24 lug 2023

VIAGGIO NEL DEPRESSIVE BLACK METAL: ABRUPTUM



Seconda puntata: Abruptum - "Obscuritatem Advoco Amplectere Me" (1993) 

Anche agli Abruptum spetta di diritto un posto fra i precursori del depressive black metal. Questo per via dell'elevato tasso di agonia espresso attraverso la loro musica, tanto che correva leggenda che i membri si torturassero a vicenda durante le sessioni di registrazione (una voce che tuttavia non è mai stata confermata). 

Sia quel che sia, quelle grida dilanianti erano la didascalia perfetta per il caotico incubo sonoro che il duo svedese è stato in grado di allestire: un'operazione di destrutturazione che, in verità, risulta più vicina ad un esercizio di impro-noise che alle forme del black metal così come si stava configurando all'epoca (erano i primi anni novanta). Difficile considerarli i capostipiti di un genere: i Nostri piuttosto vanno visti come un tentativo di sperimentazione caduto nel vuoto e poi rivalutato a posteriori. 

Breve nota biografica. Gli Abruptum prendevano forma nel 1989 intorno alla figura di It (all'anagrafe Tony Särrkä) che conosceremo successivamente come leader degli Ophthalamia. Da segnalare il fatto che egli è stato anche il fondatore del True Satanist Horde: aspetto, questo, che gli conferiva un ruolo di spicco nella nascente scena black metal svedese. Dopo qualche cambio di formazione ed aver rilasciato tre demo ed un EP, in occasione del loro debutto discografico "Obscuritatem Advoco Amplectere Me" gli Abruptum si stabilizzavano in un duo formato da It ed Evil, meglio conosciuto come Morgan Håkansson, chitarrista dei Marduk. Ma attenzione, non facciamoci accecare dall'imponenza dei nomi appena citati: gli Abruptum non nascevano come lo scazzo/sfogo/passatempo di due affermati musicisti annoiati ed in fuga dai rispettivi impegni lavorativi. Siamo infatti ancora nel marzo del 1993, quando gli Ophthalamia non avevano rilasciato alcun album (il debutto "A Long Journey" sarebbe stato licenziato l'anno successivo, nel 1994) e i Marduk non godevano ancora della notorietà che avrebbero avuto negli anni successivi: la band era infatti poco più che esordiente, con alle spalle un solo album ("Dark Endless", del 1992). 

Ma allora, se i due musicisti non si erano ancora accreditati innanzi al mondo grazie al buon nome delle loro band madri, come è stato possibile che qualcuno potesse produrre e promuovere un tale abominio sonoro? Lo capiamo nel momento in cui si apprende che quel qualcuno è Euronymous e che "Obscuritatem Advoco Amplectere Me" usciva per la sua Deathlike Silence Productions. Il leader dei MayheM aveva come missione quella di intercettare le entità più estreme in circolazione e la Deathlike Silence, nella sua breve esistenza, ha vantato un piccolo ma significativo catalogo comprendente nomi molto diversi fra loro (oltre agli Abruptum facevano parte della scuderia Burzum, Sigh, Merciless ed Enslaved) accomunati dalla vocazione per sonorità estreme e non conformi. Da qui la fiducia accordata a questo strano duo dedito alle sperimentazioni più ardite che egli definiva "la pura essenza uditiva del male”. Del resto il black metal scandinavo era un folle laboratorio in cui si andava in direzioni diverse: se l'esperimento riusciva nascevano nuovi generi e sotto-generi (vedi Burzum), altrimenti rimaneva qualcosa di isolato, per poi essere rivalutato anni dopo. E questo è indubbiamente il caso degli Abruptum. 

Per quanto l'emergente movimento del black metal scandinavo potesse incuriosire, credo che la proposta degli Abruptum fosse troppo anche per i più audaci ascoltatori: cinquantun minuti di totale afflizione sonora senza capo né coda. Almeno questa fu la mia impressione all'epoca e ricordo ancora come, attirato dal titolo in latino, mi fossi cimentato nell'ascolto del tomo in questione presso un negozio di dischi specializzato e come mi fossi tolto le cuffie perplesso dopo qualche skippata infruttuosa. In un mondo in cui si compravano ancora i dischi e gli ascolti in streaming non esistevano ancora, le fatidiche 15000 lire non le spendevi per roba del genere: avevi poche cartucce a disposizione e dovevi giocoforza puntare su un prodotto più sostanzioso. O perlomeno su qualcosa da ascoltare più di un paio di volte. 

Quante copie i Nostri avranno venduto non lo so e non lo voglio sapere, ma so che negli anni successivi Abruptum sarebbe divenuto un nome di culto. Questo perché quel tipo di approccio al metal estremo avrebbe inaspettatamente avuto una inaspettata diffusione negli anni a seguire. Prima con lo stesso Burzum, che avrebbe consolidato una certa concezione ambient del black metal, e poi con i Sunn O))) che avrebbero sdoganato una stuzzicante forma di drone-doom metal: esercizi di oltranzismo sonoro che, quando si approssimavano alla sponda del black metal (si pensi ad un album come "Black One" e la continuativa collaborazione con Attila Csihar), finivano per rendere più conosciute, e quindi digeribili, modalità espressive non poi così distanti dalle sonorità esplorate dagli Abruptum. Senza contare i tentativi che venivano effettuati sul fronte del post-industrial da parte di chi tentava di conciliare sonorità dark-ambient e power-electronics con la ritualità del black metal (MZ.412, Trepaneringsritualen e tutta la cosiddetta corrente black-industrial). Per questo motivo la musica degli Abruptum oggi suona più interessante che trenta anni fa, in quanto la mente dell'ascoltatore ha potuto ampliarsi e prepararsi per accogliere una proposta di tal fattispecie. 

C'è poi da aggiungere che gli artefici di "Obscuritatem Advoco Amplectere Me" non sono degli stupidi e le capacità compositive poi dimostrate in Ophthalamia e Marduk non si smaterializzano completamente in questo lavoro, benché il sound qui proposto non sia in niente riconducibile alle band principali. Spettrali tastiere si intrecciano con chitarre dissonanti in soundscape orrorifici che mettono insieme miasmi black metal e frattaglie noise. La resa finale tende al caotico, rifuggendo quella vocazione intimista e meditativa che potremmo aspettarci da un'esplorazione sonora che si compone di due enormi sezioni di 25 minuti l'una. Se le tastiere sono suonate in modo dilettantesco (ma con l'efficacia di una colonna sonora da film horror), le chitarre occupano continuamente la scena, per lo più con estro espressionista, andando a sondare spigolosità black metal, ma affidandosi ancora molto alla grammatica del doom. Qua e là si registrano delle manipolazioni sonore (velocizzazione e rallentamento di nastri?) che vanno ad aggiungere connotazioni psichedeliche al tutto. Le percussioni generano tensione: a tratti terremotanti, altre volte dal passo rituale, alternano un irrequieto farfugliar di piatti a colpi disconnessi che ignorano accuratamente schemi lineari: si capisce che non sono eseguite da un batterista di professione. 

Le voci, infine, sono grida disumane più vicine al lamento che al canto: inevitabilmente esse si prestavano alle leggende urbane più inverosimili come quella secondo cui i due si sarebbero feriti a vicenda ed ingurgitato cera bollente per inasprire lo screaming. O persino quella secondo cui It si sarebbe sparato su un piede per rendere ancora più autentica la sua sofferenza. Come si diceva sopra, è questo l'elemento che ha fatto sì che il nome degli Abruptum fosse accostato al movimento depressive. Non solo per gli esiti espressivi ma anche per l'ostentazione di una attitudine auto-lesionista (riscontrabile anche a livello di immagine ed iconografia) che effettivamente sarebbe divenuta parte integrante della narrazione del DBM, fra proclami, reali stagliuzzate di bracce e gambe sulle assi del palcoscenico ed anche qualche pagliacciata per impressionare i più deboli di nervi (sorrido sempre innanzi alla trovata commerciale di Niklas Kvarforth degli Shining che, anni dopo, avrebbe sparso la voce del suo suicidio per poi riapparire nel modo più plateale durante un concerto, dopo un periodo di latitanza dalle scene). 

In altri contesti, in altri tempi, il tutto sarebbe potuto essere scambiato per un esperimento d'avanguardia i cui riferimenti nobili potevano essere i primi lavori di pionieri della musica cosmica come Ash Ra Tempel e Tangerine Dream, l'ardito free-jazz di Peter Brotzmann, la "Metal Machine Music" di Lou Reed, considerata cruciale per il moderno noise-rock. È tuttavia lecito pensare che l'intenzione del duo, all'epoca, fosse solamente quello di confezionare un prodotto estremo, più estremo di ogni altro, in linea con le ambizioni di molti musicisti del periodo. Detto questo, anche con la più grande apertura mentale l'album si può ascoltare un paio di volte e non di più. Non per come è suonato, ma per l'idea di fondo, assolutamente anti-comunicativa. Almeno questa è l'opinione di chi scrive. 

Sia quel che sia, l'originalità della proposta mischiata ad una adeguata capacità realizzativa ha fatto sì che l'esperimento non venisse risucchiato nell'oblio del tempo e che il nome degli Abruptum giungesse ai nostri giorni. La band non si sarebbe fermata al debutto ma avrebbe rilasciato un altro paio di lavori a stretto giro per poi diradare le uscite e proseguire il proprio cammino a singhiozzo, nel rispetto degli impegni dei due componenti con le loro band principali. Ma niente ha potuto arrestare definitivamente la marcia degli Abruptum, nemmeno la dipartita del fondatore It (poi deceduto nel 2017). 

Oggi il progetto grava interamente sulle spalle di Evil/Morgan Håkansson: probabilmente il buon nome della band sta più a cuore a chi ci suona che al suo pubblico. Ammesso che vi sia un pubblico...