15 mag 2023

PRIMA DEL FUNERAL DOOM: MY DYING BRIDE



Meno cinque: My Dying Bride - "As the Flower Withers" (1992) 

I Paradise Lost furono la scintilla, dei precursori del movimento doom-death che di lì a poco sarebbe fiorito: partendo dalla terra di Albione, si sarebbe poi presto espanso in tutto il globo. 

Nel 1992 il mondo non era ancora così affollato di gruppi dediti a questo genere. Come si diceva, il metal estremo in quegli anni era ancora un universo fresco di big bang che si espandeva un po’ da tutte le parti senza assumere conformazioni precise. Nel 1992, più precisamente, usciva il full-lenght di debutto di uno dei nomi di punta del doom-death (prima) e del gothic metal (poi): parliamo dei My Dying Bride, da indicare - senza se e senza ma - come una delle entità più influenti per lo sviluppo delle sonorità funeral doom, anche più degli stessi Paradise Lost che, avendo abbandonato presto l’ovile dell’Estremo, non avrebbero potuto incidere più di tanto sulle frange più oltranziste del doom.  

As the Flower Withers” non è il capolavoro dei My Dying Bride: il meglio i Nostri l’avrebbero dato con i due lavori successivi: “Turn Loose the Swans” (1993) e “The Angel and the Dark River” (1995), opere che avrebbero levigato le asperità del suono feroce degli esordi accentuandone il lato più gotico e romantico. In "Turn Loose the Swans" il sound della band, da rozzo e claudicante che era, si fece composto ed elegante, con il violino a svettare fra i lacrimevoli intrecci delle chitarre e la voce versatile di Aaron Stainthorpe, capace di passare con estrema disinvoltura da un ferocissimo growl ad un bel canto tenorile. Con l’album successivo, senza abbandonare né pesantezza né lentezza, i Nostri raffinarono ulteriormente la loro visione artistica, mettendo al centro di tutto la bellissima voce del carismatico cantante e lasciandosi alle spalle le asprezze death metal dei primi lavori. La storia dei My Dying Bride arriva ai nostri giorni, fra dischi innovatori, una sbandata per la musica elettronica, bruschi ritorni indietro e tanto mestiere, ma sempre conservando la classe dei veri maestri. L’uso del violino, del pianoforte, delle vocalità pulite, quel modo di suonare la chitarra, la lentezza esasperante: tutto ha fatto scuola, influenzando sia le forme più seducenti del gothic metal che quelle più brutali del funeral doom. 

Benché il capolavoro “Turn Loose the Swans” sia sicuramente di grande ispirazione per il futuro movimento del funeral, oggi andremo ad analizzare “As the Flower Withers” che meglio si inserisce in quel periodo di sperimentazione sonora che avrebbe condotto al doom più estremo. Partiamo dicendo che i My Dying Bride, rispetto ad altre glorie del doom albionico, conservavano ben evidente il gene del death metal. Certo la provenienza dal death metal era ancora palese nel precedente EP (sempre del 1992) “Symphonaire Infernus et Spera Empyrium”, ma era anche netta la volontà di distaccarsene in qualche modo. L'EP, di fatto, conteneva un solo lungo brano di undici minuti (diviso in due atti) con il quale i Nostri, oltre a mostrare l'inclinazione per atmosfere morbose e decadenti, già anticipava la vocazione per la scrittura di brani di estesa durata: aspetto, questo, che sarebbe rimasto una costante lungo la discografia della formazione inglese. 

"As the Flower Withers" rappresentò una vigorosa sterzata in direzione doom, sebbene Stainthorpe continuasse a cantare in growl (ma c'è da dire che anche in questo campo avrebbe mostrato carisma da vendere). Che l'aria fosse cambiata si capiva già dalla bellissima introduzione a base di enfatiche tastiere con impennata finale da brividi grazie alla scesa in campo del violino di Martin Powell (non ancora ufficialmente in formazione, ma qui presente come ospite in diversi brani). E’ uno sconsolatissimo quattro quarti quello che apre la sensazionale “Sear Me”, brano archetipico dell'intera produzione discografica della Sposa Morente e giustamente ripreso ben altre due volte nel corso della carriera (bella, in particolare, la versione per solo piano, violino e recitato che aprirà “Turn Loose the Swans”). Del resto la melodia portante del brano è di quelle che ti vengono una volta nella vita: la perfetta descrizione di un fiore che appassisce (tanto per rimanere in tema). Le due chitarre, quelle di Andrew Craighan e Calvin Robertshaw, si accavallano mestamente senza prevalere l’una sull’altra, instillando una vena poetica entro le maglie ruvide di un suono massiccio ed asfissiante, nonché settando gli standard di quello che sarà un modus operandi abusato, sia in campo gothic che doom, da miliardi di altre band. Ad aggiungere gloria alla gloria, ancora il violino di Powell ad inserirsi, con grazia, fra le trame delle sei corde: nei suoi nove minuti di durata il brano si rivelerà essere un saliscendi emotivo di grande intensità con il titanico canto di Stainthorpe a distribuire fendenti in un contesto in cui la band spartisce le proprie energie fra degradanti sezioni doom e repentine accelerazioni, cosa assai frequente nei primi My Dying Bride. 

Purtroppo non tutto si assesterà a queste altitudini: il punto debole del platter è quello di disperdere ottime intuizioni in un suono ibrido che ancora non aveva scelto in modo categorico fra doom e death metal: una violenta e serrata “The Forever People” è la prova lampante di come nei Nostri permanesse l'esigenza di suonare feroci. Episodi come “The Bitterness and the Bereavement” e “Vast Choirs” non passeranno alla storia come i momenti più ispirati della band: in essi i Nostri sembrano avanzare senza bussola, adesso graffiando l'ascoltatore con ferocissimi assalti frontali, adesso abbandonandosi allo spleen decadente che caratterizzerà la maturità della band.  

Appena la visione artistica si mette più a fuoco, invece, escono veri capolavori, come la mastodontica, colossale (ben tredici minuti di durata!) “The Return of the Beautiful”, anch’essa premiata, qualche album dopo, con una rivisitazione. Il modulo della lentezza torna a prevalere (qui, oltre al violino di Powell troviamo il corno dell'altro guest Wolfgang Bremmer) in quella che potremmo definire l’autentica messa in scena di un incubo: una concatenazione di “osservazioni” (come direbbero i King Crimson) che mettono insieme doom ottenebrante, passaggi orrorifici, momenti di timor panico e persino una devastante accelerazione, vero climax del tutto, con una prova dietro al microfono di Stainthorpe che accappona la pelle. In tutto questo svolge un ruolo determinante il drumming preciso e potente di Rick Miah, a mio parere il miglior batterista che i My Dying Bride abbiano avuto nella loro storia (il Nostro avrebbe suonato nei primi quattro album – i più significativi - della Sposa Morente): si sente ancora forte il retaggio death metal (frequente l’uso del doppio-pedale, fulminanti i cambi di tempo e velocissime le rullate), ma quella sua tecnica sopra la media gli permetterà anche di condurre tempi ultra-lenti non poi così facili da tenere. 

Un paradosso del suono dei My Dying Bride è quello di essere statico e dinamico al tempo stesso, monotono e progressivo; non chiedetemi come questo possa accadere: accade e basta. Personalmente mi sono sempre spiegato questo paradosso con la profonda vocazione che la band ha mostrato da sempre nel portare avanti questo tipo di sonorità: una disinvoltura congenita che ha permesso a questi signori di spaziare in lungo e in largo nei reami del metal gotico senza mai perdere in eleganza e capacità di costruire brani lunghi e coinvolgenti nonostante le ostiche premesse. Lentezza (questo aspetto verrà esasperato in futuro), pesantezza (questa invece già molto presente), magniloquenza, atmosfere decadenti e romantiche, composizioni lunghe e dallo sviluppo imprevedibile: tutte le caratteristiche di quello che sarà il funeral doom sono già presenti in questa gemma grezza del doom-death di inizio decennio. 

“As the Flower Withers”, si diceva, non è il capolavoro dei My Dying Bride (per quello dovremo aspettare solo un altro anno), ma già offre molte di quelle intuizioni che renderanno grande un suono. “Turn Loose the Swans” e “The Angel and the Dark River” apriranno ulteriori strade, ma coloro che vorranno intraprendere la via del funeral doom, troveranno in "As the Flower Withers" tutto di quello di cui avranno bisogno...