24 mar 2019

I MIGLIORI EP DEL METAL - "IN THE SIGN OF EVIL" (SODOM)



Nel 1984 i Venom avevano già esaurito la propria carica eversiva e la varietà compositiva. Alcune intuizioni, come la combinazione dell’accelerazione (speed) con la brutalità della percussione (thrash) saranno trasfigurate nel thrash metal, richiedendo però una minima compostezza esecutiva. 

C’è gente nel mondo che non riesce a essere sprecisa, almeno in pubblico, e questi sono i tedeschi. Neanche i nordici, che sono più accostabili all’asetticità. I teutonici, proverbialmente, sono associati alla precisione, fino alla pedanteria.
Mentre quindi il trio inglese provava a evolvere tecnicamente con risultati tristi, e affondava nelle proprie stesse sabbie mobili alla prova del quarto disco ("Possessed"), fiorivano clonazioni teutoniche dei Venom. Certo, l’effetto era comunque di un’aggressione all’arma bianca, che andava in una direzione opposta a quella del tecnicismo chitarristico, ma l’opera era ardua: trasformare un esercito di barbari alla Attila nella Wermacht. 

"In the Sign of Evil" dei Sodom fu una delle prime prove di questa linea. So che molto del giornalismo di allora e di ora non sarebbe d’accordo, perché dischi come questo erano presi come esempio del metal più becero e minimale. Sarà poi evidente che l’evoluzione del thrash tutto tenderà al techno-thrash. Non tutto il thrash come sonorità ritmiche evolverà in thrash-metal come lo si intenderà poi. All’epoca l’etichetta di thrash era affibbiata ai Metallica come anche ai Misfits, ai Motorhead come ai Venom. 

I Motorhead non avranno alcuna significativa evoluzione, i Misfits neanche, i Metallica e i Sodom invece sì. A partire dal prototipo Venom, i Metallica ad esempio cercarono subito di mettergli una camicia chitarristica più accattivante, varia, ricca di orpelli, a partire da "Hit the Lights", ancora venomiana nell’attacco. In Europa invece si seguì la via teutonica: trovare una versione in “bella scrittura”, calligrafica, per i Venom, inquadrarli, renderli meno istintivi e sguaiati, più precisi e contenuti nell’esecuzione.

Ascoltando e riascoltando, non ci trovo grande attinenza col black metal, specialmente tenendo conto di questa “direzione” impressa dai Sodom al modulo a-la-Venom. Leggere quindi che il proto black metal erano gruppi come i Sodom mi fa storcere la bocca, perché non solo neanche i Venom lo furono (semmai i Bathory), ma sicuramente non l’aggiustamento teutonico dato allo speed-core dei Venom, da cui se mai trasse origine il thrash, se mi perdonate il bisticcio fonetico. Quella che anche su wikipedia è indicata come la “fase black” dei Sodom è una ricostruzione successiva, in cui non si precisa che molti gruppi thrash dell’epoca, Slayer per esempio, hanno avuto la loro fase più “black” in senso lato. 

La copertina del disco è indicativa del clima dell’epoca. Mostra un personaggio fumettoso, un boia obeso che brandisce uno spadone, con al collo un tovagliolo da trattoria. Una sorta di sintesi di una figura laida e brutale con elementi medievali, il tutto sotto il nome lussurioso di Sodom e con il titolo che ammicca al “male” satanico. La cosa ricorda molto quei film di serie B poi rivalutati, che mescolavano appunto una serie di elementi pruriginosi allo scopo di attirare ingenui ma morbosi spettatori. Di solito, in quei film, la parte migliore era il manifesto. 

Nel clima dell’epoca, questa commistione non era assolutamente un fatto strano. Tutti i gruppi le sparavano grosse sulla loro malvagità e su quanto fossero addentro ad un “marciume” indefinito. Infatti la novità del black norvegese fu proprio che loro c’erano dentro veramente, anche se con esiti piuttosto tristi.

Nel caso di questi dischi all’epoca visti come “maledetti” si verificava un po’ la stessa cosa. Si trattava di dischi di nicchia, quindi poco reperibili, non ancora ristampati, di cui si vociferava nei capannelli di metallari. Si fantasticava di questi preziosi reperti che avrebbero colato marciume al solo sollevarli dallo scaffale del negozio. Si fantasticava di come fossero dei geniali concentrati di indicibili atmosfere depravate, per quanto tecnicamente primitivi. Poi li si comprava, e in meno di 20 minuti, come nel caso di questo “In the Sign of Evil”, non erano altro che dei pestoni proto-thrash. Sono molto più simili, per la comune teutonicità, ai Running Wild: compatti, grossolani ma precisi. E perfino loro ammiccavano a Satana.

Il thrash è già nato quando i Sodom proseguono poi con un disco che già si concentra sui temi della malattia mentale, e poi della guerra e della critica sociale.

EP come questo sono quindi importantissimi per comprendere i punti di svolta nell’evoluzione del metal, nascosti nelle pieghe. 

Per il resto, poteva esser preso sul serio uno dal soprannome Tom lo Sbrana-Angeli? E soprattutto, poteva essere un inno serio e realistico quello al “farsi le seghe fino alla morte”? Eh, purtroppo per alcuni sì.

A cura del Dottore