Il 27 agosto del 2006
ci ha lasciati un grande del grindcore, Jesse Pintado, prima fondatore
dei Terrorizer e poi in forza nelle fila dei Napalm Death. Come
molti, nel metal, se ne va senza clamori, per problemi di salute, magari dovuti
a qualche “vizietto” di troppo concessosi in vita. Insufficienza epatica e coma
diabetico è stato il verdetto medico.
Forse non ci darà risposte
illuminanti come è successo con Cliff Burton, ma Pintado è una presenza
simpatica nel metal che ricordiamo tutti con grande affetto. E poterci scambiare
ancora una volta due parole è stato per noi un grande onore.
MM: Ciao Jesse, ti vedo
dimagrito, ti tengono a stecchetto?
JP: Guarda, non ci scherzare:
questo Paradiso (così lo chiamano) è una vera seccatura, mi stanno sfibrando con
tutte queste diete…la parola “fritto” non si può nemmeno più pronunciare, manco
fosse una bestemmia, Dio…
MM: Ehm, dai, mettila così, è
l’occasione di rimetterti in sesto, dopo i problemi di salute…
JP: Mettiamola così…
MM: Allora, cosa ci racconti?
JP: E che vi devo raccontare?
Che mi rompo le palle dalla mattina alla sera? Non si può fare nulla qua: bere,
fumare, ascoltare musica…Dovevo dare retta a Sandoval e darmi al death metal,
anziché al grind, così finivo all’Inferno (ride)…
MM: Vuoi dirmi che è grazie
al grind che ti sei meritato il Paradiso?
JP: Purtroppo sì…“la musica
era cattiva, ma il messaggio buono”, mi hanno detto il primo giorno. E poi
dev’essere stata anche colpa dell’educazione cattolica che mi hanno dato i miei
genitori: sono pur sempre battezzato e considera che il mio primo nome è Jesus
(Jesus Ernesto Pintado Andrade è la versione completa, brrrrrr). E così, dopo
qualche periodo passato in Purgatorio a scalare quella dannata montagna, mi
hanno “promosso” quassù…colpa anche del Papa di adesso, che di recente ha
accelerato le pratiche, avendo delle forti simpatie per il grindcore…
MM: Chi? Papa Francesco?
JP: Sì, ogni tanto passa, ha
le chiavi, e si suona qualche pezzo insieme, io alla chitarra, lui alla voce. Ma
solo perché c’è il Papa me lo fanno fare quei vigliacchi, sennò nisba…
MM: Maddai, non ci posso
credere…
JP: E che ti devo dire? E’
attratto dalle tematiche a sfondo sociale, è a favore del terzo mondo, e tu
sentissi che voce… ma niente in confronto a Ratzinger…
MM: Anche Ratzinger ascolta
grind??
JP: No, a lui piace il black…
MM: Il black? Ratzinger??
JP: E di quello più nazista!
MM: Dai, mi prendi in giro..
JP: Ti giuro…Però io non l’ho
mai visto, me lo hanno raccontato perché il black si suona all’Inferno…
MM: Ma guarda te…Ma torniamo
a noi, parlami un po’ di te, della tua vita, per esempio mi sono sempre chiesto
che ci fa un messicano a suonare grind in Inghilterra…
JP: Guarda, me lo son chiesto
anch’io un milione di volte, tutte le sante volte che mi sono ritrovato fradicio
perché mi dimenticavo l’ombrello a casa! Sole, tacos, guacamole, tortillas, conservo
un gran bel ricordo della mia infanzia, ma poi i miei genitori decisero di
spostarsi negli States. Lì per lì non capii, ma in seguito compresi che i miei
vecchi hanno sperato in una vita migliore. In effetti nel Sonora non si stava
bene: c’era miseria, violenza, ma il Messico rimane nel cuore…
MM: Com’è che nacquero i
Terrorizer?
JP: Los Angeles, metà degli
anni ottanta, avrò avuto sedici anni, o quindici, non ricordo. S’era tutti del
Sud: Pete, Oscar, io…Gli Stati Uniti saranno stati anche la terra della libertà
e dell’uguaglianza, ma c’è ancora tanto razzismo, tante divisioni, quartieri,
scuole, era logico che si stesse fra di noi. Voglia di studiare/lavorare “saltami
addosso” e quindi si decise di tirare su sto gruppetto, chi l’avrebbe mai
pensato che saremmo divenuti famosi? Vero è che in molti ci rivalutarono successivamente
come band di culto, per via del mio ingresso nei Napalm e della militanza di
Pete Sandoval e David Vincent nei Morbid Angel. Secondo me non eravamo malaccio
per essere quattro disgraziati …e in effetti dall’altra parte dell’oceano qualcuno
se ne accorse…Da lì l’aereo che mi portò nelle lande inglese e cambiò la mia
vita definitivamente…
MM: Fra l’altro suonavate
molto diversi dai Napalm Death…
JP: I Terrorizer si formarono
quando ancora non si avevano notizie del Napalm Death. Venivamo dal punk,
dall’hardcore, dal metal estremo di inizio anni ottanta, seguimmo un nostro
sentiero fatto di rabbia e brutalità. Ad ogni modo i primi Napalm Death li ho
sempre trovati troppo incasinati, mentre a me son sempre piaciute le cose un
po’ più precise, lineari…
MM: E in effetti, il tuo
ingresso, insieme ad altri aspetti (l’abbandono di Steer e Dorrian, l’arrivo di
Barney alla voce), comportò un gran cambiamento nello stile della band, che con
“Harmony Corruption” virò verso un sound più tecnico e per certi aspetti
death-oriented…più vicino allo stile dei Terrorizer, potremmo dire…
JP: Ma sì, i primi album dei
Napalm furono rivoluzionari, ma poi dopo un po’ basta!, non potevano andare
avanti così: canzoni di un minuto, sparate senza senso... I Napalm erano tutti
ragazzi svegli, esaurita la novità si ruppero giustamente i coglioni: certi se ne
andarono, altri rimasero però dovettero cambiare. Shane si fece un gran bel culo
per tenere tutto sotto controllo e traghettare il cambiamento. Devi ringraziare
quell’irresistibile ciccione se oggi puoi ancora ascoltare nuovi lavori dei
Napalm Death.
MM: Com’era la situazione al
tuo ingresso nella band?
JP: Un gran bordello: Dorrian
e Steer se n’erano già andati, mancavano voce e chitarra, così fummo chiamati
io, Barney che veniva dai Benediction, Mitch Harris all’altra chitarra, che suonava
con Mick (l’altro Harris, che casino!) nei Defecation. E così, fra una
“benedizione” ed una “defecazione” (ahahahahaha), sbarcammo il lunario. “Harmony
Corruption” fu però un lavoro interlocutorio: Mick scalpitava, sembrava una
puttana in calore, voleva suonare jazz (ma ti levi di culo te e il jazz!), poi
gli venne la fissa dell’industrial, ed allora “va con dios” gli si disse e si
prese Danny Herrera, che era un bravo ragazzo, pochi cazzi per la testa e per
giunta un ottimo batterista. Sì, ritengo che i Napalm Death, come band, come
famiglia intendo, siano stati quelli da “Utopia Banished” in poi! Tanta voglia
di lavorare sodo, poche seghe, tour a nastro, suonavamo il nostro repertorio,
poi a letto ubriachi fradici, cinque ore di sonno, colazione a base di fritto
misto e birra con Embury e via... ci credo poi che uno muore…
MM: E per via di quel tipo di vita che decidesti
di riformare i Terrorizer…
JP: Più che altro era il
clima inglese che m’iniziava a logorare l’esistenza. Vivevo con il raffreddore,
Dio Cristo, mi sembrava che l’intera industria dei fazzoletti si reggesse sulle
mie spalle, e così un giorno mi dissi “ma chissà che combinano gli altri
frustoni dei Terrorizer!”. E quando sentii Sandoval e mi disse che ci stava a
ripartire con il vecchio marchio, non me lo feci ripetere…sole, spiagge, West
Coast, chupitos, belle figliole arrivoooooooooo!!!!!!!!!!!!!!
MM: Che cosa ha significato
risuonare nei Terrorizer dopo così tanti anni?
JP: Energia nuova, voglia di
fare, più libertà, non stare a contendersi l’ultima crocchetta di pollo con
Embury (ride)
MM: Cos’era cambiato rispetto
agli inizi?
JP: Tutto era cambiato: il mondo,
noi, io con il mio bagaglio di esperienza, Pete con il suo, eravamo dei
professionisti smaliziati…
MM: Come l’hai visto
Sandoval?
JP: “Piede”? Non è stato mai
uomo di molte parole, ma lo trovai pieno di entusiasmo. Del resto i Morbid
Angel in quel periodo erano in secca e poi considera che sorpassati i quaranta
per un batterista non è facile suonare certi generi. Si lamentava per la
schiena, si lamentava di Azagthoth che si faceva le seghe su internet, si
lamentava di Vincent, che non faceva altro che bestemmiare e ruttare e parlare
di fica…passino i rutti, le storielle sconce, ma i moccoli a Pete hanno sempre
dato noia, anche lui ha ricevuto un’educazione cattolica. Ritrovò dunque con
gioia la vecchia “calienza” latina. Scrivemmo “Dark Days Ahead” al bar,
un’idea, un sorso di tequila, un’idea, un sorso di tequila e via…
MM: L’album suonò più lento e
cupo del suo predecessore…
JP: Erano passati diciassette
anni, uno invecchia e si incupisce. Pete non ce la faceva più a sostenere alte
velocità, figurati che decise di suonare con un pedale solo, in onore al
vecchio “tupa-tupa” dei grandi tempi andati…
MM: E Oscar Garcia, invece,
che fino ha fatto?
JP: Seeee, lascialo stare
quello, avrà come minimo diciotto figlioli, farà il postino, il magazziniere,
l’impiegato in Comune, qualcosa del genere. Quando gli ho telefonato sembrava
di chiamare l’asilo municipale: era una baraonda di infanti, non si capiva un
cazzo, ma poi la cosa divertente è che ad un certo punto intervenne la moglie che
gli gridò di togliere la merda dal pannolino, che finaccia…
MM: E tu invece hai mai
pensato di metter su famiglia?
JP: Ce l’avevo una mezza
promessa sposa: sai quei discorsi fra famiglie “come starebbero bene Ernesto
con Clarita” e cose così? Peccato che Clarita era un cesso maledetto, alta
così, larga così, una vera merda, di quelle che già a quattordici anni fanno
schifo, figurati a trenta con quattro mocciosi a seguito e il puzzo di cipolla
intorno. Certo, non posso definire Embury una bella fica, ma almeno non si formalizzava
se si scoreggiava in sua presenza (ride).
MM: Quindi hai scelto il
metal come stile di vita…
JP: Esatto! Quando cresci nei
luridi sobborghi di Los Angeles le alternative son poche: o pulisci i cessi, o
ti spacchi il culo in qualche cantiere, o fai il tirapiedi per qualche boss
della zona e capaci finisci ammazzato…No no, non faceva per me, meglio la
musica, dammi retta!
MM: Ritengo che il tuo stile
sia stato estremamente personale e che abbia fatto scuola…
JP: Ti ringrazio per
l’apprezzamento, il mio stile nasce dall’istinto, i miei ascolti andavano dal
punk all’heavy metal, dai Discharge, Black Flag ai Motorhead, Venom, Slayer…
Sì, forse Hanneman, King sono quelli che più mi hanno influenzato, ma guarda,
non siamo gente uscita dal conservatorio, si andava a orecchio, si suonava quello
che si ascoltava. Non mi è mai interessato specializzarmi, ho sempre visto la
musica come un modo per sfogarmi, per esprimere la mia incazzatura…
MM: Cos’è che fa incazzare
Pintado?
JP: Tante cose, le
ingiustizie, le ineguaglianze, l’ipocrisia, i ricchi di merda, gli snob del
cazzo, i figli di papà. Faccio parte di quelli che si sono fatti il culo per
emergere: non mi hanno regalato nulla, i traguardi che ho raggiunto li ho guadagnati
grazie al duro lavoro…
MM: Ti pare che dai tempi dei
primi Terrorizer ad oggi le cose in generale siano migliorate?
JP: Macché, è tutto andato a
rotoli, oggi la situazione è ben peggiore di una volta: non c’è più uno
straccio di solidarietà, di coscienza collettiva, di azione coordinata, ognuno
si fa i cazzi suoi! Puoi schiattare al bordo della strada e stai certo che la
gente tira a dritto, gli occhi sul telefonino, perché ha fretta, deve andare a
lavorare…Siamo tutti schiavi non si capisce di cosa. E’ tutto impazzito: un
cinese scoreggia dalla parte opposta del mondo e ti ritrovi con il culo per
terra; la tua azienda fallisce perché le borse se la sono fottuta e poi per
cosa? Chi ci guadagna? Qualcuno ci guadagnerà di sicuro, ma sinceramente non si
capisce come. I soldi si bruciano a milioni e ti ritrovi nella merda, ecco
quello che capisco. A volte son quasi sollevato dal fatto di essere morto,
almeno qua la scodella me la passano…
MM: Il grind ha espresso il
massimo di violenza e brutalità nel metal e non solo. Ritieni che nel tempo vi
siano state forme più estreme del grind?
JP: No, ritengo che il grind,
il vecchio grind, sia il più forte di tutti. Venne il black, mi ricordo, ma
sinceramente non mi interessò più di tanto, non si capiva nulla di quello che
suonavano. Vabbè il punk, i suoni di merda, ma c’erano dei dischi di black che
non si capiva niente, con quelle chitarre fruscianti, la batteria inesistente.
No, francamente il black non faceva per me e poi mica me li regalavano i
dischi! Non aveva inoltre un intento costruttivo come il grind politicizzato
dei nostri tempi, dove si veniva dalla migliore tradizione hardcore: noi sì che
le cantavamo grosse al sistema! Nel black se ne fottevano, celebravano le montagne,
parlavano di foreste, ma che cazzo di temi sono? Il terzo mondo è affamato, il
mondo è sconvolto dalle guerre e ti metti a parlare della neve? Non l’ho mai
capito il black!
MM: Bene Jesse, ti lascio il
consueto spazio per salutare i nostro lettori!
JP: Hasta luego, amigos, non
fatevi mettere i piedi in testa, c’è sempre qualcuno in questo mondo che vi
vuole fottere e allora tirate fuori le palle e andate per la vostra strada!