27 gen 2021

METAL E LACRIME - Parte I: I "CLASSICI"


A volte mi chiedo come ci vedano dall’esterno i non-metallari. Forse come trogloditi senza gusto per la buona musica? O come disadattati sociali che sfogano le proprie frustrazioni attraverso quei suoni rozzi e molesti? Persone dal cuore arido, poco inclini alla emozionalità? Dei capelloni puzzolenti, insensibili alla melodia e alla dolcezza della musica?

Naaaah! Noi, che ci conosciamo meglio di chiunque altro, sappiamo che la stragrande maggioranza dei metal fans, tra un headbanging e un ammaccamento delle ossa in un bel pogo, ha un animo sensibile, gentile e solidale. E che le emozioni più forti, nel nostro genere preferito, le ritroviamo non solo nei riff taglienti e nelle ritmiche martellanti, ma anche (e forse ancor più!) nelle accentuate linee melodiche, nei delicati arpeggi in clean; per non parlare dell'ugola delle tante, e avvenenti, female singer che negli ultimi 25 anni abbondano nel mascolino mondo Metal.

Ed è per questo che, durante le vacanze natalizie, mi è venuto in mente di buttar giù quei brani che, nel corso dei miei tre decenni di ascolti metallici, mi hanno più emozionato. Fino alle lacrime

Eh si…perché poi sono quelle le canzoni che più ci hanno segnato nel corso della nostra vita di fruitori musicali. Quelle che ci hanno fatto piangere. Di gioia, di tristezza, di solitudine, di condivisione, di incomprensione…

Fermo restando che questa non è una classifica e che, ne sono ben conscio, qualsiasi lista stilata da ognuno di noi sarebbe diversa e con pari dignità, ecco una rapida (?) carrellata di brani che, di getto, maggiormente ho scolpito nel cuore per avermi fatto emozionare più di altre. 

Non vi troverete le classiche ballatone strappalacrime di cui erano tempestati gli album di tutte le band street/glam/AOR/hard rock. No, qui rimaniamo in un ambito fieramente metal…

Partiamo coi “classici”, quelle canzoni pubblicate prima del nuovo millennio e che hanno segnato, appunto, la mia adolescenza/gioventù. 

La prima song che mi ha fatto lacrimare fu…

     1)  Fade to Black” (METALLICA – “Ride the Lightning”, 1984). Ebbene si, i primi a farmi lacrimare con la loro musica nel mondo Metal furono i Four Horsemen. Bel battesimo, in effetti. “Fade to black” rimane a tutt’oggi la mia canzone preferita dei 4 di Frisco e una delle mie preferite nella Musica tutta. L’arpeggio iniziale ancora oggi mi fa tremare i polsi, il canto della chitarra solista ancor più. Le liriche, urlate a squarciagola in cameretta quando avevo si e no 15 anni, mi facevano immedesimare con pensieri, sensazioni e stadi d’animo del protagonista suicida. E quando, dopo aver urlato Death greets me warm / No I will just say good-bye!, partiva la conclusiva, catartica, accelerazione thrashy, da manuale, arrivavo sfinito e appagato dall’esperienza vissuta. Lacrime amare...

2)  Master of the Wind” (MANOWAR – “The Triumph of Steel”, 1992). Come abbiamo già visto nella splendida Rassegna sulle migliori metal ballad, i Re del Metal sono stati, almeno per un certo periodo della loro carriera, dei maestri nell’emozionare fino alle lacrime i propri fans. MotW è probabilmente il loro brano, in tal senso, più emblematico. La voce di Adams la fa da padrona, punteggiata da sporadici accordi di chitarra, di archi e isolati colpi di tamburo; un semplice arpeggio di acustica e gli arrangiamenti orchestrali guidano il chorus; il progressivo crescendo sonoro, dalla seconda strofa in avanti, ci dirige verso un climax sinfonico da pelle d’oca e al chorus ripetuto ad libitum. Chiudere gli occhi e immaginarsi a volare verso un arcobaleno, è davvero un attimo. Lacrime “true...

3) Eléanor” (THE GATHERING – “Mandylion”, 1995). Parlare di lacrime e non includere Anneke è come parlare di astronomia senza citare Galileo. Il primo verso di “Strange Machines”, la song capolavoro che apriva “Mandyilion”, già metteva in chiaro che si era davanti a un nuovo fenomeno che sarebbe durato nei decenni. “Eléanor”, seconda track del platter, fa ancor meglio. La Divina è la mattatrice, innalzando ai massimi livelli l’emozionalità, già di per sé elevatissima, del songwriting di Rutten&co. Basta, ancor oggi, l'attacco di quell’”underneath” del primo verso per sciogliermi in lacrime...Lacrimeça va sans dire, divine... 

    4) To Bid You Farewell” (OPETH – “Morningrise”, 1996). Ironia della sorte. La prima versione in cassetta che ebbi di “Morningrise” aveva solo 4 brani (e non 5). Si chiudeva con i 20’ dell’insuperata (insuperabile?)  “Black Rose Immortal”. Poi, un giorno, l’amico che me li aveva fatti conoscere mi disse: “Senti questa canzone: chi ti sembrano?”. Beh, dopo le prime note arpeggiate, risposi: “Cazzo, sembrano gli Opeth!”. Infatti, era “To bid you farewell”, epitaffio magico e delicato di quell’album-capolavoro. Ascoltata a volte per 3-4 volte di fila (il che voleva dire oltre mezz’ora, visto che dura quasi 11’!), ancora oggi mi commuove con il suo incedere progressivo, i suoi arpeggi mozzafiato, col basso di DeFarfalla che svolazza e pennella magici ghirigori. E con la sua accelerazione metal, quando già pensi che sia “solo” una “semplice” ballad. E invece è decisamente molto, ma molto di più. Lacrime intelligenti...       

     5)  For My Fallen Angel” (MY DYING BRIDE – “Like Gods of the Sun”, 1996). Cazzo ragazzi, se non piangete dopo aver sentito questa canzone vuol dire che al posto del cuore avete “un bidone dell’immondizia” (cit. G. Buffon)! Sorretto solamente dalle tastiere e dal violino del mitico Martin Powell, e ispirato a un poema Shakespiriano (“Venere e Adone”), il brano è guidato dal crooning profondissimo del buon Aaron Stainthorpe, che sembra parlarci direttamente dall’Aldilà. E tale da trasmetterci tutta la sofferenza, il distacco e il dolore di Questo Mondo. Lacrime morenti... 

     6) Weeping Willow” (IN THE WOODS… - “Omnio”, 1997). Già il titolo è tutto un programma. Basterebbe leggere i versi della prima strofa, senza neppure ascoltare la musica, perchè le lacrime salgano agli occhi spontanee. Se poi aggiungete la musica, beh…allora, oltre al salice, di piangente ci sarete pure voi. Baciati da uno stato di grazia compositivo che mai più si ripeterà, gli ITW elargiscono a piene mani emozioni in ogni solco dei 63’ di questo immane masterpiece che giostra senza soluzione di continuità tra post-black, ambient, gothic e avanguardia. Il tutto con un’accessibilità e fruibilità buona anche per l’ascoltatore non avvezzo a certo sperimentalismo metallico. Obscurity - will gently wipe away the tears of wasted seeds: lacrime spazzate via... 

     7)  The Curse of Fëanor” (BLIND GUARDIAN – “Nightfall in Middle-Earth”, 1998). Il capolavoro nel capolavoro. Un saliscendi emozionale che passa con una naturalezza imbarazzante da sfuriate thrashy a bridges cadenzati e melodici fino a un chorus che è quanto di più epico si possa volere. Per chi, come il sottoscritto, si è sparato (non senza difficoltà!) tutto il “Silmarillion” tolkeniano, rileggere in musica l’epopea del mondo di Arda, del suo antagonista principale (Morgoth), di Fëanor e dei suoi Noldor è come ascoltare la colonna sonora di una favola per adulti che ha segnato la sua vita…”I will take part / in your damned fate”! Lacrime elfiche... 

     8)  Hope For Us?” (SHADOW GALLERY – “Tyranny”, 1998). La voce del mai troppo compianto  Mike Baker ci racconta questa saga ("Tyranny" fu il primo concept album della band) che vedrà poi il suo continuum nell’altro capolavoro “Room V” (2005). Il brano ha quella leggiadria prog, quella delicatezza melodica, naturalmente tipica degli SG. Un tocco riconoscibile tra mille: il pianoforte iniziale già ci prepara a quello che arriverà, creando un tappeto, bissato dall’acustica, sul quale si inseriscono gli altri strumenti e la voce paradisiaca di Baker. Il chorus, da pelle d’oca e cantato in coro come da trademark della band, rompe gli argini della nostra scorza metallica. E a quel punto, le lacrime possono scorrere libere per il resto del brano. Lacrime senza speranza (?)... 

     9) Veni, Vidi, Vici” (VIRGIN STEELE - “Invictus”, 1998). Mamma mia che bella…i quasi 11’ di questo brano sono già stati descritti in maniera mirabile dal nostro Mementomori nella Classifica sui migliori album lunghi del metal (presenza strameritata, aggiungo!). Ma, personalmente, è la commozione che mi ha sempre suscitato che determina la sua presenza in questa Rassegna. Parte il primo verso (Are the wings of angels - all a lie?) con quella voce calda e delicata di David DeFeis e io mi sciolgo…e anche quando si arrochisce per frustarci col chorus (Gods of the night, Gods of Day! Lead me to another place!) il risultato è il medesimo. 11’ da bere tutto d’un fiato. Lacrime epiche... 

    10)  One Last Goodbye” (ANATHEMA – “Judjement”, 1999). Beh, in una rassegna come questa non mettere i fratelloni Cavanagh sarebbe stato un delitto. In "One Last Goodbye" ci ricattano moralmente: la morte di una mamma è sempre una tragedia, a qualsivoglia età. Se poi ci mettiamo che i Nostri rendono tale esperienza, nel testo come nella musica, in modo totalizzante e universale, il risultato di farci empatizzare con loro è facilmente e pienamente raggiunto. Il canto sofferto di Vincent (How i needed you / How I grieve now you’re gone) ci sbatte in faccia la durezza e l’irreversibilità della morte dei nostri cari. Quello che ci rimane da fare è ripensarli, sentire la loro mancanza che scava nelle viscere ma anche capirne il lascito (I still feel the pain / I still feel your love). Lacrime assolute...

E qui si concludono i 10 brani “classici” che mi hanno fatto piangere maggiormente. Chiaramente, come in ogni operazione di questo tipo, sono stato costretto ad escludere brani che, per intensità lacrimevole, avrebbero meritato di star dentro alla top ten (di getto mi viene da pensare ad “An Erotic Alchemy” dei Moonspell o “All This Time” dei Rage). 
Discorso a parte, poi, merita la miticaImprisoned in Flesh” dei Cathedral che, con i suoi 104” di unica intensità, mettono la firma in calce al loro grandissimo “The Ethereal Mirror” (1993). Il fatto che sia, appunto, così breve ed interamente acustica, non ci permette di racchiuderla nelle 10 ma, lo voglio sottolineare, non ha nulla da invidiare a tutte le altre songs (anzi…).

Infine, non si pensi che l’avvento nefando (?) delle derive nu/math/core/djent nel Nuovo Millennio abbiano privato il Metallo del suo aspetto più romantico ed emozionale. Per fortuna, anche questi ultimi due decenni ci hanno regalato brividi a profusione. 

E i brani lacrimevoli si sprecano…

To be continued...

A cura di Morningrise