31 gen 2021

METAL E LACRIME - Parte II: I "MODERNI"

 


Si cresce, si cambia…le responsabilità, della famiglia e del lavoro, cambiano le prospettive. Si diventa padri mentre i genitori invecchiano e diventano fragili e qualcosa dentro ti incrina la scorza e la sicumera della “immortalità” della gioventù. Cambi di stagione, li chiamano…

Quanto questo si riverbera nei gusti e nell’approccio alla vita? Tutto molto soggettivo, ovviamente.

Limitandoci al Metal, rispetto al passato, prediligo le composizioni lunghe, ipnotiche, circolari, rarefatte. Mi toccano in modo particolare. Ma mi spiegherò meglio, proseguendo il nostro discorso, con le 10 songs lacrimevoli dei “moderni”, uscite tutte dal 2000 in avanti…

Partiamo con…

1) Blood Brothers” (IRON MAIDEN – “Brave New World”, 2000). Ok ok, sembra una presa per il culo: parlo di “moderni” e piazzo come prima band gli Iron. Però, che ci volete fare? I c.d. Maiden al quadrato (per non dire “al cubo”) post-reunion a noi fanno emozionare. Tante le cadute di tono, ma tanti anche i “colpi di coda” magistrali a botte di 8-10 minuti per brano. Dal primo album dal ritorno di Dickinson, io continuo ad emozionarmi ogni qual volta ascolto “Blood Brothers”: sarà per il suo intro arpeggiato e soffuso, per il suo crescendo da manuale, per quel mood folkish, per quel bridge così toccante e profondo (Will we ever know what the answer to life really is? Can yuu really tell me what life is?), sarà per quel chorus tanto semplice quanto coinvolgente e “comunitario”…sarà perché gli Iron son sempre gli Iron…lacrime fraterne… 

   2) This Is Who You Are” (TRANS-SIBERIAN ORCHESTRA - “Beethoven’s Last Night”, 2000). Non sia mai che si parli di lacrime e non si metta dentro la grande famiglia Oliva. Se i Savatage sono già stati giustamente inseriti in ogni nostra classifica di “best of”, per questa rassegna scegliamo il riuscitissimo progetto Trans-Siberian Orchestra col loro capolavoro “Beethoven’s last night”. Fermo restando che i momenti da brividi si sprecano per tutta la durata del platter, decidiamo di scegliere "This is who you are" che mette assieme le consuete caratteristiche savatagiane, con in più il flavour e la grandeur orchestral-operistica. Pianoforte in bella evidenza, voce calda e profonda (l’attore-cantante Jody Ashworth), crescendo sempre più trascinante fino al rilascio finale. Lacrime teatrali 

     3)  Not Unlike the Waves” (AGALLOCH – “Ashes Against the Grain”, 2006). Non si può scegliere un’intera discografia, nè un intero album. E allora, fittizziamente, scegliamo questo brano. Con la consapevolezza che le lacrime dovrebbero scorrere per ogni nota rilasciata da questa straordinaria band dell’Oregon, stra-amata in redazione. Dopo averci deliziato e distrutto ogni nostra difesa con i brani-capolavoro “Limbs” e “Falling snow”, i Nostri piazzano il knock-out con "Not unlike the waves". Quando il suo arpeggio elettrificato iniziale, galoppante e supportato dagli altri strumenti, si placa per poi ripartire più furioso di prima, mentre da non si sa quali abissi salgono i versi Aurora swims in the ether / emerald fire scars the night sky (che bellezza! che poesia!). Gli In The Woods... di “Heart of the Ages” incontrano il post-rock e vanno oltre…in un unicum ancora oggi insuperato. Lacrime di resina

   4) Printemps émeraude” (ALCEST – “Souvenirs d’un Autre Monde”, 2007). Da quello che è probabilmente il capolavoro assoluto del black-gaze, scegliamo l’opener che racchiude in sé, elevandoli at-their-best, tutti i crismi e gli stilemi di quello che sarà uno dei sotto-generi di punta a cavallo tra le due precedenti decadi. Le chitarre fruscianti, zanzarose-il-giusto, gli arpeggi continui che li spezzano, gli stacchi acustici da brividi, i cambi di ritmo, la voce delicata, da fanciullo, di Neige (più uno strumento che altro, a rievocare tempi andati), gli umori depressive che non scadono mai nel patetismo, fanno di questo brano il miglior biglietto da visita per chi vuole approcciarsi a certe sonorità. Lacrime d’oltralpe 

     5)  Sorrow Never Dies” (PATHOSRAY – “Pathosray”, 2007). Spezziamo un pò l’umore della lista con qualcosa di più sostenuto. Il power-prog moderno degli italiani non rinuncia a linee melodiche che toccano da vicino il cuore degli ascoltatori: “Faded crystals”, “Scent of snow”, “Emerald city” ne sono un valido esempio (ma tutta la track list sarebbe da citare). "Sorrow never dies" supera tutte le “compagne”. Arpeggio oscuro che apre le danze, keyboards misteriose che vi si intrecciano; poi la voce calda e profonda di Marco Sandron parte bassa per poi sdoppiarsi su tonalità diverse che ci guidano al bridge (Victims of endless memories / Left on my own) che esplode in un chorus da pelle d’oca…gli assoli di Luca Luison aggiungono gloria alla gloria, mentre il basso di Fabio D'Amore ricama spesse trame. Tecnica, potenza & melodia in un tutt’uno ispiratissimo. Lacrime nostrane 

   6) Comatose” (AYREON – “0101101”, 2008). Scegliere un brano “lacrimevole” nella copiosa discografia di Lucassen è impresa improba. Dopo essermi stracciato le vesti nell’escludere diverse canzoni da pelle d’oca sparse in 25 anni di carriera, alla fine opto per l’asciuttezza intrisa di classe e pathos di “Comatose”, uno degli highlight del non abbastanza ricordato “0101101” (album magistrale, che ebbe l’ingrato compito di seguire il masterpiece “The human equation”). Il duetto tra la Divina Anneke e uno dei più grandi vocalist metal di sempre, Jorn Lande, è da incorniciare, così come il sottofondo di synth che li accompagna. Consigliatissima la versione live in “Ayreon Universe”, in cui la voce maschile è quella di Jonas Renske dei Katatonia. In ogni caso, lacrime intergalattiche 

     7)  One Last Goodbye” (SEVENTH WONDER – “Mercy Falls”, 2008). Per chi scrive, miglior album prog metal degli ultimi 15 anni. "Mercy Falls" è un’emozione unica, lunga 74’. 1h e un quarto di lacrime. Ma il climax lo si raggiunge probabilmente con questa ballad che narra lo spegnimento delle macchine che tenevano in vita il protagonista del plot (concept peraltro davvero intrigante). Karevik, da autentico fuoriclasse, ci ammalia con la sua splendida voce mentre, una volta libero dal sonno del coma, si lib(e)ra verso l’Aldilà (I’m flying high, aim for paradise / I’m hungry for life again). Lacrime misericordiose 

      8)  Abyssopelagic II – Signals of Anxiety“ (THE OCEAN – “Pelagial”, 2013). Potevamo lasciar fuori i Campioni del Metal “Moderno”? No, non potevamo…nell’esplorazione dell’Ambiente Marino operata dai Nostri, qui ci troviamo sotto i 4000 m di profondità (zona Abissopelagica, appunto), dove vivono esseri ciechi e senza colori. Cazzo, che ti prendano segnali di ansia direi che è il minimo…Robin Staps in realtà, usa questa “tappa” verso gli Abissi per descrivere un sogno. Il protagonista parla di una “lei” in riva al mare che osserva le onde. Se il testo è fortemente poetico, e alquanto ermetico, le clean vocals di Loïc Rossetti ci fanno entrare dentro le emozioni e i pensieri dell’uomo con una forza di penetrazione senza pari. Lacrime salate… 

     9)  Universal Flame” (DEVIN TOWNSEND PROJECT – “Z² - Sky Blue”, 2014). Positività, speranza, consapevolezza, amore (del resto, contribuisce Anneke e quindi l’amore non può mancare). Insomma è un Devin Townsend da “Baci Perugina” quello che si esprime in questo grandissimo disco che, come abbiamo già avuto modo di dire, ci presenta il canadese in versione “bipolarismo: risolto” (forse…). Già dall’accoppiata iniziale “Rejoice” + “Fallout” si capisce che qualcosa è cambiato. L’atmosfera è da ”cori da stadio”, abbracci&baci con il primo che ti sta accanto, un volemose bene generale che in "Universal Flame" trova il suo apice (Cause all I want is to be true / and say to all that I love you tonight). Con un sorriso estasiato (e un tantino ebete) stampato in volto, le nostre guance si rigano di lacrime universali 

   10) Dark Cloud’s Rising” (BLIND GUARDIAN – “Legacy of the Dark Lands”, 2019). A dimostrazione che il Metal tutto può, ci piace chiudere, così come fatto nella nostra Rassegna per il 50ennale del Metal, con un disco non-metal e metal al 101%. Il Guardiano Cieco, come già ampiamente dimostrato in passato, è capace di veicolare emozioni vere&pure in qualsiasi contesto. Anche quello orchestral-sinfonico. "Dark Cloud's Rising" è quanto di migliore composto dai Bardi di Krefeld nell’ultimo decennio, supportata da una prestazione di un Kürsch in stato di grazia. Fiati e archi come basso e chitarre, tamburi e percussioni come batteria…un afflato epico che si taglia con l’accetta, linee melodiche ispiratissime. Assieme a “Descending” dei Tool, la “mia” canzone del 2019…lacrime fantasy...

E siamo arrivati così alla fine di questa veloce Rassegna, (iper-soggettiva!), sulla capacità del Metal di fare emozionare a tal punto da portarmi alle lacrime. Come per la nostra prima puntata, anche per questa seconda, i “tagli” sono stati tanti e dolorosi. Di getto mi vien da pensare a "Bridge Theme" degli Everon e a "The Lonely Views of Condors" dei Sieges Even, due brani che porto sempre nel cuore.

Sperando di aver dato a qualche lettore lo spunto per soffermarsi e buttar giù una lista di songs per lui “lacrimevoli”, corro ora a rifarmi con qualcosa di un po' più allegrocontundente

A cura di Morningrise