25 gen 2019

CLASSIFICA: I MIGLIORI EP DEL METAL (anteprima)


Devo essere sincero: non ho mai nutrito grande simpatia per gli EP. Ho sempre visto questi “dischetti” di venti minuti, o anche meno, davvero poco allettanti rispetto ai contenuti di un full-lenght, dove l’artista, di volta in volta, può esprimere un discorso più complesso, variegato, completo. 

Forse per chi è cresciuto con il vinile, abituato ad "interrompere il flusso" per girare il piatto sulla piastra ogni quattro/cinque canzoni, l’idea poteva essere più accettabile rispetto a chi, come me, fa parte della “CD-generation”, dell'era degli album di cinquanta, sessanta, settanta minuti di musica ininterrotta. E poi ho sempre trovato il costo eccessivo: "Meglio racimolare qualche spicciolo in più e comprare un album vero e proprio, che spendere diciotto/ventimila lire per un EP". Questo era il ragionamento che facevo da ragazzo, ma al di là degli aspetti pratici ed economici, era proprio il lato artistico degli EP a non convincermi: quale discorso, infatti, può essere sviluppato nell’arco di pochi brani e di una manciata di minuti?

Con l’avvento di internet il concetto di album in senso classico è stato stravolto: oggi siamo portati ad ascoltare la musica a spizzichi e bocconi, a creare playlist personali o semplicemente a seguire le scalette proposte da canali come YouTube e Spotify. Per questo motivo, in una fase in cui il concetto di full-lenght è entrato in crisi, in redazione ci siamo interrogati sul perché dell’EP

La sigla EP sta per extended play ed è un supporto che contiene più tracce rispetto al singolo, ma che al tempo stesso non è così esteso da poter essere classificato come LP (long play o long playing che dir si voglia). Se il senso del singolo è facilmente comprensibile (ed è tutto di natura commerciale - ossia promuovere un prodotto discografico), meno lo è quello di un EP, almeno agli occhi di oggi. 

In un'epoca pre-internet, tuttavia, l’EP spopolava ed in particolare andava per la maggiore fra le band emergenti, in quanto costituiva una via sostenibile (dopo il demo ed insieme allo split con un'altra band o alla partecipazione ad una compilation) per farsi conoscere, laddove non si disponeva di risorse per produrre un album intero.

I più anziani fra noi ricorderanno  il proliferare di EP all’inizio degli anni ottanta proprio da parte di coloro che sarebbero poi divenuti i nomi più blasonati del nostro genere musicale preferito. Per questo motivo non c'è da sorprendersi del fatto che esistono una miriade di EP che meritano a tutti gli effetti l'appellativo di capolavoro: opere forse acerbe, ma  in cui è possibile rinvenire in embrione quella stessa genialità che avrebbe poi contraddistinto i lavori della maturità; prodotti certamente rozzi in cui la creatività non era ancora smussata dal mestiere, ma che anzi veniva evidenziata dal sapore acerbo di produzioni confezionate in modo squisitamente artigianale e dalla spregiudicatezza che può possedere solo la gioventù irresponsabile e senza mediazioni (quelle mediazioni che successo o velleità intellettuali spesso favoriscono).

Il rilascio di un EP, inoltre, può avvenire anche più avanti nel corso della carriera di una band, magari quando si già affermata. Inutile precisare che in questi casi scovare un buon lavoro è molto più difficile, in quanto il più delle volte si tratta di operazioni dalla mera funzione commerciale e dai contenuti artistici molto dubbi. 

L’EP, non dobbiamo scordarcelo, è infatti un modo più veloce, rispetto ad un album intero, di gettare qualcosa nel mercato: per denaro ovviamente, ma anche per giustificare un nuovo tour o semplicemente per rispettare oneri contrattuali. Eccoci dunque all'era degli EP aberranti che con un brano inedito (nemmeno imprescindibile), una cover raffazzonata, un estratto dal vivo o peggio ancora un remix, costituiscono quel quarto d’ora sfornato senza troppa fatica e pronto per essere dato in pasto ai fan

Ovviamente non ci occuperemo di tutto questo, ma di EP che saranno giustificati da una reale urgenza comunicativa o che costituiranno il recupero di materiale di pregio che, scaturito dalle sessioni di registrazione dell’album ufficiale, era stato tagliato fuori in quanto non coerente con quanto poi pubblicato: insomma, quegli scarti-non proprio scarti che finalmente trovano un loro spazio nella discografia di una band e che, malauguratamente, non avrebbero mai visto la luce se non sotto forma di EP.

Anche in questi casi è possibile rinvenire lavori importanti, belli quanto i full-lenght usciti nel medesimo periodo, o persino migliori, tanto che, come rappresentato nella celebre copertina dell'EP "!!! Fuck You!!!" degli Overkill, molti di questi dischetti hanno saputo alzare con orgoglio il dito medio e rivolgerlo ai loro fratelloni maggiori, rivendicando fieramente la propria esistenza! E non a caso proprio "Fuck You", e non i classici pescati dai vari full-lenght, è chiamata a chiudere da sempre i concerti degli Overkill, confermandosi il brano-simbolo della band. 

Ce sono a palate, gente, di EP di altissimo valore artistico, tanto che abbiamo deciso di non fermarci ai classici dieci titoli, ma di allargarci ai migliori venti, in ordine rigorosamente cronologico, solo per vezzo estetico da noi divisi fra “antichi” e “moderni”...

Ed allora partiamo dai primi dieci…

...destinazione anno 1982...


Gli "Antichi":

"S/T", Mercyful Fate (1982)
"S/T", Queensryche (1983)
"Apocalyptic Raids", Hellhammer (1984)
"In the Sign of Evil", Sodom (1984)
"Haunting the Chapel", Slayer (1984)
"Sentence of Death", Destruction (1984)
"S/T", Helloween (1985)
"Emperor's Return", Celtic Frost (1985)
"Deathcrush", Mayhem (1987)
"The 5.98$ E.P.: Garage Days Re-Revisited", Metallica (1987)

I "Moderni":

"S/T", Godflesh (1988)
"Constellation", Arcturus (1994)
"Subterranean", In Flames (1995)
"Pentecost III, Anathema (1995)
"A Change of Seasons", Dream Theater (1995)
"V Empire of Dark Fairytales in Phallustein", Cradle of Filth (1996)
"I", Meshuggah (2004)
"Restoration", Haken (2014)
"Arc", Agoraphobic Nosebleed (2016)
"Lumina Aurea", Swallow the Sun (2018)