Avrò ormai una decina di
volumi che, trattando di Black Metal in varia forma, dicono la loro
sulle origini di questo genere-movimento, al netto delle sue varie
articolazioni e derivazioni.
Ormai su questo la
pubblicistica è omologata: il Black sarebbe iniziato nientemeno che
con i Venom, che già formularono nell'arco di un anno il manifesto
del genere (con il disco omonimo), seguiti da Celtic Frost, Bathory e
perfino alcuni italiani e brasiliani.
Certo, mi si permetta di
dire che: a) io c'ero, e di black metal non si parlava, né dopo
l'uscita del disco, né a distanza di dieci anni dall'uscita del
disco; b) i Venom fecero scuola limitatamente ad un approccio non
tecnico al metal, che ebbe seguito più tra gli esordienti, che
facevano di necessità virtù, più che produrre un filone
stilistico; c) i Venom stessi, a quanto pare inconsapevoli di ciò
che avevano sancito con il loro presunto “manifesto”, cercarono
di spostare il loro stile in varie direzioni, e si persero per
strada; tornati anni dopo, e a più riprese, anche in piena epoca
black metal, non mostrarono di allinearsi minimamente con il genere
così come si era sviluppato.
Se mi chiedete dove e
quando nasce il black metal, da una formula che conteneva anche un
ingrediente Venom, io ho idee precise, ma prima che questi spunti di
fine anni '80 diventino stile consapevole e sistematico ci vorranno anni. Scopriamo che c'è il black metal con i Darkthrone del 92 e con
i Mayhem postumi a Euronymous, che escono dopo.
Ma rimaniamo sulla verità
giornalistica, che ha ormai le sue derive incontrollabili. Da
Metal-Archives ad esempio si può apprendere che nel 1989 esistevano
già 295 gruppi il cui stile è descrivibile senza mezzi termini come
black metal, in tutto il globo. Così scopriamo che c'erano gruppi
nei primissimi anni '80, come i Bulldozer, Sodom, etc
Le date vanno in generale
corrette per quella inevitabile distorsione che vuole la data di
inizio attività di un gruppo coincidere con la sua “formazione”,
evento storicamente indefinito, e non almeno con la prima
pubblicazione ufficiale. Così i Sodom finiscono nell'81 anziché
nell'85 (primo EP), i Bathory un anno prima etc. Passi la voglia di
affermare che i propri idoli esistevano già da prima che fossero
notati, ma obiettivamente i primi passi e le prime pubblicazioni
sciolte di un gruppo neoformato possono non avere ancora nessuna
forma precisa rispetto a ciò che poi sarà.
Detto questo, ci
cospargiamo il capo di cenere per il non aver notato che il black
metal già imperversava nei bistrattati paesi del terzo mondo: in
pieno comunismo, nel 1977 in Cescoslovacchia esistevano i Thoerr, e
in Polonia i Kat. Andiamo a controllare: sì, dall'84 in poi alcuni
demo, ma il primo disco per i Thoerr è del 1990; i Kat esordiscono con
“Meta and Hell” nell'86, e ci può stare in Polonia. Essi
suonavano una cosa che si chiama heavy metal, a meno che il termine
Hell non sia decisivo per la classificazione retrospettiva di un
gruppo come proto-black...
Ho vissuto comunque
minuti orribili, nel senso di colpa più cocente, per aver ignorato
l'esistenza di almeno una decina di gruppi proto-black dall'80
all'88. Come hanno fatto a sfuggirmi i brasiliani Vulcano? Sarà
soltanto perché cadono nel thrash slayeriano come mille altri gruppi
di quell'epoca, quando iniziano davvero a cimentarsi con gli album?
Quel che vale per Sodom, Kreator, Destruction vale anche per i
minori: stanno al thrash tecnico come il duplo sta ai lego, e quindi
musica per dita più grosse o inesperte.
Ciò detto, ancora ho dei
dubbi. Vada che mi siano sfuggiti nel 1989 i Vulva di Capra norvegesi, già il panorama era affollato, ma perché non ho memoria
dei Topa Nera, olandesi del 1982? - tre demo dal 1986 in
realtà, e poi l'oblio. Soprattutto, perché non
gridano allo scandalo i 666, presentati come la prima black metal
band di fatto della Norvegia nel 1983? Che, penso in buona fede,
pubblicano i loro live (di dischi manco a parlarne, nella più
autentica tradizione del black “assente” commercialmente) solo
nel 1998 e nel 2003, per farci sentire un reperto interessante di
punk-speed-metal (che ci siano dei live occulti solo per iniziati, e
questo sia solo l'assaggio?). Più vicini al centro allora i 666 di
Praga, che davvero nel 1983 pubblicavano demo con foto semiserie di
uno che flagella una schiava con la chitarra impugnata a mo' di
clava, e testi genericamente beceri a-là-slayer prima maniera.
Mi devo arrendere di
fronte ai blackster Veneno Maldito, dal Perù, che rilasciarono ben
un demo nel 1983, recensito pare solo anni più tardi su una rivista
Argentina. Ma il mistero è chiarito: i nostri di fatto si sciolsero
per formare gli Hastur, con cui incisero un demo e un contributo ad
una compilation negli anni seguenti.
Ma il black metal, lo
sanno tutti, inizia in Malesia, ed è lì infatti che bisognava
andare a cercare il capo della corda infame. Blackfire, attivi dal
1981 sotto falso nome, ma poi finalmente con il glorioso nome in
questione dal 1984. Lasciamo perdere che la prima pubblicazione è
del 2006. Nell'aria c'erano, e si propagarono fino alla Norvegia, con
i loro ferormoni, per gettare il seme di tutto quello che sappiamo.
Per chi volesse, ci sono
anche altri nomi, basta fare ricerche mirate. Non troverete però mia
nonna, che aveva una batteria in pentole di acciaio 18/10 su cui era
scritto “black metal”, ma non fu presa in considerazione; né mio
nonno, che si comprò la 600 di un allora pionieristico “metallizzato
nero”, ma gli annali non so perché non lo menzionano.
Ora, capite che queste
ricostruzioni e classificazioni mettono fuori strada. E allora, come
si fa a sapere quando è nato il black metal? E da quali dischi e
gruppi esattamente? Ebbene, qui entra in ballo la conoscenza della
filmografia di Tomas Milian.
Già citammo il ritorno
del Monnezza come paragone con le reunion dei gruppi quando nascono
male, e ci onoriamo di citarlo nuovamente a proposito delle origini
del black. Un modo alternativo di comprendere le origini del black è
quello di studiare il reflusso, cioè quella parte del movimento che
mostra di voler fare come i salmoni, nuotando contro corrente per
arrivare dalla foce alla sorgente. Il reflusso è un fenomeno
ciclico, poiché quasi sempre a ondate di innovazione o
contaminazione segue una contro-ondata, riforma e controriforma. Se
la riforma del black è coincisa, nel tempo, con la variante
sinfonica, poi con quella industrial, poi con quella folk, e così
via; il reflusso è rappresentato dal concetto di “vecchia scuola”,
che aleggia come uno spettro su tutto il panorama black metal. Se uno
dovesse dirlo, appunto, la vecchia scuola era quella coincidente con
i primi o secondi lavori delle bands storiche scandinave. E però, in
quest'accezione, è una scuola che è davvero durata poco, con metà
insegnanti già morti e in carcere subito al secondo anno, e i
giovani allievi già in cattedra. Ad un certo punto i Darkthrone
hanno una trovata geniale, e cioè costruire una storia di questo
movimento delle origini, ridotto all'osso dall'incalzare delle
innovazioni, e lo chiamano “The underground resistance” (2013). Ci sono
la vecchia scuola e la resistenza sotterranea. La vecchia scuola è
una fonte di marciume polivalente, che ha vita breve proprio perché
non esprime un rilancio o uno slancio, ma una parabola che va in
picchiata verso la morte assoluta, o addirittura il post-mortem
freddo e statico. E' il “too old too cold”, o anche quel concetto
ridondante dell”old funeral” (primo nome di una band di
Vikernes), in cui c'è la morte,e per giunta è anche vecchia!. E'
il concetto di attrazione e ricerca del senso in ciò che non è
presente, che non stai vivendo, che è già passato e morto, e nel
processo che lo ha distrutto, annientato, seccato. Si salta a piè
pari la poetica della decomposizione del death, per un rapporto
diretto e mirato al concetto di non esistenza, di trapasso consumato,
di residuo secco, polvere, ombra.
Il bello è che tutto ciò
non è mai esistito veramente. E' esistito nel momento in cui i
Darkthrone lo vanno teorizzando, perché è un concetto chiarito nel
tempo. Ma all'epoca non esisteva. Non è mai esistita una Vecchia Scuola, o meglio sono esistiti i Maestri di quella scuola; non
c'è stata una seconda generazione. La resistenza underground esiste
solo nell'immaginario complementare a quello della vecchia scuola: un
manipolo di eroici fedelissimi che porta avanti il discorso delle
origini, rifuggendo adattamenti e imbastardimenti. Ma tutto ciò si
definisce molto meglio nel tempo, e quindi la vecchia scuola,
paradossalmente, prende vita e si definisce “dopo” la nuova
scuola.
Ad un certo punto gli
amanti di Tomas Milian si sentirono chiamati in causa dal “Ritorno
del Monnezza” un film che voleva riesumare il personaggio del poliziotto parolacciaro e coatto. Ma è come per la “old school”
dei Darkthrone... quando mai è esistito? Il poliziotto in questione
era il commissario Giraldi, alias Nico er Pirata. Invece il
“Monnezza” era sempre Milian in due altri personaggi di ladri di
borgata, “Cecioni Quinto” detto appunto Er Monnezza, in un
singolo film isolato con Pozzetto; e uno dei fratelli Marazzi (fratello
del Gobbo) alias Maraschi in un altro film, ma sempre con lo stesso
aspetto. Quindi il Monnezza non torna assolutamente, è un nuovo
personaggio chiamato se mai Nico “er Monnezza”, mai esistito
nella versione originale. Così come non è mai esistito il black
metal old school.
Quell'old (vecchio) va
quindi inteso in altro modo, come qualità, non come cronologia.
L'unica cosa che è chiara del Monnezza è l'avvertimento : “So'
amari cazzi, quel che fanno li Marazzi!”, ma soprattutto la
bellissima poesia di Gioacchino Belli che recita in mezzo al
ristorante:
impastati de mmerda e dde monnezza.
Er merito, er decoro e la grannezza
sò ttutta marcanzia de li Siggnori.
Cristo creò le case e li palazzi
p’ei prencipi, i marchesi e ’ cavajjeri,
e la tera pe nnoi, facce de cazzi.
Come evitare che vengano
in mente le opere di Theodor Kittelsen, quelle che ritraggono lo scheletro
del viandante, o i troll nascosti dei soppalchi di vecchie cascine,
il quasi nulla del presente con segni di caducità e di morte secca
tutto intorno? Con in più, direi, quel piglio autosarcastico che
poi sarà sublimato nel Depressive, ovvero sia in due parole “tutto
questo schifo è per noi”. Insomma, la vecchia
scuola è brutta, sporca e cattiva.
Ma ciò di cui sono sicuro è che
esiste quando si comincia a parlarne, mentre che sia originariamente
esistita è un mistero. E non vorrei scambiare Monnezza per Giraldi
in queste ricostruzioni troppo facili.
Si cadrebbe in
quell'equivoco di quei film seriali in cui il secondo capitolo è
segnato come Parte II, ma in realtà non esiste alcuna Parte I,
perché a suo tempo fu denominata in altra maniera. Oppure, stessa
cosa, titoli in cui il numero II è omesso proprio perché non
esisteva ("Missing in Action" con Chuck Norris), creando però una gran
confusione con il numero I nel titolo originale (Missing in Action,
da noi “Rombo di Tuono”). Ora abbiamo il Black Metal Old School - parte II, senza sapere esattamente che nome dare alla parte I.
Sicuramente, e
ciclicamente, ci sono realtà che si richiamano in maniera
reazionaria a qualcosa di opposto al progresso, alla futura
evoluzione e alla soddisfazione di esserci oggi. E rivendicano invece
la poesia del passato, delle distanze, del brullo e della carenza di
tecnologia. Ma non di un passato reale. Per esempio, le Legiones
Noires francesi cantavano di “vecchio sangue imperiale” a
indicare un senso di antica nobiltà perduta alla fonte del
sentimento black: ma quale antichità era concepibile ad appena due anni dall'uscita di “De Mysteriis....”? E' la stessa antichità
pseudo-medievale che c'è già nei Mayhem, nel bianco e nero delle
copertine già da Deathcrush... un sentimento di antichità maledetta
e nobile, retrograda e più vera, essenziale e nebbiosa.
Infatti ascoltare i
Legiones Noires è più bello oggi che allora, perché oggi hanno
anche un senso cronologico, sono più verosimili. E qualcuno potrebbe
credere che siano parte di quella famigerata Underground Resistance
di cui cianciano i Darkthrone. D'altro canto invece qualcun'altro
potrebbe pensare che questa vecchia scuola ormai sia portata avanti da tre gatti e che quindi non esista per esaurimento nel tempo di
un filone che ormai non ha più senso di esistere.
Sono come quegli scenari
futuribili in cui l'umanità regredisce ad una dimensione sospesa tra
le armi bianche del medioevo, il glamour degli anni '80 e
l'ultramodernità residua di un mondo tecnologico distrutto.
La verità come sempre
supera ogni immaginazione, e ripartiamo quindi da qui. Escono i
Mortem, con Hellhammer ai tamburi, titolo Corvo nero ("Ravnsvart"), argomento
classico di conversazione tra norvegesi. Il disco esce nel 2019 dopo un
intervallo che va indietro fino al 1989, epoca di un demo prima di un
silenzio trentennale. Questa creatura è un buon esempio di “old
school”, poiché si preoccupano del recupero della vecchia scuola
ben 30 anni dopo, ma soprattutto neanche esistono veramente a livello
discografico quando, nel 1989, interrompono l'attività. La vecchia
scuola di se stessi, che esiste di fatto però soltanto adesso.
Su questa scia potremmo
indicare una serie di bands che, con varia cronologia, suonano fuori
dal tempo, negli interstizi tra gli stili, evitando una stato unico,
ma anche di uscire dai canoni, come un topo che si muove tra i mobili
di una casa, imbuca dentro il muro e sbuca dalla cantina.
Sono gli abitatori di una
“vecchia stanza” che non è mai esistita, i topi nel muro di cui
parlava Lovecraft, incrostazioni di altri tempi d'esistenza, che
sporcano il presente e lo rendono vero con la loro testimonianza di
morte.
Forse è questo il black
vecchia scuola, un black senza tempo. Ma forse sono anche queste le
origini del black, a cui attingono senza tempo reale i Mortem del
1989 così come quelli del 2019, e a cui forse attingevano anche i
gruppi ante-litteram.
E' questa la resistenza underground di quei
furbacchioni dei Darkthrone a corto di idee: resistenza inutile e non
necessaria, perché “non può morire ciò che in eterno può
attendere”, come diceva sempre Lovecraft.
A cura del Dottore