"Pronto, che fate oggi? In questa bella giornata di maggio mi piacerebbe andare a fare un giro nell'Ödemark. Varg porta da mangiare, Alex da bere, ma la chitarra la porto io!"
Nasce così nel mio immaginario questo disco che consacra alle orecchie del mondo folk, viking e black metal il noto cantante dalla voce inconfondibile.
Andreas "Vintersorg" Hedlund ha oggi oltre 40 anni di età, ma con il suo tono di voce ha scritto pagine importanti (tutte uguali per la verità) del fenomeno folk-black metal. Credo che se cantasse nei Pooh anche il gruppo di Facchinetti suonerebbe viking, perché ha la capacità di marchiare in modo peculiare ogni sua produzione. Secondo me già a scuola quando rispondeva "Presente" alla maestra, questa non aveva bisogno di alzare lo sguardo dal registro perché riconosceva il tono da imbuto del piccolo Andreas.
A me Vintersorg però non ha mai entusiasmato, pur avendo scritto buoni dischi come questo, non mi emoziona. Questo amore con madre natura e la verde Svezia boscosa me lo ha sempre fatto associare al boy-scout del metal, cioè a colui che rispondeva alle asce del Conte con le stesse asce sì, ma solo per tagliare la legna nei boschi.
La mancanza di malvagità in nome del folk, dei ruscelli, degli alberi e della forza della natura non mi ha mai convinto insomma. Sono lontano dal suo immaginario, perché se si vuole essere epici preferisco allora quando si affrontano temi di eserciti in battaglia o guerrieri, però il fatto che Vintersorg significhi "Depressione Invernale" già risolleva le sue quotazioni ai miei occhi.
Pochi di voi credo abbiano letto i libri di Margit Sandemo, autrice da dove nasce il nome Vintersorg come personaggio figlio di un capo pagano, ma io comprai a Londra "Mortal Sin" della saga "The Legend Of The Ice People" solo perché mi sentivo figo a leggere in inglese nel tragitto della metropolitana.
Da quelle righe che ho ripescato nella mia libreria Ikea di casa (oggi tutto mi porta alla Svezia) mi sono reso conto che io e Andreas non potremmo andare d'accordo. Troppo contadino, troppo forte la sua ossessione di ribadire le radici e i miti pagani, a livello testuale preferisco le sue opere più recenti che parlano di astronomia, ma questo album resta la chicca della sua discografia.
"Ödemarkens Son" esce nel 1999 e pochi dischi riuscirono a centrare l'obiettivo con tale precisione programmatica, dal punto di vista musicale infatti questo è il suo album più riuscito, non chiedetemi di citare i titoli in svedese ma il leitmotiv è: cavalcate metalliche con strofe decantate dalla possente voce di Andreas e intervalli acustici in pieno stile viking.
Le prime due canzoni e la titletrack sono i migliori momenti dell'album, sia per intensità sia anche per quelle sonorità folk orecchiabili che saranno il vero respiro di classe del disco.
A tal proposito si è soliti considerare il viking metal come una corrente del Black (la B maiuscola è voluta, come la v minuscola del viking) perché lo screaming compare raramente e si rallentano i ritmi, ma anche i testi passano generalmente dal satanismo alla pura mitologia scandinava. Meglio però aggiungere a questa definizione anche un contributo dato dall'irrobustimento elettrico del folk, tanto che Vintersorg qui mette entrambe le componenti in parti uguali e traccia un passo in avanti nel genere.
Inutile sottolineare che sono passati quasi dieci anni da "Hammerheart" di Bathory che è il vero simbolo del viking, però in questo disco si trasmette una nuova linfa alle intuizioni del compianto Quorthon e, seppur ripetitive, le canzoni sono genuine e orecchiabili proprio come un canto alpino, o meglio, un inno in una scampagnata nei boschi tra vichinghi.
La sensazione che resta è l'odore di rugiada proveniente dall'erba bagnata, ma il dubbio di aver pestato una merda permane, però sarebbe comunque parte di Madre Natura.
Voto: 7.5
PS - ho deciso di scrivere questa recensione perché ho scoperto oggi a maggio 2015 che, a seguito di un incidente, il buon Vintersorg sta diventando sordo dal suo orecchio sinistro. Curioso e triste destino per uno come lui abituato a vivere di musica e soprattutto ad ascoltare i suoni della natura, ma le nostre parole sincere vogliono essere un modo per dimostrare il nostro affetto.