"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

4 dic 2018

VIAGGIO NEL METAL ASIATICO - OMAN ED EMIRATI ARABI UNITI: IL DESERTO CHE AVANZA





Sempre dalle parti dell'Arabia abbiamo l'Oman. Saltiamo lo Yemen a malincuore, poiché non soffia un alito di metal da quelle parti, o comunque non esce dai suoi confini. In Oman invece le cose cominciano a girare di nuovo.

E si parte alla grande dal punto zero della storia del metal con una specie di brano iper-seminale, cioè una band “innominata” dell'Oman che coverizza i Black Sabbath in un passaggio strumentale per ben 59 secondi. Che ci sia qualcosa di codificato in questo “sfiorare il minuto” da anonimi coverizzatori? Sono arrivato a fantasticarlo in maniera intensa e disperata, poiché altro senso non trovo in questa operazione.

L'Oman comunque partorisce due gruppi non anonimi, di cui uno scappa a gambe levate per stabilirsi in Inghilterra. Si tratta degli Arabia, autori nel 2007 di un EP in cui la linea stilistica prevalente è un black metal con tastiere da fondale ma anche un piglio grezzo e sgraziato, come in diverse realtà anche del panorama black originario. A giudicare dai titoli, i contenuti sono però folk ed epici. 
Di ben altro spessore....non sono i Belos, la seconda band locale con vocazione ad un genere ibrido, dalla forte componente tastieristica-ariosa ma dall'ambivalenza tra growling e vocalizzi puliti, in un tono quando epico, quando più doom. Musicalmente si gira in tondo, e il dichiarato elemento folk stenta a delinearsi anche soltanto come venatura. Ma ecco che, contro ogni pronostico, risorgono gli Arabia. Nel 2012 i nostri cambiano nome in Celestial Martyr, e propongono del buon death dinamico, ma annunciano un progetto a dir poco esplosivo: pubblicare un album intitolato “Semplicemente metal” in cui ogni brano rappresenta un sottogenere. Nei bar dell'Oman se ne parla sempre, tra un carcadé e un thé alla menta, e qualcuno ci spera ancora.

Aggirando la punta della penisola arabica, ci troviamo negli Emirati Arabi Uniti, che trattiamo come zona unica. In realtà, il limite dell'esame di quest'area è principalmente che si tratta di un'area multietnica, con una componente occidentale abnormemente rappresentata e cruciale nel tessuto socioeconomico. Notiamo che a fronte di un territorio ristretto, ci sono in abbondanza manifestazioni metal pubbliche, segno che non ci deve essere un'aria troppo pesante contro la blasfemia. Anche nei testi (pubblici) di gruppi non black metal compaiono riferimenti demoniaci espliciti, lasciando perdere quanto poi possano essere “profondi” o meno. E' anche vero che diversi gruppi dei paesi arabi dei dintorni utilizzano gli Emirati come sede di esibizioni live nell'ambito di festival dedicati. L'indice di stabilità e longevità dei progetti non è però massimo, e su una trentina di gruppi la metà non è più in attività, e l'EP rimane la realizzazione più probabile.

Molto materiale thrash-death: dagli Anuryzm, suono tipo In Flames (con growling e ritornello pulito accattivante), agli Aramaic, death-doom con qualche venatura orientale; marmellate death più o meno brutali come i Perversion, Tsvet reptilia. Nephelium, più evoluti ma circonlocutori. I migliori? Diciamo i Nervecell, ibrido death-thrash competitivo, convincente quando non scivola nelle sonorità nu-metal, decisamente suonato con precisione e cura delle ritmiche. Abhorred, meno complessi ma convincenti soprattutto nella loro componente thrash.

I Brain Disease offrono un grindcore simpatico, per quell'alternarsi di totale mancanza di serietà con passaggi in cui improvvisamente si capisce che non si erano addormentati con lo strumento in mano, ma lo fanno apposta. Il cantante registra con un walkie talkie, e gli altri non sono meno sgraziati. I Blood Suckers la buttano sullo slam-brutal, in questo caso il cantante usa direttamente un richiamo per quaglie, che mieterebbe vittime nella palude qui dalle mie parti.

Il dilemma però è come mai una serie di gruppi che vanno dal death tecnico con vocazioni jazzistiche (in quest'area più comuni che altrove) all'hardcore-thrash, debbano mettere in rete dei bootleg che deturpano il loro operato. I Capricious Alchemy, ma anche i Billy Bob's Blood Drenched Brew, apprezzabili su bandcamp in versione originale, sono rappresentati su youtube da insulsi video live, in cui un gruppo di fan esaltati bercia in arabo incoraggiamento o insulti, non è dato saperlo, qualunque flusso sonoro gli arrivi dal palco, dal quattro quarti serrato all'assolo melodico, alla svisatura sperimentale. Chi finisce letteralmente ostaggio del pubblico inferocito sono i Maticrust, che si esibiscono in condizioni a dir poco estreme. Confinati nell'angolo di quella che sembra una discoteca, accecati da una lampada stroboscopica, la voce coperta completamente, i nostri tuttavia si esibiscono col cuore, con un cordone a separarli da un esagitato del pubblico che li punta e avanza minacciosamente.

Mi aspettavo molto dagli Azaroth (ovvero un turco a Dubai), che uniscono le loro forze con i Nekroforest per uno split datato 2004 (in totale due membri, in quanto sono due one-man band). Orgogliosamente lo-fi, lasciano il dubbio se nel primo brano la linea vocale sia assente, e se quindi quello che l'orecchio fino del blackster navigato riesce a decriptare sia nient'altro che il suono della pompa automatica da giardino col diffusore a molla (ciak ciak ciak...vrrrrrrrrr). Chi è Azaroth? Pare sia una divinità femminile immaginaria della saga di Narnia. L'EP non è male, vale sicuramente un ascolto. Sono perfino riuscito a capire quando finivano gli Azaroth e iniziavano i Nekroforest. Si tratta di due progetti ispirati ai primordi del black (i Nekroforest propongono anche una cover di "Deathcrush").
Non sono gli unici a voler esprimere così il loro entusiasmo per il black: i Blasphereion (da non confondersi con gli omonimi belgi) per esempio esistono con la precisa missione di regalarci una cover di "War" di Burzum.

Thamud non cadono molto distante stilisticamente, più marziali e serrati. Comunque, era da un po' che non capitava di sentire un black ben concepito, atmosferico senza essere un microfono nel cassettone di uno sciacquone, e feroce senza essere “coatto”. Peccato non comprendere i titoli, per esempio “Yadheeq Al Sadir” vorrà davvero dire, secondo quanto ci restituisce il traduttore di Google, “il narratore si restringe”? Però sarebbe un bel titolo nichilistico e apocalittico insieme, l'uomo proiettato a imbuto verso la propria stessa fine come testimone dell'esistenza, compresa la cancellazione di tutto ciò che ha narrato prima.

Sarà tutta mia immaginazione, ma in Arabia c'è una certa profondità di pensiero, confermatami anche dall'ultimo gruppo qui citato, i fenomenali Shotgun Enema (liberamente traducibile come “clistere di ghiaia”), che suonano del death jazzante dal titolo “Il Karma ci appenderà tutti sullo stendino ad asciugare”. L'uomo che si asciuga e ritorna polvere del deserto che avanza, come un fronte inarrestabile, e ti raggiunge dovunque tu sia.

A cura del Dottore

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