12 giu 2024

DAI CALIGULA'S HORSE AI FESTIVAL ESTIVI_RIFLESSIONI CONFUSE DI UN METALLARO DI MEZZ'ETA'

 


Una domanda ci sorge spontanea: perché quasi nessuno si fila i The Ocean? Perché la band teutonica non riempie, con decine di migliaia di astanti, teatri, palazzetti e arene all’aperto? Perché non occupano le prime pagine delle riviste e delle webzine? Sbagliano qualcosa nella comunicazione? Non sono abbastanza cool come le band metalcore che fanno impazzire le nuove generazioni di metalheads? O perché non pubblicano singoli che piacciono al primo ascolto come fanno i Ghost?

Un anno fa così aprivamo, tra il serio e il faceto, la recensione di “Holocene” dei The Ocean. E gli stessi identici concetti ci sorgono spontanei in relazione agli australiani Caligula’s Horse, la scarsa partecipazione al concerto dei quali, lo scorso 21 maggio al "Legend" di Milano, ci ha dato, nei giorni seguenti, parecchio da pensare.

Ora, per carità, io capisco tutto: capisco che fosse un giorno infrasettimanale lavorativo. E che, fino a poche ore prima dell’apertura del locale, su Milano gravasse una ben poco rassicurante allerta rossa per elevato rischio idrogeologico. Ma questo non mi basta a spiegare la scarsa presenza di astanti all’evento. Sarò limitato, evidentemente. Perché, di questo son certo, i quattro canguri di Brisbane hanno (ma forse dovrei scrivere avrebbero?) tutte le carte in regola per sfondare e diventare una delle band leader, aggreganti, del Mare Magnum metallico del prossimo futuro.

Provo a spiegarmi: si fa un gran parlare di quanto si faccia fatica ad individuare una giovane band (per ‘giovane’ intendo che non abbia più di 15/20 anni di vita) che funga da traino, e assieme da collante, per le giovani generazioni e al contempo attiri anche quelle cresciute con i Mostri Sacri degli anni ‘80/’90.

Che caratteristiche dovrebbe/ro avere questa/e band?

Per rispondere a questa domanda, proviamo a basarci sull’esempio di coloro che questa funzione l’hanno assolta nelle decadi passate. E che, volenti o nolenti, la stanno ancora svolgendo nel presente. E cioè: per gli eighties, Judas Priest, Iron Maiden, Metallica, Manowar, Slayer, Megadeth; Pantera, Death, In Flames, Dream Theater, Korn, Sepultura, Rammstein, Slipknot, nei novanta. Band che, al di là dei gusti personali, hanno saputo trainare nel Nuovo Millennio, appunto, l’intero carrozzone metallico, fatto di migliaia di altre band e milioni di appassionati in tutto il mondo.

Le caratteristiche, dicevamo. A braccio direi: un sound che sia potente ma anche melodico; che non manchi di ritmo, “tiro”, groove; un repertorio che contempli brani “a presa rapida” ma non “faciloni” o easy listening, pur con ritornelli memorizzabili, ideali per essere cantati a squarciagola e all’unisono dal vivo. E poi un look e un’attitudine che rimandino saldamente all’immaginario metal, alla sua epica capacità immaginifica.

Tutte caratteristiche che (saremo di parte?) i Caligula’s Horse ci pare possiedano appieno, forti di una discografia che, negli ultimi 10 anni, non presenta passi falsi, costellata come è di dischi splendidi, ognuno diverso dall’altro. E con l’aggiunta di un frontman, Jim Grey che, oltre a saperci dannatamente fare sul palco, sprigionando simpatia ed empatia, ha davvero il physique du rôle per attirare l’attenzione del grande pubblico in generale e dell’altra metà del cielo in particolare.

Eppure. Eppure il Legend, quel 21 maggio, era lontano dalla capienza massima disponibile.

Dopo lungo rimuginare, e un confronto in Redazione sul tema, credo che tutto ciò si spieghi con due ragioni. Di carattere storico da un lato e sociologico dall’altro.

Storicamente, il consolidamento di un’enorme fanbase intorno ai gruppi ottantiani è stata favorita dalla polarizzazione del metal nei tre grandi filoni ‘classici’ di quel decennio (heavy, glam/hair e thrash) mentre, nei novanta, la loro crisi post-grunge è stata comunque mitigata dai fenomeni groove prima, melo-death e nu dopo, che hanno catalizzato le giovani generazioni verso le band leader di questi filoni (Pantera, Machine Head, Seps per il primo; Dark Tranquillity, In Flames Korn, Deftones, Limp Bizkit per i secondi).

Il momento storico in cui stanno operando, invece, band come i Caligula è totalmente diverso rispetto a quello del XX sec., vivendo, esse, un mercato super-inflazionato in cui quotidianamente tutti hanno a disposizione tutto, a "portata d click" col risultato di avere un audience che, se non propriamente super ‘impallata’ con una determinata band, si sposta schizofrenicamente da un ascolto all’altro, sedimentando poco e fidelizzandosi ancor meno. Cosa che negli anni ‘80 e ‘90 non accadeva per svariate ragioni, una delle quali era che la fruizione dei CD, numericamente limitati e non sempre facili da reperire, era molto approfondita e interiorizzata. Creando nell’appassionato una fidelizzazione radicata e che si protrae(va) nei decenni.

Sociologicamente, poi, è cambiato il modo di fruire della musica: Youtube, Spotify, iTunes, Amazon Music, ci dicono le rilevazioni statistiche, sono i mezzi maggiormente usati dai giovani, nei quali la playlist è mediamente più gettonata dell’ascolto degli interi full lenght. E, spulciando quel tipo di classifiche, notiamo che, accanto ai Nomi Storici di cui sopra, le restanti posizioni sono occupate da una pletora di band metal-core (death/nu/rap/alt) che curano, e non poco, l’immagine (anche live) e la comunicazione via social: Bring Me The Horizon, Avenged Sevenfold, Five Fingers Death Punch (recentemente di supporto ai Metallica nella loro ultima data milanese), All That Remains, Static-X, A Day to Remember (chi?!?), Motionless in White (ri-chi?!?). Oltre agli immancabili Sleep Token e Ghost la cui aura di mistero dovuta al mascheramento crea l’hype ad arte nei confronti delle loro uscite discografiche. E pazienza se, di natura/matrice metal tante di queste band abbiano davvero poco o nulla.

Capiamo, in definitiva, che band stratosferiche come Caligula’s Horse e compagnia (si potrebbe dire lo stesso per altri monicker come Haken, Riverside, Leprous, Pain of Salvation, ad esempio) non potranno mai essere le band leader del metal futuro perché non si trovano in quel solco mainstream che gli permetterebbe di riempire venue da migliaia e migliaia di posti. E capiamo anche il perché i grandi festival estivi continuino, anno dopo anno, ad affidarsi come headliner all’"usato sicuro". In questo 2024: Scorpions, Korn e Amon Amarth (Wacken), Avenged Sevenfold, Machine Head, Metallica e Foo Fighters (HellFest); Tool e Alice Cooper (Graspop); ancora Amon Amarth e Architects (Summer Breeze); Metallica, Saxon e Europe (Tons of Rock); Behemoth, Testament ed Exodus (Tolminator), Kreator, Opeth e ri-ancora Amon Amarth al rumeno Rockstadt. Così come in Italia il prossimo mese avremo Bruce Dickinson ed Emperor (Metal Park), Carcass (Genoa Summer Live) e Gamma Ray, Amorphis e Paradise Lost (Luppolo in Rock).

Per giungere allo storico Download britannico che, proprio nel prossimo weekend, presenterà come headliner (assieme ai soliti Queen of the Stone Age e Avengeld Sevenfold) i pop-rock-punkettari Fall Out Boy (aargghhh, sdegno estremo!).

Nei bill di questi festival, sotto i suddetti nomi storici, una pletora di band diversissime tra loro che ben rappresentano l'attuale frammentazione e contaminazione del panorama del nuovo metal, i cui steccati ormai sono invisibili in lontananza, come abbiamo già avuto modo di argomentare.

Il rovescio, positivo, della medaglia è che tutto lo scibile a disposizione ci permetterà di ‘non morire -core’ (o avengedsevenfold-iani) e, al contempo, di goderci appieno concerti come quello di cui sopra a pochi metri dal palco e con un godibilissimo spazio vitale intorno.

Chiuderei con una grande verità espressa dal nostro mementomori, che mette ordine, e conclude come meglio non si potrebbe, questo mio sproloquio: Ma a questo punto il rimpiazzo non ci sarà mai, almeno nel metal; gli stadi non li riempirà più nessuno e i festival saranno sempre più incentrati sulla varietà stilistica (classic, estremo, alternative, rock). Non c’è da aspettarsi che il modello del passato venga replicato con i nomi del presente: finchè i vecchi andranno avanti, ci sarà ancora la classica concezione di “arena rock”; poi pian piano i grandi festival metal vireranno verso i grandi nomi del rock , come Foo Fighters, Green Day, ecc, con una marea di palchi secondari che ospiteranno tutto il resto, dai Behemoth ai Dying Fetus

E, aggiungo io, passando dalle Baby Metal, come si può leggere dal manifesto del Download riportato in cima...

A cura di Morningrise