Ma quando si inizia accettando di misurarsi con il “grezz metal”, poi ci sono solo sorprese in positivo. Ed è così che gli Immortadell si evolvono e cercano di dare alla loro parodia una forma letteraria più fine e sorniona, non senza rinunciare alla scurrilità gratuita, perché è quella che in fondo anche il parodista più fine va cercando segretamente.
Quindi in “Batteri” (sul tema della scarsa igiene) si coverizza “Battery”, ma scegliendo comunque di raccontare un testo assurdo, non semplicemente di sparare oscenità. Si generano ritornelli parodizzati come “sopr' a tazz' u cess' / me chiedon' o' permess /chien' chien' e bat-te-rì !”... senza poi far mancare momenti squisitamente gratuiti “io uso u lanciafiamm' / e vaffammocc' a mammt “.
Qui insomma il pretesto è il gioco linguistico, e benché la ragione ultima sia poter finalmente degenerare in una gratuita scurrilità sessuale, questa soddisfazione è riservata per il finale, e prima si sviluppa invece pazientemente il tema parodistico.
Le espressioni dedicate a mammt stanno particolarmente a cuore agli Immortadell, e sono irrinunciabili quasi in ogni loro testo, con varianti più o meno fantasiose.
A questo proposito, un altro esempio di parodia scurrile evoluta è la cover di “Shot in the Dark” ("A ciaciott' de mammt"), in cui il lo sparo nel buio diventa un proiettile di altra natura, che effettivamente in inglese si indicherebbe come “shot”. Un progresso ulteriore, che da Batteri/Battery, semplice omofonia, porta a shot/schizzo, sinonimia del termine inglese tradotta poi in pugliese foggiano. Gli Immortadell dimostrano alla fine qualcosa di fondamentale, e cioè che per ridere del metal si deve innanzitutto saperlo suonare a menadito. Avete presente quegli sketch sui metallari in cui siamo ridicolizzati come quelli che suonano in maniera approssimativa o cacofonica, al limite del rumore assoluto: ecco, quelli non mi hanno mai fatto neanche sorridere.
Gli Immortadell invece sviluppano la semplice idea di accostare la seriosità del metal, a cui rendono onore con un'esecuzione impeccabile di cover, se i testi parlassero d'altro. Idea semplice ma efficace, e soprattutto sostanzialmente rispettosa.
L'apice di tutto ciò è, a mio avviso “Va mur au larg”, cover di “Peace Sells” dei Megadeth. Qui almeno in gran parte si lascia perdere la volgarità. Si sceglie una linea vocale, ma soprattutto una performance vocale di riferimento, quella di Mustaine, che si adatta bene alla resa parodistica in foggiano. Laddove Mustaine pronuncia le parole con quel suo tono sofferente e isteroide, nasce spontaneamente il foggiano, con i suoi dittonghi sordi che colpiscono come un uppercut di un peso massimo. L'espressione “What d'you mean....” è resa perfettamente a livello sonoro con “Che s'ignific'”. Qui è l'intera prosodia e fonetica che è traslata, rispettando però anche il contenuto del testo, in qualche misura.
E se tutto questo fosse poi non lontano dalla verità? Sentendo i testi tradotti, ci farebbero ridere? I vari “fuck” o “motherfucker” di cui sono piene le canzoni sono forse così distanti dalle volgarità parodistiche degli Immortadell? In fin dei conti il messaggio linguistico dei pugliese non è banale: quanto più un linguaggio è vicino a al concreto e al quotidiano, tanto più fa ridere; tanto più è separato da barriere glottologiche, o di formulaicità, che lo rendono misterioso o sacro, tanto più siamo noi seriosi nel recepirlo.
E chissà che alla fine non siamo proprio noi, non anglofoni, a perderci qualche spassosissima volgarità inglese, che magari ripetiamo a memoria con le braccia alzate, seri come monaci che recitano un mantra.
A cura del Dottore