17 apr 2021

UNA STORIA DI RABBIA, LACRIME E RISPETTO: RETROSPETTIVA SUI CONVERGE

 

                                            

A Salem, nel Massachussets, nasce una trentina di anni fa uno dei fenomeni di musica estrema più notevoli che si possa registrare nel mondo contemporaneo. Hardcore punk, sludge, speedmetal e metalcore, definitelo come volete, ma tutto ebbe inizio con una storia di rabbia e lacrime.

Jacob Bannon alla voce e Kurt Ballou alla chitarra sono l'epicentro del gruppo che è diventato piano piano band di culto in quel bosco pieno di rovi che è il mondo hardcore-punk.

Il baffone di Ballou è diventato anche un interessante produttore nel suo GodCity Studio e, all'età di 47 anni, può dirsi un punto di riferimento del movimento rabbioso contemporaneo.

Il personaggio Ballou è affascinante: partito da bambino a suonare il sassofono è stato da ragazzo accettato alla prestigiosa scuola di musica Hartford, salvo prediligere gli studi di ingegneria aerospaziale e la chitarra dopo aver conosciuto le gesta degli Slayer.

Ballou attira la nostra attenzione anche per essere un paladino dello straight edge. Lo straight edge, termine che deriva da una canzone dei Minor Threat del 1981, indica uno stile di vita che si caratterizza per una dieta vegana, il rispetto degli animali, astenersi dal tradimento sessuale, non usare farmaci o bere caffeina, ma anche evitare l'uso delle droghe. È uno stile di vita sul quale ho fatto una breve ricerca, perché mi colpisce quanto la violenza dei Converge non corrisponda allo stile di vita di un'icona come Ballou.

Il simbolo di questo stile di vita è una X nera, talvolta anche come simbolo da trasmettere ai locali per non distribuire alcool agli spettatori nei concerti. Insomma un colpo di scena per l'immagine che mi ero fatto dei Converge e scusate l'ignoranza in merito ma inizialmente pensavo di aver davanti una band piena di rabbia e alcol o droghe, invece ho una band piena di rabbia e rispetto.

L'ingegner Ballou stava lavorando serenamente da sei anni nella sua azienda biomedica, fin quando annullarono alla fine degli anni 90 il suo progetto ed invece di riciclare se stesso in altre posizioni, decise di investire il tfr nei suoi studi e diventare produttore. Non finisce insomma di stupirmi, il buon Kurt!

Fino a quel momento i Converge avevano pubblicato tre dischi: "Halo in a Haystack" (1994), "Petitioning the Empty Sky" (1996) e due anni dopo "When Forever Comes Crashing". Album violenti, rabbiosi e che pescano dagli Entombed, come dai Napalm Death e dai Black Flag, ma ancora acerbi nella loro espressione sonora.

Li ho ripresi in questa settimana e, soprattutto gli ultimi due album citati, hanno un indirizzo poco preciso forse, ma delle tracce con potenzialità evidenti che infatti esploderanno con il loro assoluto capolavoro "Jane Doe" (2001).

Il controllo di Ballou del suo studio coincide anche con un miglioramento della qualità dei suoni, ma anche della consapevolezza di quello che possono fare questi ragazzi. Il disco è straripante, una pietra miliare della musica estrema e pensare che oggi compie venti anni fa impallidire per l'influenza che ha dato a moltissime band.

Passano tre anni dove la band sa di essere un nuovo punto di riferimento, passano alla Epitaph records ovvero l'etichetta di Brett Gurewitz, chitarrista dei Bad Religion e Ballou resta l'unico chitarrista cristallizzando la formazione nel quartetto devastante che ancora oggi conosciamo. Inoltre l'impiegato protagonista del video "Eagle become vultures" diventa il simbolo della furia vendicativa degli anni lavorativi contemporanei...insomma i Converge fanno il botto definitivo con l'album del settembre 2004: "You Fail Me".

È il momento adesso di concentrare la nostra retrospettiva sulle lacrime, ovvero sulla grande capacità del cantante Jacob Bannon di scrivere testi e di creare artwork. L'intero album "Jane Doe" si basa sulla fine di una relazione e i testi sono romantici, crudi, commoventi e detto che non si capisce quasi niente quando canta, l'artwork diventa una sorte di libro dove trovare rifugio e prendere ogni tanto qualche parola asciugando le lacrime. La titletrack conclusiva che supera gli undici minuti diventa l'archetipo della fine di ogni storia d'amore, a volte ho persino voglia di divorziare ancora una volta solo per riascoltare il disco.

Nel 2006 esce "No Heroes" ma i veri eroi ormai sono loro e di fronte ancora a testi declinati nella società contemporanea, il disco parte bene ma aggiunge poco alla loro carriera anche se ormai le persone si tolgono il cappello a prescindere quando vedono Ballou o Bannon.

Nel successivo "Axe to Fall" il marchio di fabbrica diventa simbolo di qualità, anche se stavolta ci sono due cose da segnalare. La prima è che c'è un avvicinamento a sonorità più tecnicamente metal, direi quasi doom in alcuni punti, come in "Cruel boom" e nella conclusiva "Wretched world", dove qualche ombra dei Deftones ci farà riflettere sul futuro del gruppo. In secondo luogo si alternano momenti di rabbia violenta a pause per respirare che finora non avevano trovato spazio nella discografia dei Converge. Il risultato è un disco superiore al precedente, ma che ci fa guardare con preoccupazione al futuro.

Passano invece tre anni e nel 2012 esce una chicca di lacrime e rabbia come "All We Love We Leave Behind". Lasciano tutte le perplessità alle spalle, regalano un compendio della loro carriera e soprattutto la title track si prende carico dei nostri cuori malvagi per darci un nuovo impulso. Se il precedente disco aveva lasciato l'amaro in bocca per alcune soluzioni, adesso il quartetto manda un telegramma al mondo estremo, e cioè che lo sludge e l'hardcore sono due facce della stessa melma. Gli schizzi arrivano ovunque, il fango di questo disco oscuro, grindcore, ma anche slabbrato arriva nelle viscere di chi era diventato freddo da "Jane Doe" ad oggi. In questi dieci anni avevamo forse perso la bussola e ci eravamo abituati alla violenza dei Converge ma adesso siamo costretti a lasciare tutto indietro, siamo costretti a pensare solo a questo album e specchiarci con le nostre rughe.

Infine nel 2017 ci regalano "The Dusk in Us" (titolo meraviglioso degno dei My Dying Bride) e album che annovera la commovente "A single tear" come traccia esistenziale, profonda e se possibile intima. È questo infatti il carattere che si ha vergogna o timore di tirare fuori ma che ha fatto per me la differenza: l'intimità dei Converge. Questo ultimo album rende palese la sensibilità del gruppo e, pur conscio di sembrare paradossale parlando di un gruppo metalcore, è la loro cifra stilistica.

Si ascolti proprio la title track per avere un'idea in musica delle mie parole, ma si ascolti in generale la loro discografia: oltre le urla, oltre la violenza, c'è rispetto, lacrime e intimità.

Come quando ti accorgi dopo una lezione che hai urlato così tanto a scuola da perdere la voce, ma poi rifletti che in fondo per farsi ascoltare basta stare in silenzio perché le stelle le guardano tutti eppure non hanno bisogno di urlare.

Asciugo la mia lacrima e vado a dormire.

Discografia dei Converge:

"Halo in Haystack" : 6

"Petitioning the Empty Sky": 6,5

"When Forever Comes Crashing" : 6,5

"Jane Doe" : 8,5

"You Fail Me" : 8

"No Heroes": 6,5

"Axe to Fall" : 7

"All We Love We Leave Behind": 8

"The Dusk in Us": 7,5