22 ago 2023

VIAGGIO NEL DEPRESSIVE BLACK METAL: LES LEGIONS NOIRES

Quinta puntata: Le Légions Noires (1993 - 1997)

Siamo ancora in compagnia di quei nomi che - chi in un modo, chi in un altro - hanno indirizzato il black metal verso i lidi del depressive. In tal contesto ci sembra opportuno menzionare anche la strana storia de Le Légions Noires

Non si tratta di una band nello specifico, ma di una congrega di musicisti che ha operato in Francia nel corso degli anni novanta in condizioni assolutamente originali: una gestazione artistica che per molto tempo è rimasta ignota ai più - e vedremo perché - per poi essere scoperta e rivalutata nell'era di internet. Quelle produzioni così rozze ed autoreferenziali, così sorde innanzi alle esigenze dell'ascoltatore, nondimeno, forniranno più di uno spunto a chi, anni dopo, deciderà di incamminarsi sulla via del depressive black metal....

Erano gli albori degli anni novanta e si sviluppava in Bretagna (con la cittadina di Brest a fare da epicentro) uno anomalo movimento black metal undergroundLe Legioni Nere erano un gruppo di individui, anche musicisti, molti dei quai vivevano sotto lo stesso tetto in una sorta di "comune". Portavano avanti più progetti che finivano per mescolarsi in modo promiscuo e registravano il materiale autonomamente: tale materiale, nel migliore dei casi, finiva per circolare in forma di cassettine destinate a cerchie veramente ristrette di conoscenti. I testi erano redatti principalmente in Gloatre, un idioma inventato. Tutti elementi, questi, che hanno alimentato un fascino malsano intorno a queste registrazioni appannaggio di poche (fortunate?) orecchie. 
 
Si trattava indubbiamente di una risposta all’Inner Circle norvegese (al netto di azioni criminali o vandaliche, da cui i francesi stavano bellamente alla larga). Sebbene i Nostri rivendicassero le proprie predilezioni ed affinità elettive per entità del proto-black come Hellhammer e Bathory, gli esiti della loro gestazione artistica a conti fatti non erano molto distanti dalle cose più crude e cruente di Darkthrone e Burzum. Fra i nomi di punta di questo movimento vanno indicati i Mütiilation, i Vlad Tepes, i Belkétre e i Torgeist. Il tutto si sarebbe concluso all'incirca nel 1997/98, sebbene qualche gruppo sarebbe sopravvissuto (MütiilationVermeth e Belathuzur, poi divenuti Hegemon). 
 
Perché queste pubblicazioni acquisiscono per noi un particolare interesse? Perché nelle scorse puntate ci siamo riferiti ad un processo di progressivo degrado sonoro che, partendo dal ceppo originario del black metal, ha condotto nel tempo alla differenziazione del filone depressive. In questo contesto è utile contemplare anche questi prodotti di ultra-nicchia che si vanno a caratterizzare per i suoni confusi, la furia primordiale, il minimalismo esasperato, ma anche per  l'innegabile sostanza artistica che dà credibilità ad una tale espressione sonora così lontana da ogni compromesso. 
 
Nichilismo, misantropia, atmosfere malsane erano al centro di queste registrazioni casalinghe e non a caso certi brani sarebbero poi stati coverizzati da esponenti del DBM. Ma soprattutto, se vogliamo vedere il DBM come un genere insensibile, se non ostile, nei confronti dell’ascoltatore, non possiamo non vederne come importanti predecessori questi nomi che hanno operato in solitudine senza rivolgersi ad un vero pubblico.

Poiché vogliamo fornire indicazioni utili al lettore interessato ad approfondire l'argomento, ci soffermeremo un attimo sui Mütiilation, il cui full-lenght di debutto "Vampires of Black Imperial Blood" è considerato come l'opera-simbolo del movimento. 

L'uomo intorno al quale ruota il progetto è Meynha'ch, il quale si sarebbe di lì a poco scollegato dalla congrega per degli scazzi legati all'uso di stupefacenti - pratica che non era evidentemente apprezzata nell'ambiente. Proseguirà come one-man band mentre nei primi anni di attività si faceva supportare da membri delle Legioni Nere in una girandola di formazioni che passavano con disinvoltura dal duo al trio e viceversa, e dove Mordred al basso e Krissagrazabeth alla batteria (che in seguito ritroveremo in Hegemon e Celestia) erano i nomi che ricorrevano più frequentemente. 

L'album vede la luce nel 1995 dopo che la band aveva registrato quattro demo (fra cui il corposo "Black Imperial Blood (Travel)", che andava ad anticipare gran parte del materiale del full-lenght di debutto) ed un EP ("Hail Satanas We are the Black Legions", ritenuto oggi un classico nonché oggetto di culto dagli appassionati del genere). "Vampires of Black Imperial Blood", invero, rappresentava un caso raro, in quanto le Legioni non erano solite realizzare album veri e propri, limitandosi alla diffusione di demo. La qualità dei suoni, beninteso, è quella di una registrazione casalinga, ma questo aspetto non inficia, anzi valorizza, gli esiti dell'operazione. 

Premere play significa per l'ascoltatore ritrovarsi di colpo in un universo cacofonico fatto di suoni stridenti e confusi, fra riff taglienti, voci gracchianti ed una batteria lontana lontana. Se possibile la resa sonora è ancora peggiore di quella di certi dischi norvegesi dell'epoca. L'ispirazione principale sembrerebbe essere data dai Darkthrone che l'anno prima avevano fatto uscire "Transilvanian Hunger". Ma se i norvegesi sembravano voler ambire ad una forma assoluta di espressione artistica, esasperando un minimalismo sonoro inteso come un traguardo da raggiungere con  determinazione e rigore (anche a costo di sacrificare le capacità tecniche dei musicisti stessi), qui i medesimi esiti sembrano essere raggiunti per mezzo di pressapochismo ed ostentata non-curanza. 

Avete presente quando si fanno le cose a cazzo di cane? Ecco, la musica contenuta nel platter sembra proprio il frutto di una mente scriteriata che passa da una suggestione all'altra senza tante preoccupazioni, semplicemente perché le va di fare così e non cosà. Ora si va veloci ora si va lenti, ora ci si ferma ora si riparte, qua ci butto un riff zanzaroso, lì un arpeggio, là ho voglia di suonare thrash metal. Attenzione però: non staremmo parlando di questo disco se esso non fosse un cazzo di capolavoro

Nei suoi 54 minuti di durata, "Vampires of Black Imperial Blood" si rivela per davvero un'esperienza esaltante dove ogni cambio di prospettiva è animato da un'ispirazione che viene inseguita e catturata quando è ancora in movimento. La bellezza dell'album sta nel fatto che questa libera ispirazione sembra non essere limitata in niente. Anzi, proprio grazie alle imprecisioni, alle sbavature ed alla pessima registrazione il lavoro acquista un senso di inafferrabilità ed una carica eversiva che lo rendono suo malgrado magnetico in ogni suo frangente. 

Per dire: cosa c'è di più irrispettoso per l'ascoltatore che buttargli in faccia i suoni marci dell'arpeggio di "Magical Shadows of a Tragic Past"? Peraltro si tratta di una opener di dieci minuti, non tre: cosa che ribadisce la spavalderia con cui il tutto è concepito e realizzato. Come se questa musica senza compromessi volesse imporre fin dall'inizio il suo diktat: o con me o contro di me! 

Sebbene la strada sia accidentata e molto in salita, l'ascolto risulterà appagante. Questo perché Meynha'ch si rivela un compositore ispirato, uno che sa infilare un riff vincente dietro l'altro. Ogni riff brilla infatti di grande ispirazione e l'ascoltatore si ritroverà spesso a sorprendersi per la qualità melodica dei brani (si pensi anche ad una "Eternal Empire of Majesty Death"). A dimostrazione - ancora una volta - della validità della regola aurea secondo cui se vi è la sostanza non c'è vizio di forma che tenga

Se c'è una cosa che le Legiones Noires hanno insegnato al DBM è proprio quella di riuscire a fare cose buone pur tirando via, pur fregandosene di quello che verrà fuori. E a proposito di DBM, come non citare le parole con cui si apre l'album? 

"Sometimes images of a sad void 

fill the thoughts and the soul 

The only feeling of a gate for relief is 

a key that you call death" 

Certo, il tema della Morte era presente nei testi di molte realtà del black metal del periodo - la morte intesa come passaggio ad una dimensione spiritualmente superiore - e certamente siamo ancora distanti dalle crudezze del più autentico DBM, da quel modo di comunicare così esplicito, per certi aspetti basico, così scevro da licenze poetiche che è tipico dei testi del depressive. Qui, fra vampiri & satanassi, siamo ancora nella dimensione dell'horror o del misticismo, se vogliamo, ma certo questa morbosità, questa attrazione per la morte già sbandierata appena dato fiato alla bocca è un altro elemento di vicinanza alla sensibilità del DBM. 

Del resto i primi anni novanta sono stati un laboratorio formidabile per il black metal, e mentre si delineava la strada maestra grazie ai grandi nomi del genere, già si manifestavano quelle escrescenze, quelle deformità che avrebbero poi condotto ai vari sotto-generi. Descrivendo "Vampires of Black Imperial Blood" abbiamo voluto non tanto celebrare i Mütiilation, ma tributare la sfrontatezza delle Legiones Noires, altra tappa importante per la definizione di quella temibile deviazione sonora che chiameremo depressive

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