21 giu 2018

DIECI ALBUM PER CAPIRE IL POST-INDUSTRIAL (anteprima)


Nine Inch Nails, Ministry e Godflesh: questi sono i primi nomi che vengono in mente quando nei salotti metal si parla di industrial. Una associazione che palesa tuttavia una visione riduttiva del fenomeno, in quanto la musica industriale verrebbe in questa ottica ricondotta ad uno solo dei suoi molteplici percorsi evolutivi, ossia quello sviluppato nel corso degli anni ottanta in direzione rock e metal da band come Killing Joke, Swans, Foetus ecc.
La nostra attenzione verrà invece rivolta verso "luoghi artistici" stilisticamente e concettualmente più vicini alle forme originarie della "rivoluzione industriale", esplosa nella seconda metà degli anni settanta in contemporanea con punk e post-punk.

Tutte queste correnti di rottura culturale condividevano le proprie origini nella cruda poetica urbana e nelle sperimentazioni rumoriste dei primi Velvet Underground. Per la definizione del paradigma industriale saranno parimenti importanti la psichedelia pinkfloydiana, i collage musicali di Frank Zappa, le gesta dei pionieri del kraut-rock (Can, Neu! e Faust in prima fila), dell'elettronica e della kosmische music (Kraftwerk, Tangerine Dream ecc.). Ricopriranno un ruolo determinante anche la "Metal Machine Music" di Lou Reed e tutta una serie di riferimenti colti come la musica concreta di John Cage, la drone-music di La Mount Young e la classica contemporanea di Karlheinz Stockhausen.
Dallo scontro-incontro di queste influenze scaturirà l'esperienza Throbbing Gristle (espressione che più o meno significa in slang "erezione fulminante", a marcare il carattere provocatorio dell'intero movimento).
UK, anno 1975: un manipolo di non-musicisti (Peter Christopherson era un grafico, Chris Carter un ingegnere del suono, Cosey Fanny Tutti si portava dietro persino un passato di spogliarellista e pornostar), capitanati dal folle art-performer Genesis P-Orridge, intese costituire la costola "musicale" del collettivo artistico COUM Transmissions. Tale movimento, esistente dal 1969 ed ispirato a dadaismo, situazionismo, azionismo viennese, Fluxus ecc., aveva come missione quella di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle contraddizioni e sulle aberrazioni della società occidentale attraverso performance estreme che sfociavano regolarmente in autolesionismo ed atti sessuali espliciti.
Con il progetto Throbbing Gristle si intendeva uscire dalle gallerie d'arte per raggiungere, tramite il medium della musica, un numero maggiore di persone. Si sposava quindi la causa del "rock" (noto per il suo conclamato "potere aggregante"), ma lo si faceva in modo anomalo, ponendo al centro di tutto l'utilizzo di sintetizzatori ed apparecchiature elettroniche (fra cui una forma arcana di campionatore messa a punto proprio da Carter) e l'impiego di quelle tecniche (manipolazione di nastri, registrazione e campionamento di suoni ambientali, rumore bianco, collage sonori ecc.) che fino ad un momento prima erano state appannaggio dell'avanguardia.
Da un punto di vista concettuale, l'industrial intendeva evidenziare le contraddizioni e gli eccessi della contemporaneità, vista come fase terminale di una lunga malattia che infetta l'umanità. La proposta dei Throbbing Gristle, conseguentemente, diveniva un ricettacolo delle peggiori nefandezze che la civiltà occidentale avesse potuto architettare nel corso della sua storia recente, dalle nevrosi delle metropoli all'alienazione della catena di montaggio, dalla guerra su scala mondiale agli eccidi di massa, dalla vocazione manipolatrice dei media alla pedo-pornografia.
Esce così, nel 1977, il celeberrimo "The Second Annual Report", pietra fondante di questo nuovo genere: un insieme di suoni ed ossessioni il cui potenziale non è stato ancora oggi esplorato fino in fondo. Il tomo (che come suggerisce ironicamente il titolo rappresenta semplicemente il compendio di quanto prodotto nel corso dell'anno precedente) raccoglie sia registrazioni in studio che dal vivo, a rimarcare il carattere anti-convenzionale dell'operazione: una prima facciata con le varie versioni di "Slag Bait" e "Maggot Death" (fra rumorismi di varia natura e declamazioni di voci aliene) ed una seconda con la sola "After Cease to Exist" (una esplorazione ambient di venti minuti che doveva originariamente fungere da colonna sonora per un film su Charles Manson).

Non ci dilungheremo nel descrivere nel dettaglio i contenuti di questa sorta di non-musica ispirata in ogni suo movimento dall'"estetica del brutto", poiché è il lato concettuale quello che deve essere ben evidenziato. E il concetto di fondo è che in questa cruda rappresentazione dell'alienazione tecnologica dell'età moderna l'Uomo viene messo ai margini, anzi, quasi del tutto eliminato.

Nel 1981, quando l'invenzione stava per divenire un cliché e dunque era ad un passo per smarrire il suo carattere rivoluzionario, i componenti dei Throbbing Gristle (complici anche i crescenti dissidi interni) decisero di separarsi, decretando il compimento della loro missione ("Mission is Terminated" è l'eloquente titolo della loro ultima pubblicazione). Ma la musica industriale sarebbe sopravvissuta alla morte della sua entità fondatrice, sia per mezzo di progetti che nel frattempo si erano affermati o stavano germogliando partendo dalle medesime premesse (Cabaret Voltaire, Whitehouse, Clock DVA, SPK, Z'EV ecc.), sia grazie a coloro che parallelamente stavano preparando il terreno alla new wave (Pere Ubu, Suicide, Chrome, i già citati Killing Joke ecc.). Con in testa act che avrebbero letteralmente ridefinito i canoni del genere come Einsturzende Neubauten e Laibach.
Da quella oscura supernova che era stata la “Fabbrica della Morte, sarebbe inoltre originato un universo "post" in grado di espandersi nelle direzioni più disparate: dal caos senza compromessi di harsh noise e power elettronics alle assenze patrocinate dal dark-ambient, passando dalle ritmiche meccaniche dell'EBM e dagli assalti frontali dell’industrial rock inizialmente citato.
Quanto a noi, cercheremo di districarci dalle spire di questi tentacoli ed andremo a battere un sentiero che ci condurrà, attraverso le Tenebre, nuovamente dentro gli abissi più profondi dell'Uomo (curioso, no?, se si pensa che il movimento industriale era nato per descrivere la disumanizzazione in atto nella nostra società e, da un punto di vista formale, aveva delegato tutto o quasi alle "macchine", limitando al minimo la presenza umana). Un tunnel sotterraneo, quello che andremo a percorrere, in cui, alla fosca visione del mondo che è tipica del movimento industriale, si sarebbero sovrapposti esoterismo, magia, culto della morte e persino torbide atmosfere marziali
Se siete svegli, vi sarà venuta in mente a questo punto la nostra rassegna sul folk apocalittico (o neo-folk o folk noir che dir si voglia), che non era altro che un'oscura progenie dell'industrial. Nella definizione del neo-folk come genere, non a caso, hanno ricoperto un ruolo di primo piano artisti e progetti appartenenti al genere industrial, e con questa nostra nuova rassegna non faremo altro che completare quel medesimo discorso: inevitabile imbattersi nuovamente nei medesimi protagonisti dell'epopea apocalittica, impossibile non trattare gli stessi temi in quanto le opere che andremo a scandagliare in questa circostanza costituiscono esattamente l'altra faccia della medesima medaglia...


Prossime puntate:

Psychic TV: "Force the Hand of Chance" (1982)

Current 93: “Dogs Blood Rising” (1984)

Coil: “Horse Rotorvator” (1986)

Lustmord: “Heresy” (1990)

Nurse with Wound: “Thunder Perfect Mind” (1992)

Blood Axis: “The Gospel of Inhumanity” (1995)

Brigther Death Now: “Innerwar” (1996)

MZ. 412: “Burning the Temple of God (1996)

NON: “God & Beast” (1997)

Der Blutharsch: “The Track of the Hunted” (2000)

Conclusioni