9 mar 2024

VIAGGIO NEL METAL RURALE_I: ABITABYSS - LA PISTA DELL'EGEMONIA FRANCOFONA






Abitabyss. Potrebbe essere il nome di un'agenzia immobiliare per amanti di Chtulhu

Niente di tutto ciò. Si tratta di un gioco di parole con la regione di provenienza della band, il Quebec (Canada). 

Già avemmo modo di conoscere i The Northern Ontario Black Metal Society (cioè la Società per la Preservazione del Black Metal del Nord Ontario), una realtà costruita su 8' di musica che rivendicava, come matrice più consona, la radice naturale del black metal all'ecosistema specifico, più che ad un modello scandinavo. Anche qui, nel ruralismo degli Abitabyss, si parla di legame con la terra, ma più che in chiave mistica, in riferimento a concreti microcosmi agricoli della regione di Abitibi-Témiscamingue.

Con due dischi all'attivo, questi tizi danno idea di come la ruralità sia ormai un tema che prende corpo nel panorama metal, proprio perché sono un gruppo minore, che può benissimo sfuggire. Ma ciononostante si propongono in maniera programmatica, a voler significare che i presupposti di questo “discorso” rurale ormai non vanno spiegati perchè sono già nell'aria.

Logo arboreo con simbolo fatto da un incrociarsi di zappa, falce e forcone al centro. Titolo impegnativo “Requiem du Secteur Primaire” (2005).

Il settore primario è stato infatti anche il primo ad entrare in collisione con le politiche globaliste che penalizzano, nonostante le campagne per l'origine controllata dei prodotti, le aree geografiche che campano in maniera sbilanciata di esportazione agricola. La "guerra del latte" nel 2019, che vedeva provocatoriamente gli allevatori versare a terra latte invenduto, ce la ricordiamo. Il movimento dei forconi (2011-12), che tentò di unire senza troppo successo l'interesse della classe media, anche. Spesso queste proteste si esprimono nei blocchi autostradali, forma di protesta in cui simbolicamente la terra rivendica la propria “primarietà” rispetto agli autoveicoli che la attraversando per distribuirne anche i beni.

In copertina, mucche e trattori e presumo altre costruzioni di industria primaria. Sul secondo disco ("Rural Métal", 2014) il fronte rurale si differenzia e si perfeziona. Ci sono tre cavalieri dell'apocalisse che irrompono sulla scena: un minatore, un cacciatore e un contadino, sotto il titolo-bandiera, da pronunciarsi alla francese. Manca il boscaiolo.

La caccia introduce quell'elemento cruento che non tutti assocerebbero al mondo rurale. Eppure ruralità significa vivere nel rispetto dell'ecosistema di cui ti devi anche cibare. Lasciar crescere, anzi allevare, gli animali per poterli abbattere. Certe volte anche in tenera età. Significa rispettare il verde salvo il suo abbattimento per mille usi, in primis la costruzione delle abitazioni, il riscaldamento.

Qualcuno di voi avrà visto un film di Walter Hill, “Southern Comfort” (1981), dal titolo italiano più didascalico “I guerrieri della palude silenziosa”. Una pattuglia della Guardia Nazionale della Lousiana, compagine eterogenea di gente che tira su due soldi con motivazione varia, si addestra perlustrando una palude. Beceri e al limite dell'idiozia, i nostri finiscono per molestare e provocare una comunità locale di Cajun, immigrati di origine francese al tempo deportati dalle aree costiere del Canada alla Louisiana (praticamente due terre quasi opposte per clima ed ecosistema). Scena madre quella in cui un paio dei soldati giungono al villaggio dei Cajun in un'atmosfera ambigua e per nulla rassicurante, nel bel mezzo di una festa o sagra, con tanto di orchestrina che intona l'ossessiva “Parlez Nous a Boire”: maiale su girarrosto, gamberoni giganti su enormi barbecue, e un po' troppe lame e fucili in giro....insieme a pelli d'animale appese un po' ovunque.

Gli Abitabyss non so se siano Cajun, ma sono decisamente francofoni del Canada e ci propongono un brano folk per voci e tamburelli (e capre acclamanti nel finale), “Ma Cheuve”.

Il genere è grind, slam, più avanti, col secondo disco, meno estremo. Frenetico e martellante, secondo la loro stessa definizione. Sotto versi declamati a voce cavernosa si sentono pecore belare in "Horde of Brebis", ma per il resto il suono ha poche altre amenità. Pollame nell'introduzione dello stesso brano, cinguettii, ma tutta roba di contorno.

Si può quindi parlare di un “mondo” rurale musicale? Direi ancora di no, ma evidentemente le tematiche sono di per sé ritenute qualificanti. 
Sarà il genere, troppo chiuso e monotono, che non offre grandi spazi per poter rendere la ruralità a livello sonoro-compositivo? 
Sarà che il ruvido, il primordiale, il cavernicolo, il terroso, sono già elementi del death in quanto musica già ispirata dalla terrosità cimiteriale, alla mostruosità dell'esistente, al rozzo impietoso della materia che muta e si decompone?

Sicuramente, in questo punto di partenza minore, si conferma una connotazione: al suo prender corpo, la corrente tematica-ideologica rurale è egemonizzata dai francofoni, francesi o dei territori colonizzati.

A cura del Dottore