"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

30 nov 2017

12 MESI DI METAL - SHADOW GALLERY: "GHOST OF A CHANCE (NOVEMBER)"



Che bello parlare degli Shadow Gallery!

Per chi scrive, ogni momento è buono per elogiare la band americana, apparsa a più riprese nei nostri post. Questa volta l’occasione ci è data dalla penultima track di uno dei (tanti) loro capolavori, “Tyranny” (1998), già inserito nella nostra Rassegna sui 10 migliori album delle cult band degli anni ’90.

“Tyranny” ha un ruolo particolare nella discografia dei Nostri in quanto è il primo concept album della band, mezzo espressivo tipicamente appannaggio delle grandi prog rock/metal band. Non è la sede questa per raccontarne il plot, peraltro alquanto contorto, e che vedrà il suo prosieguo in quell’altro disco mastodontico che è “Room V” (ultimo album in studio con Baker alla voce).

Ci basta qui sottolineare che le vicende del protagonista, The Man, sono poste in ordine “mensile”, da gennaio a dicembre. “Ghost of a chance (November)”, inserita appunto come penultimo capitolo del platter che si concluderà con la dicembrina “Christmas day”, è una canzone che potremmo definire tipicamente shadowgalleriana, guidata meravigliosamente nella sua parte iniziale dal piano di Chris Ingles e da un arpeggio di chitarra, che fanno da sfondo alla voce del mai troppo compianto Mike Baker.

La canzone non ha un chorus ma si fregia di strofe e bridges azzeccatissimi, nonché di pacate e sublimi melodie che si interrompono dopo 3’ e rotti per dare spazio, negli ultimi due minuti di running time, a una potente digressione strumentale che stilisticamente ricorda da vicino i Dream Theater; però con la solita differenza, rispetto a Petrucci&co.: e cioè che gli S.G. non sbulaccano mai né a livello di songwriting (che rimane sempre intelligentemente misurato e funzionale all’economia dell’intero brano) né a livello “cronometrico”. Rendendo il tutto molto fruibile e mai tedioso. Nel finale la sezione si placherà con delicate note di piano che “sfoceranno” naturalmente nella succitata, e altrettanto spettacolare, “Christmas Day”.

Come detto, soffermarsi sul testo della canzone è inidoneo, posto che senza il contesto dell’intero concept, esso perde totalmente significato. Ma una cosa la possiamo dire: del mese di novembre in realtà la canzone ci rimanda non tanto una descrizione esplicita, quanto un mood, una sensazione (provata in questo caso dal protagonista della vicenda, braccato e in fuga da spietati agenti governativi) di freddo, vuoto esistenziale. Una sensazione molto forte di perdita (“Inside I felt so empty / A stranger to this world so lost / and as the winter draws I’m turning north”).

Il dirigersi, il puntare verso nord (in questo caso il protagonista si trova nelle fredde pianure del Nord Dakota) sembra essere un topos; la destinazione che, per antonomasia, serve a ritrovarsi, a lasciare alle spalle cose e abitudini di cui non si ha davvero necessità e che magari fino a quel momento ritenevamo importanti. Del resto a Novembre si festeggiano i Morti e, nelle origini di questa festività, vi era il passaggio definitivo dall’estate, luminosa stagione, all’autunno, con i primi freddi e inequivocabili segni del prossimo inverno. Le giornate si accorciano drasticamente, si esce di meno e si riflette di più. Su di sé, sulla via da intraprendere per cercare di rendere la nostra vita più pregna e sensata. Come ha scritto mirabilmente il nostro Dottore nel post di ottobrein Autunno la vita si fa la tana. Per rinascere poi più forte, e in un certo senso più libera, dopo l’inverno.

Anche gli Shadow Gallery paiono esprimere questo concetto nei loro versi riferiti al protagonista del concept: “I’m leaving things behind I just don’t need / The only things in life of worth are free / To anyone’s who’s heard the call / and turned and walk away”.

Turned and walk away, ma da cosa? Nella storia di The Man descritta dagli S.G., da una consapevolezza di fallimento, dal non essere riuscito a fermare la spietata macchina governativa che adesso lo sta cercando. Più in generale il tema della fuga può essere visto come quella da una vita insoddisfacente che si sta conducendo. E andarsene. Verso Nord. Verso una terra fredda e inospitale (la destinazione finale del Nostro protagonista, dopo il Nord Dakota, sarà l’Alaska, tanto che il tema strumentale di “Ghost of a chance” rimanda proprio all’omonima canzone pubblicata nello straordinario “Carved in stone” del 1995).

Ma questa sofferenza e disagio sarà fondamentale per ritrovarsi. Tanto che la canzone chiosa con queste eloquenti parole: “Despite the nasty world I roam / Imagine going home…ghost of a chance”.

E’ il "fantasma", il miraggio di una possibilità, di un’opportunità di riscatto.

Quella di cui ogni uomo ha bisogno.

A cura di Morningrise