5 apr 2016

INCURSIONI NEL METAL: ZETAZEROALFA


Non si tratta di un gruppo che nasce nel metal o per il metal, ma utilizza vari generi come soluzioni espressive. Al centro c'è un messaggio esistenziale e politico che è illustrato da una vera e propria teoria di slogan stampati su magliette a tiratura limitata, molte delle quali ormai introvabili.

Come riportato nella confezione della maglietta, indossare Zetazeroalfa è una responsabilità...

Il nome suggerisce un rito di morte e rinascita. La zeta: la morte apparente, magari lo scrollarsi di dosso le scorie di un mondo che ha disgustato; lo zero è il punto di svolta, l'alfa la rinascita. Il significato del nome è illustrato in una canzone-manifesto: “Nero-Bianco-Rosso”, colori ideologici, ma anche, in un gioco di analogie, simboli di queste tre fasi che vanno a scandire un percorso di reazione all'esistente.

Musicalmente le analogie che vengono in mente sono quelle con il metal più classico, di matrice ottantiana, nel quale si trovano elementi punk e rock, elementi inquadrati marzialmente, oltre la tipica dose di aggressività e corposità chitarristica. I Motorhead e i Running Wild (anche per il timbro vocale) potrebbero essere termini di paragone. Intercalati a questa struttura prevalente ci sono poi brani di più ampio respiro, dai toni epic-power e dalle articolazioni spigolose, che riportano alla mente i gruppi iper-classici del metal come i Cirith Ungol. In più si trovano elementi o brani interi in stile hardcore, industrial, ska e rac.

Mi diceva un conoscente che gli adesivi degli Zetazeroalfa, in certe zone di Roma, si trovavano su ogni semaforo a marcare il territorio. Ed è così, per esempio, che io li ho scoperti: con un adesivo su un semaforo della linea del tram che da Porta Maggiore conduce a Stazione Termini.

I primi album, “Kriptonite” e “La Dittatura del Sorriso”, combinano un immaginario “non immaginario” radicato nella storia contemporanea ed uno fantastico-fumettistico. Un riferimento cinematografico può essere “Essi vivono” di John Carpenter, a cui si ispira la maglietta “Resta Sveglio”, contro il sonno politico che genere i mostri della globalizzazione. Nel film gli alieni (metafora di cordate di potere più o meno occulte) trovano il modo di sostituire gli umani con cloni esteriori, riconoscibili solo con lenti speciali. Questi alieni disseminano messaggi subliminali che incitano al conformismo e all'obbedienza, al fine di produrre schiavi automatici e affezionati alle proprie catene. Uno scenario non molto alieno, a pensarci bene...

L'album inizia con "La Nostra Marcia", adattamento in italiano di una poesia di Majakovskij che celebra lo spirito rivoluzionario, decisamente uno dei pezzi più metallici:

Battete in piazza il calpestio delle rivolte
In alto catena di teste superbe
Con la piena di un nuovo diluvio
Laveremo le città dei mondi...”

La personificazione di sapore politeistico degli eventi corali come la rivolta è resa dal parallelismo tra i rumori e i movimenti di massa e quelli organici: “Cuore batti la battaglia, il nostro petto è rame di frastuono”. E ancora: “Il nostro dio è la corsa, il cuore è il nostro tamburo...”.

Invece di ridursi ad androidi dal teschio di ferro sotto una pelle fasulla, come gli alieni di "Essi Vivono", l'uomo sano risorge come un falso zombie con una pelle vera e una falsa maschera da teschio: un po' per spaventare gli sciocchi, un po' per goliardia e un po' per rendere il giusto tributo alla morte. E arriviamo con questa immagine alla copertina di “Fronte dell'Essere”. Estetica di morte e di vita sono l'anima bifronte di questo mondo di opposizione e iniziativa che procede sul piano della militanza politica nella rete delle “occupazioni non conformi”, ovvero i centri sociali di destra, sostanzialmente in ambito romano, per poi far proseliti in altre aree.

Il terzo album coincide con l'esplosione del movimento Casapound, guidato dal cantante Gianluca Iannone e rappresenta una sorta di manifesto delle varie anime e dei vari fronti del movimento. “Cinghiamattanza” apre goliardicamente le danze con toni hardcore: trattasi di un pogo a suon di cinghiate al canto di “Questo cuoio nell'aria sta ufficializzando la danza, solo la casta guerriera pratica cinghiamattanza”. Un rituale che richiama, per tornare ai paralleli cinematografici, alla filosofia del Fight Club, in cui il recupero della fisicità, la nuova carne che rifonda l'identità, inizia dai marciapiedi e dai bassifondi, dalla fragilità e dal coraggio che si riscoprono a vicenda nell'allenamento alla zuffa.

Esiste tra l'altro di questo pezzo una versione precedente a quella incisa nel disco, che si chiude con un passaggio estremamente simile a quello dei Manowar di “Gloves of Metal”. Loro dicevano: "Leather, metal, spikes and chains", mentre gli Zetazerozlfa inneggiano con marzialità a stoffa, cuoio, vetro, ferro...

La serietà è lasciata in chiusura a “Senza Speranza”, richiamo al principio della disperazione, motore affettivo che in sé riassume la rabbia e la passione, l'esasperazione e l'anelito: ciò che non permette di star fermi a guardare. “Siamo un unico uomo, siamo un unico cuore, molto più grande del vostro”. Una fusione tra l'individuo e il collettivo, espresso anche dal motto “parte uno, partono tutti” e che ricorda, per efficacia suggestiva, la frase pronunciata dall'orco Giulio Collalto: “Vorrei che voi tutti aveste un solo grande collo, e io potessi metterci le mani intorno”.

Intanto la storia degli Zetazeroalfa continua a essere scandita dalle magliette in cui entrano i pezzi della loro esistenza. In occasione di una loro esibizione furono bollati da un giornalista in vena di aggettivi come “Violenti, insensati e macabri”, frase che fu goliardicamente riciclata come slogan per una maglietta. Idem per quanto riguarda un "incidente diplomatico" con la conduttrice di "Chi l'ha visto" per un servizio riguardante degli scontri di piazza tra opposte fazioni: “Rose rosse dalle camicie nere” divenne anch'esso uno slogan.

La vena power-epic emerge nell'ultimo lavoro “Disperato Amore”, con alcuni brani decisamente collocabili nel metal, come “Fino all'ultimo”, dedicata in generale agli strenui difensori della bandiera e soprattutto “Arremba sempre”, allegoria marinara della vita con le sue sfide, la sua filosofia e i suoi pericoli, esterni e interni.

L'attaccamento alla vita è una zavorra che toglie il gusto dell'arrembaggio. La filo-psichia, come la indicavano i greci (e cioè "il tenerci alla pelle") era considerata, se non un vizio, un disvalore. Vivere significa andare per mare: dimensione mentale in cui la disperazione (durante la tempesta) può essere la porta per una nuova terra e l'amore deve necessariamente abbracciare anche le onde in tempesta. Sulle orme di chi ha già incarnato l'idea del disperato amore per una vita che finirà e non l'infatuazione disumanizzante per un'eternità non testimoniabile né tramandabile, o per vicoli ciechi materiali.

E non sono le sirene, negli abissi del tuo io, son le voci dei caduti che ci indicano la via...

E qual è la via che indicano i caduti? Una via che si disegna passo dopo passo, ma ispirata da un principio mistico: quello del meta-dubbio. “New Pan Med” si chiude con un motto tra i più ermetici: “Contro il dubbio, clona il dubbio”. Che cosa significa clonare il dubbio? Io l'ho interpretato a modo mio (anche se non giurerei che sia l'unico modo di intendere questa frase). Il mondo è governato da un razionalismo degenerato in scetticismo: ad essere distrutto non è soltanto la realtà del mito, ma il valore del mito. Il risultato è un mondo abituato a vergognarsi di essere affascinato dai modelli, dagli eroi, come se avesse bisogno di giustificazioni per rinculare nella mediocrità. Siamo pervasi dal dubbio che sia sciocco avere in sé una spinta ideale e che soprattutto sia da ottusi perseguirla fino in fondo. Che sia saggio il compromesso, la negoziazione, la moderazione, la tolleranza, l'accettazione. E se invece non fosse così? E se ci si dovesse vergognare proprio di questo dubbio morboso? Forse è proprio qui l'uscita: clonare la malattia sociale che succhia via il midollo spirituale dagli individui, dubitare del dubbio, per riappropriarsi della libertà di potersi lanciare all'attacco.


A cura del Dottore.