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16 lug 2025

VIAGGIO NEL DUNGEON SYNTH: SOLANUM

 


Verso l'Eternità: Solanum, “Spheres of Time” (1997) 

I Depressive Silence non hanno avuto solo il merito di aver dato alla luce uno dei lavori più belli dell'intera epopea del dungeon synth ("Depressive Silence [II]", anno 1996), ma anche quello di aver "figliato" ed essersi rigenerati attraverso due dei progetti più importanti per il genere. 

Dalle ceneri del duo tedesco, scioltosi nel 1997, sarebbero infatti emerse le esperienze soliste dei due membri originari B.S. e Ral, ossia i Solanum e i Gothmog. Entrambi i progetti verranno inclusi nella nostra rassegna. 

Partiamo dai Solanum di B.S., il quale ha preceduto il suo ex compare di un anno nel rilascio del suo debutto "discografico" in solitaria. La preziosa eredità dei Solanum si condensa nei pochi di anni di attività di inizio carriera: breve arco temporale in cui hanno visto la luce le due demo "
Spheres of Time" del 1997 e "Spectral Poetry" del 1999, entrambi ottimi lavori che mettono allo scoperto il talento del loro autore nel maneggiare quelle sonorità che un giorno sarebbero state etichettate come dungeon synth. 

Di B.S (tale B. Schmidt) non si sa molto, anzi quasi nulla: fino al 1999 ha militato nei Mightiest, formazione black metal da cui i Depressive Silence erano scaturiti come costola atmosferica. La sua fama si lega soprattutto alle tre demo con i Depressive Silence ed alle prime due rilasciate con la sigla Solanum. Il progetto, dopo un lunghissimo periodo di inattività, sarebbe resuscitato in anni recenti, ma vedremo in seguito se ne è valsa la pena aspettare così tanto tempo per ascoltare qualcosa di nuovo da parte dei Solanum. 

Torniamo alla seconda metà degli anni novanta. Non è dato sapere i motivi per cui l’esperienza Depressive Silence - innegabilmente vincente - sia stata così presto archiviata né le ragioni per cui i due musicisti, così apparentemente affiatati, si siano infine separati. Se tuttavia dovessimo ipotizzare eventuali divergenze che hanno portato ad inconcilianti visioni artistiche, allora le ragioni della scissione sarebbero chiarissime. Le proposte dei due progetti, molto diversi fra di loro ed animati da sensibilità decisamente distanti, rappresentano infatti alla perfezione le due opposte e complementari anime artistiche dei Depressive Silence, come se fossero due facce della stessa medaglia: tanto eleganti e maestosi i Solanum, quanto scarni e marziali i Gothmog.

Giungiamo dunque alla musica. "Spheres of Time" è autoprodotto da B.S. ed esce nel 1997 in 75 copie, per poi essere ristampato l'anno successivo in una tiratura più ampia di 200 copie (appartiene a questa seconda versione la copertina che ho deciso di utilizzare per la presente rassegna). A scapito di un logo “spigoloso” in copertina che potrebbe ricordare quello degli Enslaved (ad opera dell'ex sodale Ral), B.S. sembra catturare alla perfezione il lato più "radioso" e meno black metal dei Depressive Silence, ossia quella che era stata l'indole più aperta e fantasiosa del duo, espressa soprattutto nello scorcio finale di carriera dopo un principio quasi black ambient. 
 
Lo si capisce subito dagli otto mirabolanti minuti di "An Illusion of Time", imponente opener di "Spheres of Time". Il brano fa infatti venire in mente i movimentati passaggi di quello che fu il commiato al mondo dei Depressive Silence, ossia la splendida traccia di chiusura di "Depressive Silence [II]" "Dreams" e che abbiamo già definito come uno dei momenti più entusiasmanti del dungeon synth tutto. E non è da meno questa "An Illusion of Time", utile indizio di quello che sarebbero stati i Depressive Silence se avessero deciso di continuare ad esistere. Danze di folletti (mia interpretazione personale) irrompono al suono di archi sfregati con vigore (altra mia interpretazione personale), possenti tappeti di tastiere prendono il sopravvento dischiudendo paesaggi delineati della fervida immaginazione dello scrittore fantasy più ispirato, fra epici flauti e cori avvolgenti. Lo schema è quello vincente della sopra citata "Dreams", con l'alternarsi di temi melodici sempre azzeccati, momenti in crescendo, fasi di quiete per riprendere fiato e ripartenze che riaccendono la verve in una sorta di ciclo che sembra tendere a sensazioni universalizzanti. Colpisce la nitidezza dei suoni, aspetto questo che rende ancora più facile per l’ascoltatore immergersi in mondi di illibata bellezza. 

Come spesso mi capiterà di dire in questa rassegna, non è semplice descrivere questo tipo di musica - una musica che sfugge dalle ordinarie categorie di giudizio e che suscita sensazioni estremamente soggettive - ma trattandosi dopotutto di una manciata di minuti, fate prima ad ascoltarli, tanto più che a mio parere si tratta di un altro momento da top-ten dell'intero dungeon synth. 

E non si creda che il bello di questo breve lavoro (poco più di 26 minuti) si concentri nella prima traccia in scaletta: "Spheres of Time" si sviluppa in quattro movimenti ognuno "diversamente bello" e funzionale all'insieme. "Senseless" mantiene lo stesso assetto di suoni, con delicati flauti che si intrecciano a memorabili giri di tastiere, ma ripiega su toni miti e maggiormente contemplativi, brillando di una intensità che potemmo etichettare quasi morriconiana. E se "Passing The Gates To Another World" è il classico momento interlocutorio (vibrante però di pulsazioni ed irrequietudini ritmiche, giri ipnotici di tastiere e fluide note di chitarra elettrica che fanno presagire il meglio), la conclusiva "Space and Time" riporta in primo piano un evocativo riff in tremolo che, ripulito dal marciume che fu dei trascorsi black metal, si intreccia alla perfezione nei volteggi di tastiere che, mano a mano che procedono, rendono il brano vivace, anticipando quegli umori più "salterini" che caratterizzeranno molto dungeon synth a venire. 

Il valore di "Spheres of Time", in definitiva, risiede nella capacità di gettare i presupposti per quello che sarebbe stato il dungeon synth degli anni dieci: una musica evocativa dai risvolti fantasy che si scollega dalle atmosfere più mobose mutuate dal background black metal. E in questo senso, "Spheres of Time" è il completamento di un trittico ideale di opere seminali uscite a stretto giro: mi riferisco al più volte citato "Depressive Silence [II]" e ad "Enchantment of the Ring" dei Secret Stairways

Insomma, B.S., a giudicarlo dalle demo dei Depressive Silence e da questa sua prima uscita solista, sembrerebbe proprio non averne sbagliata una. Avrà avuto fortuna? Facciamo la prova del nove e buttiamo un orecchio anche sul secondo lavoro del 1999 "Spectral Poetry", altra venticinquina di minuti, altre quattro tracce, fra cui due decisamente sorprendenti. Se infatti le prime due composizioni (le sontuose "Fortuna" ed "Oceanic Abyss") vanno a confermare la solidità di un suono che ormai sembra possedere un forte marchio di fabbrica, con la terza si cambia musica, nel senso che "In Time..." è darkwave allo stato puro, incalzata da beat elettronici, voci filtrate e con un violentissimo finale in up-tempo che odora di symphonic black metal e che agita con fierezza il cordone ombelicale, mai del tutto reciso, che molto dungeon synth continuava ad avere con il metal. La title-track, invece, chiude le danze con le danze (scusate il pessimo gioco di parole), nel senso che in questa circostanza l'abile e coraggioso B.S. si addentra in acide atmosfere ballabili (cassa dritta e galoppanti giri di tastiera da club notturno) centrando anche in questo caso il bersaglio. Grande lavoro, dunque, questo "Spectral Poetry", il quale tuttavia rimarrà un po' in ombra rispetto al leggendario debutto. 

Potevamo anche chiudere qui, celebrando la prodigiosa infallibilità del buon Biesse, ma purtroppo c’è stato un evitabile colpo di scena dell’ultim’ora: mentre scrivevo questo post ho scoperto infatti che di recente sono usciti un altro paio di album a nome Solanum. 

Nella primavera del 2024 il Nostro pubblica un lavoro (infelicemente) intitolato "Dungeon Metal Synth", promosso dal canale YouTube dello stesso B.S., cosa che fa pensare ad un inatteso ritorno della sigla Solanum dopo 25 anni di (deprimente) silenzio (lasciate perdere, oggi sono in vena di evitabilisimi giochi di parole). Ma ascoltando questa mezz'ora di musica vien da pensare che era meglio se il progetto Solanum se ne fosse rimasto confinato negli anni novanta. Il lavoro infatti non entusiasma, anzi, suona davvero imbarazzante nel voler snaturare il classico suono del progetto perseguendo quegli intenti contaminatori che avevano reso accattivante il pur buono "Spectral Poetry" con riff di chitarra elettrica in evidenza ed una drum-machine invadentissima a sancire in modo bislacco un ricongiungimento - nemmeno troppo desiderato a questo punto - fra sonorità black metal e dungeon synth con quel pizzico di auto-celebrazione che rende il tutto eccessivamente pretenzioso considerata la scarsa popolarità del progetto. Dice tutto un titolo come "Mightiest Shadows (resting in Depressive Silence)" (evidentemente non sono l'unico a divertirsi con i giochi di parole...). 
 
Il successivo "From the Deep" del 2025 non si discosterà di molto continuando a puntare su un infelice connubio fra dungeon synth, darkwave, ritmi danzabili e drum-machine programmata a cazzo di cane, il tutto ulteriormente peggiorato da incursioni noise e suggestioni videogiocose che io personalmente non sopporto. Tanto di cappello al coraggio ed alla voglia di sperimentare, ma francamente era meglio se la leggenda fosse rimasta leggenda. Per questo doloroso motivo dimenticate pure lo scorcio finale di questo mio scritto e continuate a sognare con le note dei true Solanum, ossia recuperando le prime due fondamentali demo degli anni novanta...