4 gen 2016

INTERVISTE IMPOSSIBILI: JESSE PINTADO




Il 27 agosto del 2006 ci ha lasciati un grande del grindcore, Jesse Pintado, prima fondatore dei Terrorizer e poi in forza nelle fila dei Napalm Death. Come molti, nel metal, se ne va senza clamori, per problemi di salute, magari dovuti a qualche “vizietto” di troppo concessosi in vita. Insufficienza epatica e coma diabetico è stato il verdetto medico.

Forse non ci darà risposte illuminanti come è successo con Cliff Burton, ma Pintado è una presenza simpatica nel metal che ricordiamo tutti con grande affetto. E poterci scambiare ancora una volta due parole è stato per noi un grande onore.  

MM: Ciao Jesse, ti vedo dimagrito, ti tengono a stecchetto?
JP: Guarda, non ci scherzare: questo Paradiso (così lo chiamano) è una vera seccatura, mi stanno sfibrando con tutte queste diete…la parola “fritto” non si può nemmeno più pronunciare, manco fosse una bestemmia, Dio…
MM: Ehm, dai, mettila così, è l’occasione di rimetterti in sesto, dopo i problemi di salute…
JP: Mettiamola così…
MM: Allora, cosa ci racconti?
JP: E che vi devo raccontare? Che mi rompo le palle dalla mattina alla sera? Non si può fare nulla qua: bere, fumare, ascoltare musica…Dovevo dare retta a Sandoval e darmi al death metal, anziché al grind, così finivo all’Inferno (ride)…
MM: Vuoi dirmi che è grazie al grind che ti sei meritato il Paradiso?
JP: Purtroppo sì…“la musica era cattiva, ma il messaggio buono”, mi hanno detto il primo giorno. E poi dev’essere stata anche colpa dell’educazione cattolica che mi hanno dato i miei genitori: sono pur sempre battezzato e considera che il mio primo nome è Jesus (Jesus Ernesto Pintado Andrade è la versione completa, brrrrrr). E così, dopo qualche periodo passato in Purgatorio a scalare quella dannata montagna, mi hanno “promosso” quassù…colpa anche del Papa di adesso, che di recente ha accelerato le pratiche, avendo delle forti simpatie per il grindcore…
MM: Chi? Papa Francesco?
JP: Sì, ogni tanto passa, ha le chiavi, e si suona qualche pezzo insieme, io alla chitarra, lui alla voce. Ma solo perché c’è il Papa me lo fanno fare quei vigliacchi, sennò nisba…
MM: Maddai, non ci posso credere…
JP: E che ti devo dire? E’ attratto dalle tematiche a sfondo sociale, è a favore del terzo mondo, e tu sentissi che voce… ma niente in confronto a Ratzinger…
MM: Anche Ratzinger ascolta grind??
JP: No, a lui piace il black…
MM: Il black? Ratzinger??
JP: E di quello più nazista!
MM: Dai, mi prendi in giro..
JP: Ti giuro…Però io non l’ho mai visto, me lo hanno raccontato perché il black si suona all’Inferno…
MM: Ma guarda te…Ma torniamo a noi, parlami un po’ di te, della tua vita, per esempio mi sono sempre chiesto che ci fa un messicano a suonare grind in Inghilterra…  
JP: Guarda, me lo son chiesto anch’io un milione di volte, tutte le sante volte che mi sono ritrovato fradicio perché mi dimenticavo l’ombrello a casa! Sole, tacos, guacamole, tortillas, conservo un gran bel ricordo della mia infanzia, ma poi i miei genitori decisero di spostarsi negli States. Lì per lì non capii, ma in seguito compresi che i miei vecchi hanno sperato in una vita migliore. In effetti nel Sonora non si stava bene: c’era miseria, violenza, ma il Messico rimane nel cuore…
MM: Com’è che nacquero i Terrorizer?
JP: Los Angeles, metà degli anni ottanta, avrò avuto sedici anni, o quindici, non ricordo. S’era tutti del Sud: Pete, Oscar, io…Gli Stati Uniti saranno stati anche la terra della libertà e dell’uguaglianza, ma c’è ancora tanto razzismo, tante divisioni, quartieri, scuole, era logico che si stesse fra di noi. Voglia di studiare/lavorare “saltami addosso” e quindi si decise di tirare su sto gruppetto, chi l’avrebbe mai pensato che saremmo divenuti famosi? Vero è che in molti ci rivalutarono successivamente come band di culto, per via del mio ingresso nei Napalm e della militanza di Pete Sandoval e David Vincent nei Morbid Angel. Secondo me non eravamo malaccio per essere quattro disgraziati …e in effetti dall’altra parte dell’oceano qualcuno se ne accorse…Da lì l’aereo che mi portò nelle lande inglese e cambiò la mia vita definitivamente…
MM: Fra l’altro suonavate molto diversi dai Napalm Death…
JP: I Terrorizer si formarono quando ancora non si avevano notizie del Napalm Death. Venivamo dal punk, dall’hardcore, dal metal estremo di inizio anni ottanta, seguimmo un nostro sentiero fatto di rabbia e brutalità. Ad ogni modo i primi Napalm Death li ho sempre trovati troppo incasinati, mentre a me son sempre piaciute le cose un po’ più precise, lineari…
MM: E in effetti, il tuo ingresso, insieme ad altri aspetti (l’abbandono di Steer e Dorrian, l’arrivo di Barney alla voce), comportò un gran cambiamento nello stile della band, che con “Harmony Corruption” virò verso un sound più tecnico e per certi aspetti death-oriented…più vicino allo stile dei Terrorizer, potremmo dire…
JP: Ma sì, i primi album dei Napalm furono rivoluzionari, ma poi dopo un po’ basta!, non potevano andare avanti così: canzoni di un minuto, sparate senza senso... I Napalm erano tutti ragazzi svegli, esaurita la novità si ruppero giustamente i coglioni: certi se ne andarono, altri rimasero però dovettero cambiare. Shane si fece un gran bel culo per tenere tutto sotto controllo e traghettare il cambiamento. Devi ringraziare quell’irresistibile ciccione se oggi puoi ancora ascoltare nuovi lavori dei Napalm Death.
MM: Com’era la situazione al tuo ingresso nella band?
JP: Un gran bordello: Dorrian e Steer se n’erano già andati, mancavano voce e chitarra, così fummo chiamati io, Barney che veniva dai Benediction, Mitch Harris all’altra chitarra, che suonava con Mick (l’altro Harris, che casino!) nei Defecation. E così, fra una “benedizione” ed una “defecazione” (ahahahahaha), sbarcammo il lunario. “Harmony Corruption” fu però un lavoro interlocutorio: Mick scalpitava, sembrava una puttana in calore, voleva suonare jazz (ma ti levi di culo te e il jazz!), poi gli venne la fissa dell’industrial, ed allora “va con dios” gli si disse e si prese Danny Herrera, che era un bravo ragazzo, pochi cazzi per la testa e per giunta un ottimo batterista. Sì, ritengo che i Napalm Death, come band, come famiglia intendo, siano stati quelli da “Utopia Banished” in poi! Tanta voglia di lavorare sodo, poche seghe, tour a nastro, suonavamo il nostro repertorio, poi a letto ubriachi fradici, cinque ore di sonno, colazione a base di fritto misto e birra con Embury e via... ci credo poi che uno muore…
MM:  E per via di quel tipo di vita che decidesti di riformare i Terrorizer…
JP: Più che altro era il clima inglese che m’iniziava a logorare l’esistenza. Vivevo con il raffreddore, Dio Cristo, mi sembrava che l’intera industria dei fazzoletti si reggesse sulle mie spalle, e così un giorno mi dissi “ma chissà che combinano gli altri frustoni dei Terrorizer!”. E quando sentii Sandoval e mi disse che ci stava a ripartire con il vecchio marchio, non me lo feci ripetere…sole, spiagge, West Coast, chupitos, belle figliole arrivoooooooooo!!!!!!!!!!!!!!
MM: Che cosa ha significato risuonare nei Terrorizer dopo così tanti anni?
JP: Energia nuova, voglia di fare, più libertà, non stare a contendersi l’ultima crocchetta di pollo con Embury (ride)
MM: Cos’era cambiato rispetto agli inizi?
JP: Tutto era cambiato: il mondo, noi, io con il mio bagaglio di esperienza, Pete con il suo, eravamo dei professionisti smaliziati…
MM: Come l’hai visto Sandoval?
JP: “Piede”? Non è stato mai uomo di molte parole, ma lo trovai pieno di entusiasmo. Del resto i Morbid Angel in quel periodo erano in secca e poi considera che sorpassati i quaranta per un batterista non è facile suonare certi generi. Si lamentava per la schiena, si lamentava di Azagthoth che si faceva le seghe su internet, si lamentava di Vincent, che non faceva altro che bestemmiare e ruttare e parlare di fica…passino i rutti, le storielle sconce, ma i moccoli a Pete hanno sempre dato noia, anche lui ha ricevuto un’educazione cattolica. Ritrovò dunque con gioia la vecchia “calienza” latina. Scrivemmo “Dark Days Ahead” al bar, un’idea, un sorso di tequila, un’idea, un sorso di tequila e via…
MM: L’album suonò più lento e cupo del suo predecessore…
JP: Erano passati diciassette anni, uno invecchia e si incupisce. Pete non ce la faceva più a sostenere alte velocità, figurati che decise di suonare con un pedale solo, in onore al vecchio “tupa-tupa” dei grandi tempi andati…
MM: E Oscar Garcia, invece, che fino ha fatto?
JP: Seeee, lascialo stare quello, avrà come minimo diciotto figlioli, farà il postino, il magazziniere, l’impiegato in Comune, qualcosa del genere. Quando gli ho telefonato sembrava di chiamare l’asilo municipale: era una baraonda di infanti, non si capiva un cazzo, ma poi la cosa divertente è che ad un certo punto intervenne la moglie che gli gridò di togliere la merda dal pannolino, che finaccia…
MM: E tu invece hai mai pensato di metter su famiglia?
JP: Ce l’avevo una mezza promessa sposa: sai quei discorsi fra famiglie “come starebbero bene Ernesto con Clarita” e cose così? Peccato che Clarita era un cesso maledetto, alta così, larga così, una vera merda, di quelle che già a quattordici anni fanno schifo, figurati a trenta con quattro mocciosi a seguito e il puzzo di cipolla intorno. Certo, non posso definire Embury una bella fica, ma almeno non si formalizzava se si scoreggiava in sua presenza (ride).
MM: Quindi hai scelto il metal come stile di vita…
JP: Esatto! Quando cresci nei luridi sobborghi di Los Angeles le alternative son poche: o pulisci i cessi, o ti spacchi il culo in qualche cantiere, o fai il tirapiedi per qualche boss della zona e capaci finisci ammazzato…No no, non faceva per me, meglio la musica, dammi retta!
MM: Ritengo che il tuo stile sia stato estremamente personale e che abbia fatto scuola…
JP: Ti ringrazio per l’apprezzamento, il mio stile nasce dall’istinto, i miei ascolti andavano dal punk all’heavy metal, dai Discharge, Black Flag ai Motorhead, Venom, Slayer… Sì, forse Hanneman, King sono quelli che più mi hanno influenzato, ma guarda, non siamo gente uscita dal conservatorio, si andava a orecchio, si suonava quello che si ascoltava. Non mi è mai interessato specializzarmi, ho sempre visto la musica come un modo per sfogarmi, per esprimere la mia incazzatura…
MM: Cos’è che fa incazzare Pintado?
JP: Tante cose, le ingiustizie, le ineguaglianze, l’ipocrisia, i ricchi di merda, gli snob del cazzo, i figli di papà. Faccio parte di quelli che si sono fatti il culo per emergere: non mi hanno regalato nulla, i traguardi che ho raggiunto li ho guadagnati grazie al duro lavoro…
MM: Ti pare che dai tempi dei primi Terrorizer ad oggi le cose in generale siano migliorate?
JP: Macché, è tutto andato a rotoli, oggi la situazione è ben peggiore di una volta: non c’è più uno straccio di solidarietà, di coscienza collettiva, di azione coordinata, ognuno si fa i cazzi suoi! Puoi schiattare al bordo della strada e stai certo che la gente tira a dritto, gli occhi sul telefonino, perché ha fretta, deve andare a lavorare…Siamo tutti schiavi non si capisce di cosa. E’ tutto impazzito: un cinese scoreggia dalla parte opposta del mondo e ti ritrovi con il culo per terra; la tua azienda fallisce perché le borse se la sono fottuta e poi per cosa? Chi ci guadagna? Qualcuno ci guadagnerà di sicuro, ma sinceramente non si capisce come. I soldi si bruciano a milioni e ti ritrovi nella merda, ecco quello che capisco. A volte son quasi sollevato dal fatto di essere morto, almeno qua la scodella me la passano…
MM: Il grind ha espresso il massimo di violenza e brutalità nel metal e non solo. Ritieni che nel tempo vi siano state forme più estreme del grind?
JP: No, ritengo che il grind, il vecchio grind, sia il più forte di tutti. Venne il black, mi ricordo, ma sinceramente non mi interessò più di tanto, non si capiva nulla di quello che suonavano. Vabbè il punk, i suoni di merda, ma c’erano dei dischi di black che non si capiva niente, con quelle chitarre fruscianti, la batteria inesistente. No, francamente il black non faceva per me e poi mica me li regalavano i dischi! Non aveva inoltre un intento costruttivo come il grind politicizzato dei nostri tempi, dove si veniva dalla migliore tradizione hardcore: noi sì che le cantavamo grosse al sistema! Nel black se ne fottevano, celebravano le montagne, parlavano di foreste, ma che cazzo di temi sono? Il terzo mondo è affamato, il mondo è sconvolto dalle guerre e ti metti a parlare della neve? Non l’ho mai capito il black!
MM: Bene Jesse, ti lascio il consueto spazio per salutare i nostro lettori!
JP: Hasta luego, amigos, non fatevi mettere i piedi in testa, c’è sempre qualcuno in questo mondo che vi vuole fottere e allora tirate fuori le palle e andate per la vostra strada!