31 ago 2022

VIAGGIO NEL FUNERAL DOOM: COMATOSE VIGIL



Ventunesima puntata – Comatose Vigil: “Not a Gleam of Hope” (2005) 
 
Altro giro, altra girandola di emozioni. Abbiamo racchiuso nella prima decina di nomi gli “Essenziali”, coloro a cui dobbiamo l’esistenza del funeral doom. Non che la seconda decina di nomi sia stata da meno, anzi, a guardar bene molti di quei gruppi avrebbero avuto il diritto di presenziare nella prima sezione, ma del resto non ci può essere spazio per tutti. Giunti alla terza tranche, il nostro lettore continuerà ad incontrare lavori di alto livello, perché nel funeral doom la miglior band non è poi cosi diversa dalla peggiore: questo perché le maglie stringenti del genere impongono percorsi obbligati che richiedono alle band un grande rigore che di solito si va ad associare ad un necessario virtuosismo nel maneggiare, in modo credibile, certe sonorità estreme. La verità è che mano a mano che ci si cala negli abissi melmosi del funeral doom, si impara a guardar nel buio e ci si rende conto di dettagli ed elementi distintivi che con il tempo divengono grossi quanto case. 

26 ago 2022

AN EVENING WITH...IMPERIAL DECAPITATION AND CATTLE TRIUMPHANT (LIVE IN LONDON, 19/08/2022)


Mai come in questo caso mi sono ritrovato ad andare ad un concerto con così poca voglia di assistere all'esibizione della band che sarebbe salita sul palco. Quando qualche settimana fa esclamai, scoprendo l’evento in rete e comprando all’istante il biglietto, “Oh wow, gli Imperial Triumphant vengono in città!”, probabilmente avevo ancora in mente le buone impressioni che mi lasciò l’ascolto di “Vile Luxury”, loro terz’ultimo album. Ma era il 2018, sarebbero seguite la pandemia e molte altre cose. La pandemia nel frattempo mi ha reso un vecchio fragile, maggiormente propenso ad apprezzare proposte - come dire - cariche di emotività piuttosto che roba fredda e cervellotica. Ed ahimè l’avant-post-death/black-jazzato (o chiamatelo come diavolo volete!) degli Imperial Triumphant è quanto di più freddo e cervellotico ci possa essere oggigiorno. Ho provato a riattizzare la fiammella ascoltando l’ultima release discografica “Spirit of Ecstasy”, uscita quest'anno, ma nonostante i videoclip di “Merkurius Gilded” e “Maximalist Scream” siano indubbiamente simpatici, il mio gelo nei confronti del trio è rimasto tale. 

Nell’arco di tre album (da menzionare ad onor di completezza anche il penultimo “Alphaville”) i Nostri hanno a mio parere tracciato una parabola leggermente discendente, considerato che, una volta destata la curiosità con una proposta decisamente originale, la band non è riuscita a far evolvere più di tanto la formula. Coerenza o carenza di idee? Quel che è certo è che i Nostri fra la via della genialità e quella della rottura di coglioni sembrano aver scelto entrambe, ma almeno si può dire che la loro fan base è costituita da reali ammiratori e non da ascoltatori di passaggio attirati dall’hype del momento. Io, in verità, non so più nemmeno chi sono, ma spero tanto che la magia dei newyorkesi si palesi stasera sul piccolo palco del Dome

21 ago 2022

VIAGGIO NEL FUNERAL DOOM: HELLLIGHT


Ventesima puntata – HellLight: “As We Slowly Fade” (2018) 

Si completa la seconda decina di titoli che abbiamo selezionato per raccontarvi l’epopea del funeral doom. Se avevamo definito i primi dieci album come gli “Essenziali” era perché quei titoli avevano contribuito, più di altri, a descrivere i contorni di un nuovo sotto-genere. Questa seconda decina di album, invece, è servita ad illustrare al lettore come gli stilemi del funeral doom potessero essere modellati e come gli artisti ad essi consacrati potessero spaziare con estro e fantasia. Abbiamo visto i traguardi sinfonico/progressivi che il funeral doom ha saputo tagliare con band come Pantheist e Colosseum, abbiamo saggiato la variante blackish di Nortt e ci siamo persi con piacere nelle masturbazioni esoterico/psichedeliche dei Dolorian: nomi, questi, che hanno finito con l'assumere lo status di storicità all'interno del genere e che pertanto potevano benissimo figurare nel primo gruppo, se solo vi fosse stato spazio bastante per tutti. 

18 ago 2022

RECENSIONE: "THE TESTAMENT" (SEVENTH WONDER)


Io i Seventh Wonder li ascolto tutti i giorni. E per ‘tutti’ intendo proprio tutti, nessuno escluso.

Ho infatti inserito come soneria del mio smartphone un loro brano, "One Last Goodbye" tratto dal capolavoro “Mercy Falls” (2008).

Quindi, potete ben capire, sono emotivamente coinvolto nel trattare l’ultima fatica di Blomqvist e soci. Gli voglio troppo bene per non avere, verso le loro composizioni, un pre-giudizio favorevole.

Ma proverò in questa sede a far prevalere il lato analitico, della ‘ragione’, su quello del ‘cuore’.

E il responso, vi anticipo, non sarà lusinghiero per gli svedesi. E di questo mi dolgo non poco...

15 ago 2022

FERRAGOSTO (LUTTUOSO) CON I CLOUDS

 


Ferragosto con i Clouds, fra foschia, cieli grigi e lutti da elaborare. E come al solito voi direte: ma è il quindici agosto, santoiddio, potremmo avere qualcosa di più festaiolo, almeno per oggi?? 

Non so come voi abbiate trascorso il 2022, ma io, personalmente, l'ho passato ascoltando funeral doom. Lo ascoltavo che c'era ancora la pandemia, e forse questa immersione nella cupezza più assoluta aveva un senso nell'allinearsi agli umori del periodo, anzi dell'epoca, e alla sensazione di isolamento che ci pervadeva durante il lockdown e restrizioni varie. Lo ascolto ancora, il funeral doom, anche se di pandemia ad un certo punto si è smesso di parlare. Ma ecco che la piaga ha rialzato la testa e in ogni caso c'era già la guerra ad intorbidirci l'umore, e chissà cos'altro si aggiungerà a tenerci "allegri"...Non è dunque una cosa così fuori dal mondo trascorrere Ferragosto ascoltando i Clouds, che in fondo mi liberano dal senso di asfissia che caratterizza molte delle produzioni in ambito funeral doom e che mi proiettano, se non su una spiaggia assolata, almeno in refrigerati scenari di consolazione emotiva... 

11 ago 2022

VIAGGIO NEL FUNERAL DOOM: BELL WITCH



Diciannovesima puntata – Bell Witch: “Mirror Reaper” (2017) 
 
Come spesso capita, quando un nuovo genere si va creando è come se si navigasse a vista in una nebbia in cui mondi diversi si incontrano e, al netto di originalità, creatività e coraggio, fare il passo più lungo della gamba è frequente, soprattutto quando si naviga in acque estreme. Per il funeral doom questo avveniva verso la metà degli anni novanta, quando il genere cercava la sua via estremizzando gli stilemi del doom e accoppiandoli con la brutalità del death metal. C’è anche da dire che, rispetto alle faticose origini, il funeral doom ha saputo da subito fare enormi passi avanti, fiorendo definitivamente nel nuovo millennio: si è smesso di guardare a queste sonorità come qualcosa di strano e molte band, assunti e metabolizzati gli stilemi di base, hanno saputo spaziare e spiazzare, perfezionando il genere, portando nuove sfumature ad un universo sonoro che sembrava relegato all’estrema lentezza/pesantezza. 
 
All'interno di questo orizzonte sonoro, c'è chi ha scavato ulteriormente nell'abisso, chi ha preferito rifinire il sound ortodosso dei padri e chi invece ha preferito stravolgere quello stesso sound con personalità. Appartengono a quest'ultima categoria gli americani Bell Witch, che in pochi anni si sono meritati un grande rispetto fra gli addetti ai lavori con tre album degni di nota. Io stesso, che un addetto ai lavori in senso stretto non sono, se dovessi indicare il miglior album funeral doom degli anni dieci, mi pronuncerei in favore proprio di questo “Mirror Reaper”: un lavoro che, partendo dagli standard del genere, ha saputo andare ben oltre, divenendo qualcosa di unico nell’intero panorama metal (e non).  

6 ago 2022

METAL E VECCHIAIA: LA FATICA DI ESISTERE SUL PALCO


E’ tornata la stagione dei festival e dei concertoni estivi: una buona notizia, dopo due anni di stop forzato per via della pandemia

Andare ad un concerto è sempre una bella esperienza: chi ci legge sa che siamo spesso in prima fila per goderci le vibrazioni esalate dal palco, e per esperienza personale posso aggiungere di non essere mai tornato insoddisfatto da un concerto, nemmeno quando le band sono state oggettivamente pietose. Questo perché la dimensione live è complessa e mette in campo fattori diversi, non esclusivamente legati alla forma fisica o all’ispirazione di chi sta sopra il palco. 

Fatta questa premessa, ci permettiamo di appuntarci un po’ di impressioni su quelli che sono stati gli eventi a cui abbiamo avuto modo di presenziare fra giugno e luglio e che ci permettono di tracciare un trend sullo stato di salute del nostro genere preferito. 

1 ago 2022

VIAGGIO NEL FUNERAL DOOM: SLOW


Diciottesima puntata - Slow: "V - Oceans" (2017)  
 
Si diceva che non è facile descrivere il funeral doom, nel senso che non è sempre facile far emergere le peculiarità di una singola band laddove ci si muove entro canoni stilistici assai rigidi e stringenti. Per questo a volte è necessario ricorrere a delle espressioni forti ed azzardate, forse semplificatrici ed oggettivamente inesatte, ma utili ad inquadrare una determinata proposta. 
 
Se i Colosseum erano i Queen del funeral doom, gli Slow, sempre all’interno del genere, sono sicuramente i Pink Floyd. Detto questo, stiano alla larga i fan di David Gilmour e soci, perché i cinque brani di “V - Oceans” devastanti e compatti, in essi di pinkfloydiano vi è soltanto l'espansione del suono, brani lunghi, monumentali e l'ampio utilizzo di tastiere e chitarre sognanti che esondano volentieri in territori post-rock e shoegaze. Un equilibrio raro, quello raggiunto dal one-man project belga con il full-lenght numero 5, in quanto del funeral doom vengono intercettati gli aspetti essenziali, ma poi vengono convertiti in un medium volto all’espressione di un sound fresco e profondamente emotivo: c’è indubbiamente molta umanità, fra questi solchi, e finalmente non (soltanto) una attitudine depressiva ostentata ed artificiosa.