27 ago 2023

IL METAL NON RIDE - VII. L'AUTO RUBATA DEI GWAR

 


I Gwar sono stati il mio primo impatto con il metal parodistico. Esaltati a priori dalle testate giornalistiche di allora come geniacci soltanto perché parodiavano il metal. Il motivo: uno dei grandi complessi del metal, ossia quello di dover ironizzare su di sé per sentirsi a posto con la coscienza. Corollario di questo complesso: è geniale chiunque la butti sul comico e parodistico, deplorevole chi si prende sul serio o addirittura parla di spiritualità all'interno del metal. Già all'epoca non mi era chiaro il confine tra il parossismo serio, tipo gli australiani Sadistik Exekution, i quali buttano a volte sul caricaturale qualcosa di fondamentalmente serio, e i gruppi-parodia, che costruiscono con serietà qualcosa di fondamentalmente scherzoso.

Comunque sia, questi Gwar erano presentati come il massimo dello shock-rock a livello di allestimenti scenici, mentre sul piano musicale non si riusciva a capire esattamente a cosa questo potesse corrispondere: grindcore, hardcore-punk di (s)pregevole fattura o magari invece metal-pop di grana grossa?

L'identità fittizia dei Gwar era quella di barbari riportati in vita dai ghiacci dell'Antartide che suonavano canzoni sul filo del non-senso. Qui bisogna sempre stare attenti perché il non-senso vero è quello dei poemi limerick, o dadaista, mentre il non-senso artistico è quello di chi appiccica banane sui quadri o pisciatoi al muro ed è poi identificato come codificatore geniale di messaggi arguti ed epocali. Spesso quando si è nel parodistico si finisce per passare dall'approccio non-sense al pretendere invece di essere riconosciuti come fini poeti satirici che usano l'apparente non-sense per veicolare messaggi ultra-consapevoli e maturi (ma su questo abbiamo già detto in occasione dell'articolo sugli Skyclad).

Vi sto dando tutti questi avvertimenti non a caso...

Inizialmente i costumi dei Gwar erano stati pensati per potenziare l'impatto scenico di una band punk, i Death Piggy. Dopodiché venne l'idea di costruire lo spettacolo con due esibizioni distinte, una dei Death Piggy in abiti consueti e la seconda come Gwar, che dovevano figurare come il gruppo headliner. La trovata fu così azzeccata che poi, nell'economia dello spettacolo, i Death Piggy furono espunsi dal live-act e rimasero solo i Gwar, rivelatisi un'attrazione autonoma. Tutto questo casino per chiudere una band e formarne un'altra.

L'esordio “Scumdogs of the Universe”, guardato con gli occhi di poi, non è meno esilarante dell'auto-citazione del pattinatore sul ghiaccio ritratto nella copertina dell'ultimo Darkthrone "Astral Fortress" (sulla cui copertina viene ritratto di schiena, su sfondo di paesaggio innevato, un pattinatore vestito di nero con una maglia degli stessi Darkthrone). Personalmente, per niente esilarante: sono cose che mi fanno tristezza dopo circa un nanosecondo di allegria riflessa. Ma qui possiamo fare una riflessione: Hank Amarillo, ovvero quel burlone di Fenriz, ci ha venduto (letteralmente) i dischi della svolta da “too old too cold” come una ricerca dotta e consapevole di post-black che di fatto costruiva una specie di mondo sonoro e iconografico pre-black in una finzione letteraria sul fatto che davvero quel mondo fosse esistito e avesse poi dato alla luce il black di “A Blaze in the Northern Sky”. A parte questa operazione “a là Borges” che ci siamo bevuti un po' tutti, ad un certo punto lo spessore e la vena creativa dei Darkthrone più recenti sono venuti a galla per quel che erano: il black metal post-atomico che dovevamo apprezzare come “l'essenza” stessa del black era disarmante, sì, ma in senso negativo. A questo punto le amenità varie di Fenriz hanno cominciato a zigrinare le palle ai fans, che volevano semplicemente black metal gelido e vero.

A chi si propone come parodia ab initio si concede sempre un margine infinito di clemenza e la stessa presunzione di intelligenza. Insomma, se vi viene in mente che Fenriz pattinatore sul ghiaccio vi stia forse prendendo per il culo, allora perché dei bestioni con costumoni di cartapesta che si aggirano sul palco cantando oscenità e schizzando sangue finto dovrebbero essere presi seriamente (come parodia, ma seriamente)? Secondo me a questo punto,  a parità di soldi spesi, è più fine l'umorismo di Fenriz...

A livello lirico i Gwar sono la summa del metal parodistico: c'è dentro l'oscenità in stile Tossic, il non-senso come pretesto per inanellare sconcezze varie a sfondo sessuale, il grottesco, la vaga allegoria sociale, il repulsivo, il gioco di parole, perfino la vena alcohol-metal dei Tankard ("Jaegermonsta"), l'autoironia sul metal e la parodia del macabro e dell'aggressivo. Qualche passaggio trascinante si trova quale e là, ma a livello compositivo si parte con un vizio di fondo, ossia che la destrutturazione e il saltello tra i generi siano sempre voluti, arguti e genialoidi, anziché l'inevitabile espediente di chi non ha una linea precisa come progetto comunicativo né una polarità come vocazione stilistica. 

Una delle implicazioni di questo tipo di progetti infatti è che non possono essere “di genere”, semmai possono tendere verso la parodia di alcuni generi in particolare e, per esigenze di sussistenza, tendere anche ai generi orecchiabili. Una parodia del death o del black è più che possibile, ma c'è un problema: o si tratta di generi talmente seriosi da non dare alcuno spazio commerciale a parodie (il black) o contengono già in sé il grottesco, per cui non c'è bisogno della parodia pura e semplice.

I Gwar alternano più generi. A volte più punk, altre più hardcore, altre ancora più hard rock. Le sonorità delle chitarre sono sempre piuttosto ruvide e cariche, cosa piacevole per chi ama il metal. La commistione è in realtà una tendenza ad alternare registri come in un collage di generi, ma non si tratta di un vero e proprio progetto musicale, semmai della logica conseguenza dell'approccio parodistico che ottiene l'effetto tramite il principio del “varietà”, in cui appunto si propongono e si accostano mostri, belle donne, canzoni d'amore, duelli, oscenità e quant'altro può strappare una risata come rappresentazione dell'umanità che non si prende mai troppo poco sul serio. 

Il problema è che in questo modo si è automaticamente derivativi, così come la comicità che si può trovare nei teatrini dei villaggi vacanze. E, come accade appunto lì, ripetitivi. Siete mai stati in un villaggio vacanze due settimane di seguito? Ebbene, al secondo “lunedì” o “martedì” vi beccate di nuovo gli sketch della settimana prima (pensati per una permanenza settimanale): ascoltare i dischi dei Gwar successivi al primo è un po' la stessa cosa. Iniziate con quello che preferite, il problema è quando si arriva al secondo, sempre che vi sia piaciuto il primo.

Passiamo ai testi. I testi, in primo luogo, sono comprensibili appieno solo dagli anglofoni (sarebbe come pretendere che gli americani ridano a "Cazzi di Pane" dei Tossic o comprendano i riferimenti geo-sociali di "Welcome to Foggia" degli Immortadell). Non dico che gli altri non possano tradurli, ma l'impatto immediato, scenico, richiede in questo caso un'immediatezza nel comprendere slang, semantica estesa ecc. Inoltre, dopo averne letti una ventina, ad un certo punto ci si imbatte non solo nel comico o satirico, ma nella semplice critica sociale: abbiamo così, per esempio, una canzone sulla contraddizione dei paesi che allevano soldati per poi lasciarli allo sbando, magari con traumi e violenze che esplodono a caso nel mondo civile ("Back to Iraq") ed una sull'ambiguità tra lotta alla pedofilia e sessualizzazione dei minori nel mondo dello spettacolo ("PreSkool Prostitute"), il che li pone spesso completamente fuori dal registro comico-parodistico.

Cosa rimane? L'immagine. A questo punto, torniamo all'inizio. Avevamo i Death Piggy, scalzati dai Gwar per la trovata dei costumoni di cartapesta con appiccicata sopra la musica e non - ahimè - il contrario. A questo punto io toglierei i costumoni e restituirei l'identità fittizia dei Gwar ai Death Piggy, perché proseguano tranquillamente a fare la loro musica un po' demenziale, un po' saltimbanca, un po' provocatoria. Perché magari così quei passaggi musicali più interessanti, di giocoleria tra i generi del rock elettrico farebbero la loro giusta figura. L'effetto collaterale? Che probabilmente, più che un gruppo metal, diverrebbero un gruppo crossover, quali sono.

E in effetti sono loro stessi che poi riconoscono questa loro sostanziale estraneità al metal, quando scherzano sulla terra promessa del metallaro, la "Metal, Metal Land" (come "Never, Neverland"): “C'è un posto così lontano, il migliore dei mondi visitati dai Gwar, possiamo arrivarci, a patto che ci andiamo su una macchina rubata”.

Appunto ragazzi …..“Io polizios italianos, fare tornare indietro zateros, pieno de autos rubatos” (Tomas Milian, alias commissario Giraldi, nell'atto di arrestare in flagranza l'equipaggio di una nave battente bandiera spagnola che carica auto rubate da Roma per rivenderle in Tunisia...).

A cura del Dottore 

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