Ormai sono quasi quindici anni che la costola degli At The Drive In chiamata Mars Volta sta popolando il mercato discografico, cercando la miscela giusta tra hardcore, progressive e sperimentazione elettrica che permetta di convincere, ma a me qualcosa risulta sempre fastidioso.
Il fastidio primario è il tono della voce, acuto e stridulo come un bambino al mattino che si lamenta con il fratellino o innervosente come un capello in bocca che non riesci a trovare. Alcune idee sono apprezzabili, ma nessuno ha mai detto a questi ragazzi che il loro modo di cantare è urtante e si stanno facendo autogol?
I prerequisiti della loro discografia non sono male, anzi reclutano un produttore esplosivo come Alex Newport che ricordo accanto a Cavalera nei Nailbomb, ma decidono di avventurarsi nel sentiero progressivo con una dose eccessiva di improvvisazione.
Il debutto su lunga durata "De-loused in The Comatorium" ha qualità e, nonostante alcuni difetti che innervosiscono, è un disco che nasconde il germe di un gruppo dalle enormi potenzialità. Rick Rubin mette le mani su quello che sembra il lancio di una band destinata a prendere le eredità dei Van der Graaf Generator, passando per gli umori grunge degli anni novanta mescolato alla propulsione dei System of a Down, ma cosa succede? Cosa si inceppa?
Le cause sono fondamentalmente due: la prima è proprio questo disturbo che la voce porta, se avessero avuto un cantante di spessore che cosa sarebbero ora? Forse avrebbero toccato il successo dei Muse, ma con più attenzione dal mondo psichedelico.
Il secondo risiede nel delirio di onnipotenza che prende il gruppo già dal successivo: "Frances The Mute". Disco che è un mescolone delle influenze più disparate con poche e lunghissime tracce in tipico stile progressive settantiano.
Mal di testa e nervosismo garantito, tanto che questa capacità di mettere di cattivo umore è insopportabile! Proprio quando un passaggio ti inizia a colpire, ecco che arrivano altri settecento strumenti o controtempi che ti fanno dimenticare le emozioni che stavi provando. Un delirio di onnipotenza che vuole allungare le canzoni, mescolare influenze, innervosire l'ascoltatore e perdere la voglia di concludere un album.
D'altronde se hai origini portoricane, messicane, texane e possiedi immense doti tecniche, cresci in un mondo multietnico e metropolitano, non puoi che voler aggiungere cose alla tua vita e alla tua musica.
Il gusto complessivo però resta sempre acidulo, come rovesciare una tazzina di zucchero nel minestrone di verdura, ma siamo sicuri che ci stava bene? Provare e riprovare, affiancare e forzare le sonorità, aggiungere strumenti dove c'era già un gran casino, ma siamo sicuri che la piacevolezza resta?
Come quel pittore che diventa artista e sperimenta accostamenti arditi, così i Mars Volta perdono la tavolozza dei colori nel cesso e mentre la cercano, pescano la merda nello scarico e la mettono sulla loro tela. Ripeto: siamo sicuri che ne valeva la pena?
Questa ossessione di essere totali ad ogni costo si respira anche in "Amputechture" dove la noia è padrona, ma una noia fastidiosa. Non c'è quella sensazione di noia impiegatizia, ma quella noia che provano le maestre di asilo quando tutti i bambini, per l'ennesima giornata, piangono contemporaneamente e si sente lo sfiato di merda dai pannolini.
Una noia che urta, ecco cosa sono i Mars Volta nel 2006 e tutto quello che avevamo apprezzato nel debutto sembra perso nei meandri della loro onnipotenza.
Quando li davamo per morti e sepolti dal loro stesso mare magnum, pescano però dal cilindro un disco onesto: "The Bedlam In Goliath". Pensavano di poter stupire il mondo dopo il loro debutto, ma voltandosi nel giro di 5 anni si sono accorti di non stupire più nessuno, perché il fastidio e la smania non piacciono a nessuno. Come grattare una forchetta sul piatto non è avanguardia, ma rottura di coglioni, così si sono resi conto di aver perso la bussola (si fa per dire perché l'anno dopo esce già un nuovo disco inutile come "Octahedron").
Quattro anni fa si chiude la loro attuale discografia con "Noctourniquet", anche se si capisce che quel piatto sensazionale del loro debutto resterà una pietanza unica nel suo genere.
Ormai però i Mars Volta sono ai margini dell'attenzione che avrebbero potuto attirare, forse perché troppo complicati? Forse perché troppo profondi? Forse troppo di tutto? Forse solo perché hanno rotto il cazzo e qualcuno non glielo ha mai detto in faccia!