27 mag 2021

UN COCCODRILLO PER WILLIAM J. TSAMIS - CAOS CALMO

 


Sono qui, sulle note del disco solista di William Tsamis, mancato il 13 maggio scorso. Si tratta di un disco che Tsamis volle, sapendo bene di non venderlo quasi a nessuno, per la necessità di comunicare una chiave di lettura cruciale della sua musica, indicata in maniera chiara nel titolo “Sea of Tranquillity”.

Viene in mente la grande differenza di sentimento tra questo tipo di evocazioni e quelle analoghe di Mortiis o di altri artisti del genere atmosferico. "Sea of Tranquillity" è un approdo mentale continuo, permanente, uno stato di grazia subentrante, calma e inarrestabile come una polla d'acqua. Le tastiere di un Mortiis girano come il criceto nella ruota, effetto che ci fa altrettanto impazzire, ma è agli antipodi. Tsamis crea ciò che si potrebbe definire un “caos calmo”, quello di una distesa marina che fluisce e si avvolge su se stessa ma non sbatte mai contro alcun confine. Mentre le tastiere “forestali” di Mortiis suggeriscono l'inquietudine che si muove dentro l'apparente (la pietra, il legno, il nulla), qui è suggerita l'espansione infinita del movimento, che quindi tende alla quiete finale. Quiete dinamica.

E' quindi calmo, ed è caos. Il caos nel metal spesso è “nero”, oscuro. E tutti lo conosciamo. Poi c'è il caos “di ritorno”, quello della rilettura costruttiva del caos, altrettanto frenetica ma propositiva, come ad esempio abbiamo avuto modo di sentire in “Reinkaos” dei Dissection. C'è il caos primigenio, amorfo di It. E, insieme a questi ultimi caduti, aggiungiamo ora il caos solare di Tsamis.

Il metal “bianco” di Tsamis non ci toglie il piacere del metal classico: arrogante, compiaciuto, visionario. La lotta per i cieli descritta in “War in Heaven” (opener del debut album omonimo dei Lordian Guard, 1995) è forse l'affresco più bello della Cacciata dal Paradiso presentata dal punto di vista cristiano, e le movenze sono talmente eleganti che quasi ci si compiace di vedere cacciato Lucifero. Dico quasi.

Ma anche Tsamis dice quasi, perché il suo Dio è in verità un Dio violento, vendicativo, vetero-testamentario. E' il Dio dalla “furia eterna”, ovvero quasi simile al Dio arcaico che protegge il proprio popolo. Più che un baluardo contro “L'avversario” del Dio unico pare quasi una specie di nume tutelare, e infatti, ad esempio in “Winds of Thor”, è stavolta Odino, per mano di Thor, che vendica i norreni invasi e offesi. Una storia analoga a quella raccontata dai Falkenbach in "Heathenpride", che celebra appunto la rivalsa pagana contro i colonizzatori culturali cristiani. La voce androgina di Vidonne Sherri Tsamis (mancata già tempo fa) dà ai dischi un'aura surreale.

Il nuovo testamento appare come una sorta di utopia (La celebrazione del Natale di “In peace he comes again”), ma la vera natura di Dio sembra quasi passare all'uomo, che ne eredita la missione (“My name is Man”), una posizione decisamente eretica: l'uomo padrone della terra, che eredita da Dio. E l'uomo che è “figlio del Re”. In questo percorso si riconosce certamente il passaggio da una visione del Bene come “top-down” (indicato da Dio, con gli uomini a combattere ai suoi ordini), ad una visione finale “bottom up” (il bene è il sacrificio di Gesù, che dal basso eleva l'uomo e lo porta sul trono spirituale).

Questo cristianesimo guerriero, che parte dalla mitologia con i suoi episodi fantastici per approdare alla storia con l'avvento di Cristo, assume infine tinte di militanza umana.

Il percorso cristiano di Tsamis inizia da lontano, parte dai Warlord. All'epoca si intuiva un atteggiamento turbato di fronte alla descrizione del Male, e la preoccupazione per l'umanità che si orientava contro se stessa ("Lucifer's Hammer"), ma i testi erano ancora vari, si andava dalle vicende amorose all'immancabile (per l'epoca) canzone sugli alieni ("The Aliens"). E mai ci stancheremo di ricordare che nessuno ha mai azzeccato una canzone sugli alieni...Ascoltatela pure immaginandovi chissà quale vicenda struggente sulle belle note, ma scordatevi di poterlo fare ancora se vi cadono gli occhi sul testo (si cade irrimediabilmente nel ridicolo).

Tornando all'ideologia, Tsamis parte con un cristianesimo lamentoso, malinconico, in cui si lagna della cattiveria umana così come della tipa che l'ha mollato, con lo stesso registro. Non arriva a dire che chi non gliela dà è mal consigliata dal demonio, ma poco ci mancava. E' solo dopo che approda ad un cristianesimo d'assalto, belligerante, che un pochino ricorda i sermoni di una delle sette più folli della storia degli USA, la Aggressive Christianity Missions Training Corps, sostenitori del cristianesimo intollerante e incazzato, vestiti in uniforme da soldati. 

Ma alla fine Tsamis è pago delle sue visioni, e del ruolo che l'uomo sceglie di rivestire. Non auspica né persegue la redenzione del mondo, basta la testimonianza della lotta. L'eterna “Battaglia per il Paradiso”. Un caos ordinatissimo perché “tanto si vince”, e quindi le movenze della guerra contro gli angeli ribelli sono quasi delle coreografie di danza, panneggi barocchi.

L'approdo autentico di Tsamis, sempre rivelato dal suo gusto musicale, è quello del “Mare di Tranquillità”, il disco definitivo, da riascoltare come ultimo addio, piazzato cronologicamente in mezzo alla sua produzione, ma in un baricentro ideale.

A cura del Dottore