aggiuntiva alla musica dei Nostri.

Se dovessi descrivere con una sola parola il mood degli Abstract Spirit oserei dire "cimiteriale" che, considerato che si parla di funeral doom, voi direte "grazie tanto per l'informazione, ma quindi?". Mi riferisco ad atmosfere gotiche ma non romantiche, dark ma non decadenti, tristi ma non malinconiche. Nella musica degli Abstract Spirit si celebra proprio quel "funeral party" cantato da Robert Smith nel lontano 1981, fra l'umidità delle croci di marmo e i miasmi dei fiori appassiti. Queste sono le sensazioni restituite dalla musica dei Nostri: un suono metafisico, nebbioso, notturno, ma al tempo stesso consistente, solido, reso con quel tocco pragmatico che contraddistingue molte realtà di metal estremo dell'area di influenza ex sovietica.
 
La palma del brano più lungo spetta alla conclusiva "Sepulchral Winter", oltre i tredici minuti, la cui caratteristica è di concentrare il "canto" nella sua parte centrale e dunque aprirsi e chiudersi con due corpose porzioni strumentali che mettono in mostra, non voglio dire un approccio progressivo (lungi da me!), ma almeno la piena padronanza del proprio suono da parte della band, abile nell'edificare visioni vivide e quasi palpabili (e certo l'incessante sibilare del vento all'inizio ed alla fine del brano, è un altro elemento di grande suggestione che si va ad aggiungere alla sontuosa messa in scena allestita dai tre musicisti con la sola forza dei propri strumenti).
 
Decisamente annoverabili fra gli "ossi duri" del funeral doom, gli Abstract Spirit paradossalmente sono consigliabili all'intero pubblico delle sonorità pesanti ed oscure, a coloro, in definitiva, che hanno un debole per le atmosfere irriducibilmente gotiche ed horror. Una buona dose di melodia e variazioni sul tema, infine, sono la dote offerta a tutti coloro che sanno apprezzare la qualità intrinseca di un prodotto a prescindere dalla lentezza e dalla efferatezza del growl
 
Tutti gli altri si possono consolare con Robert Smith...
 
...Two pale figures ache in silence
Timeless in the quiet ground
Side by side in age and sadness

I watched and acted wordlessly
As piece by piece you performed your story
Moving through an unknown past
Dancing at the funeral party...