Ison è una di quelle splendide epifanie che il web ti svela quando meno te lo aspetti. Era l’estate del 2018 quando, a seguito dell’ascolto dell’ultimo strepitoso album dei Void of Silence, YouTube mi servì su un vassoio d’argento l’EP “Andromeda Skyline” degli Ison. Subito ne fui rapito: una sorta di ethereal-shoegaze spaziale (loro lo avevano battezzato cosmic-drone) illuminato dalla magica voce di Heike Langhans. Poiché oggigiorno tutto non può essere approfondito, gli Ison riaffondarono presto nell’oblio, ma ecco che la magia si è ripetuta con “Aurora”, ultima prova discografica del progetto. Manco mi ricordavo il loro nome, ma quando accidentalmente (sempre per una mandrakata di YouTube) questa musica è entrata di nuovo in contatto con la mia sfera cosciente, l’effetto è stato esattamente lo stesso: lo scoppio di voce e chitarre in “Jupiter”, dopo qualche minuto di introduzione ambient, è stato indubbiamente uno dei momenti più alti del mio 2021 musicale. E a questo punto non indagare sarebbe stato davvero un delitto… Formatisi nel 2015, e presto accolti nella scuderia della Avantgarde Music (la stessa dei Void of Silence – vedi che niente accade per caso?), i Nostri hanno all'attivo una risicata ma significativa discografia costituita da un paio di corposi EP (il debutto “Cosmic Drone” del 2015 e il già citato “Andromeda Skyline”, edito nel 2018) ed altrettanti full-lenght: “Inner-Space” del 2019 (in cui in un brano figurava niente meno che lo screaming di Neige degli Alcest a rappresentare un collegamento importante con il metal propriamente detto) e l’ultimissimo “Aurora” di quest’anno. Ma chi sono esattamente gli Ison? Gli Ison erano un duo svedese composto dal factotum Daniel Änghede e dalla compagna Heike Langhans. Parlo al passato non perché il progetto non esista più, ma perché di recente la Langhans ha deciso di abbandonare la nave, lasciando al comando il solo Änghede, rimasto titolare unico del progetto. Gli Ison, in verità, si sarebbero dovuti sciogliere, ma vuoi per la pandemia, vuoi per il tempo libero trascorso fra le pareti di casa, il buon Änghede si è ritrovato fra le mani un bel po’ di nuovo materiale, ed ecco dunque che "Aurora" vede la luce. Gli Ison si reggono oggi sulle spalle del solo Änghede, un peso che egli sembra comunque sostenere con agilità, considerato che il Nostro non è certo un novellino o uno sprovveduto, avendo prestato voce e chitarra ai mitici Crippled Black Phoenix (probabilmente la sua collaborazione di maggior prestigio) dal 2012 al 2019 e tenendo i piedi in mille altre staffe. Si segnala da un lato il progetto synth-pop/shoegaze Hearts of Black Science e dall’altro gli stoner-doom Cosmic Queen, con sullo sfondo le frequentazioni in casa Draconian (come ospite in un paio di album e bassista in tour). Tutte queste anime convergono nelle atmosfere sognanti degli Ison, che non a caso prendono il nome da una stella cometa. Una musica che è facile ed al contempo difficile da catalogare, trovandosi essa al crocevia fra cosmic music, dark-wave, shoegaze, post-rock e gothic-metal. Facile da descrivere perché tutte queste influenze confluiscono armoniosamente in un sound coerente e per certi aspetti fin troppo prevedibile. Difficile da inquadrare perché nessuna delle varie componenti prevale sulle altre, lasciando l’ascoltatore sempre incerto su cosa effettivamente stia ascoltando. Fra queste note si troveranno a loro agio tutti coloro che poco si curano delle etichette, ascoltatori di ultima generazione che non si crucciano se certo tipo di post-rock si indurisce fino ad acquisire connotati metal o se, al contrario, il gothic-metal esonda senza mezzi termini in territori ambient. Per esemplificare il tutto, amici metallari, basti dire che la ricetta piacerà senz’altro ai fan di Ulver, Anathema, Antimatter, The Gathering e The 3rd and the Mortal (per chi se li ricorda). Anche Chelsea Wolfe, citata come punto di riferimento dagli autori stessi, è indubbiamente un altro parametro utile ad inquadrare la proposta in questione. Il sound è a dir poco suggestivo: magico, ovattato, irreale, continuamente sospeso fra ballata intimista e crescendo post-rock. Ottima la produzione ed estremamente curati gli arrangiamenti. Egregio, ovviamente, il lavoro delle chitarre, che, riverberate, passano con disinvoltura da timidi arpeggi a profondi accordi e maelstrom sonori che sembrano provenire direttamente da "The Silent Enigma". Il passo blando di una drum-machine, un uso misurato dell'elettronica ed ariose tastiere completano il quadro. Una psichedelia spaziale fatta di note dilatate che si gioca tutto o quasi sul piano delle sfumature e che finisce per non annoiare mai, sebbene non vi siano da rinvenire particolari acuti o colpi di scena. C'è inoltre da dire che la dipartita della storica singer non incide più di tanto sugli esiti artistici del viaggio "in solitaria" di Änghede, ed anzi “Aurora” è da considerare probabilmente come il miglior album rilasciato dal progetto nei suoi sei anni di vita. Per portare a termine l’operazione il superstite Änghede ha deciso di non ricorrere ad un’unica sostituta, ma ad una intera schiera di ospiti: ben otto sono le (splendide) ugole femminili arruolate, una per ciascuno degli otto (splendidi) brani che allieteranno i vostri timpani per un’ora e dieci minuti di emozioni siderali. Fra nomi noti e meno noti, spiccano quelli di Cammie Gilbert degli Oceans of Slumber e Tara Vanflower degli inossidabili Lycia, rispettivamente impegnate in “Waves” (a parere di chi scrive l'episodio migliore del platter fra umori da ballata R'n'B e crescendo da lacrime) e nella conclusiva “Aquarian”. Sono della partita anche la pressoché sconosciuta Vila (autrice di una prova stellare nella già citata “Jupiter”), Lisa Cuthbert (già collaboratrice di Duncan Patterson in Antimatter ed Ion), la musa ambient post-metal (patrocinata niente meno che dalla Season of Mist) Sylvaine, Gogo Melone degli Aeonian Sorrow, Carline Van Roose dei Lethian Dreams e la pop singer Viola Petsch aka Circle and Wind. Ripeto: tutte fenomenali. Più che una recensione questa voleva essere una segnalazione per far conoscere una realtà a mio parere imperdibile, ma assurdamente ignorata dai principali portali di musica, forse per il proprio carattere di trasversalità che la condanna a scivolare via fra un’etichetta e l’altra. Ma se avete voglia di appartarvi un attimo con voi stessi, in una dimensione priva di punti di riferimento, di sicuro la musica degli Ison farà per voi! Stra-consigliati
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