20 mag 2015

LA TRILOGIA SINFONICA: RETROSPETTIVA SUI ROYAL HUNT - ATTO II


Avete tutti presente la scena del celebre film "Il Sorpasso" in cui Vittorio Gassman, con fare istrionico e superbo, esibisce le corna dopo aver superato la macchina che lo precedeva? Bene, perché la sensazione di questi sette anni di carriera dei Royal Hunt con John West alla voce hanno esattamente lo stesso sapore. 
Peccato che i nostri non siano nella vettura di Gassman, ma in quella che segue...

Atto Secondo - Il sorpasso 
(1999-2006)


Lo scetticismo regna sovrano tra pubblico e critica, anche perché il precedente periodo con DC Cooper aveva riscosso unanimi consensi, ma l'addio con il cantante ormai è stato consumato e a succedergli arriva un altro statunitense che risponde al nome di John West, ex singer degli Artension.

Povero John! Tu hai fatto bene ad accettare, ma dopo due album come "Moving Target" e "Paradox" non troverai una eredità facile, sopratutto nel mondo di nicchia che ama i Royal Hunt.
Andersen poteva fare due scelte a mio avviso: virare verso il progressive strumentale o puntare dritto sul power. Quest'ultima è la scelta intrapresa, anche grazie alla potenza di un cantante che non sfigura come estensione vocale, ma difetta forse in originalità interpretativa. André ha scelto senza paura tanto che esce appunto... "Fear" nel 1999 che, tra mille perplessità, sancisce l'inizio dei Royal Hunt era-West e i gruppi che inseguivano adesso in men che non si dica sono davanti, ma perché?
Tanti fattori che si possono riassumere in una sola parola: compitino. 
"Fear" è un compitino che non entusiasma, ma sembra quasi figlio di superbia e superficialità al contempo, come se non dovesse dimostrare a tutti che i Royal Hunt possono esistere senza DC.
In sintesi: Andersen diventa come Balotelli! Come l'attaccante sembra farci un favore a scendere in campo e corricchia svogliato, perché crede di non dover dimostrare a nessuno la sua forza; così André si nasconde e compone canzoni abbastanza canoniche, come ad umiliare la nostra curiosità. Il risultato sarà un abbandono degli ascoltatori dei Royal Hunt al loro destino, l'album sarà un flop, mentre intorno il power sinfonico esplode con una nuova ondata di gruppi: Ayreon, Avantasia, Rhapsody, Angra, Kamelot trovano il modo di ammaliare i fan del genere e così avviene il sorpasso definitivo con Andersen che suda nella sua camicia nera ricamata in oro. 

Un'altra cosa che contraddistingue il secondo atto della carriera dei Royal Hunt sono le copertine terribili! Mai come in questi sette anni ci sono cover così brutte, da "The Mission" a "Eyewitness" sono tutte inguardabili e persino quelle degli Shadow Gallery in confronto sembrano arte!

Il dato però più grave sta nello smarrimento di una identità sonora, cioè i dischi con West non sono brutti, anzi "The Mission" ha spunti notevoli e lo ascolto con piacere anche oggi, ma perdono il marchio Royal Hunt. La chitarra balza in primo piano con cavalcate power che sacrificano rispetto al passato (e anche al futuro) i momenti sinfonici, in altre parole, quel mix tra musica classica ed heavy metal si perde spesso in un anonimo power.
Non tutto è da buttare, anzi se si ascolta con maggiore attenzione quel power che prima ho definito anonimo, si trovano in realtà spunti di qualità. L'apice di questo periodo è il concept spaziale "The Mission" dove, accanto alle canzoni speed, ci sono soluzioni quasi alternative in linea con la storia futuribile e saranno i migliori episodi di questo settennato del gruppo. Ad oggi è questo il disco che ascolto con più frequenza dei Royal Hunt, perché sembra un fiore sbocciato nel deserto.
Il gruppo fa di tutto per farsi odiare tra melodie AOR o esperimenti jazz-blues (ascoltate "Wicked Lounge" in "Eyewitness" per capire), ma Andersen sa scrivere canzoni e nonostante ce la metta tutta per dimenticarselo, compone cose discrete nel complesso. La voce di West non sfigura in nessun momento e tiene alta l'attenzione, però DC Cooper resta sempre un gradino più in alto. Attore non protagonista è il chitarrista dalla faccia da bambino Jacob Kjaer, perché emerge con più chiarezza rispetto al passato e sembra meno succube del tastierista Andersen

Tornando al principio, credo che il punto sia proprio questo: dove è finito il vero André Andersen? Svogliato e superbo, si nasconde ma non può fare a meno di scrivere tutto per tutti, a tratti ho la sensazione che esprima poco se stesso.
Immagino la scena del gruppo che, con un mazzo da fiori in mano e due camicie nuove, va a bussare a casa sua:
- "André dobbiamo fare un nuovo disco, vieni?"
- "Buongiorno ragazzi, per ora tenete queste cose che ho scritto mentre stavo cagando..."
- "Oh grazie, ma non vieni in studio?"
- "Andate voi per ora, fatemi uno squillo quando avete registrato le vostre parti, io devo provare questo nuovo paio di occhiali..." 

Sbattuta loro la porta in faccia i ragazzi andranno in studio per provare le nuove tracce, ma da solo a casa André sospira e sbuffa. Sembra essere proprio lui a non crederci più nel successo o nella vera evoluzione del gruppo, come quegli allenatori che ad un passo dall'esonero dicono agli amici che sono loro che stanno pensando di andare via, così André sembra smarrire fiducia in se stesso e nelle sue possibilità di spaccare il mondo.
Compone perché non ne può fare a meno, però il sorpasso della Storia ormai è avvenuto anche se siamo ancora consci di due cose opposte: i veri Royal Hunt torneranno tra noi, ma al contempo ahimé il fondo è stato toccato e cosa accadrà ora lo scopriremo nel prossimo ed ultimo Atto... 

Pagellone degli Album con John West alla voce:

- "Fear" (1999): 5
- "The Mission" (2001): 7.5
- "Eyewitness" (2003): 5
- "Paper Blood" (2005): 5