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30 apr 2019

I MIGLIORI EP DEL METAL - "SENTENCE OF DEATH" (DESTRUCTION)



I primissimi Destruction non li avevo mai ascoltati. Non mi ero perso moltissimo a dir la verità, se non un nodo di storia che però avevo intuito per altre vie. Confrontando gli esordi di Sodom e Destruction, ci si può fare l’idea che nel metal teutonico esistessero due scuole stilistiche fondamentali: la scuola di Hokuto e la scuola di Nanto. Chi conosce le vicende di “Ken il guerriero” sa a cosa ci riferiamo, ma veniamo qui a spiegarlo brevemente: si tratta di due scuole di arti marziali, delle quali una si basa sul pugno, l’altra sul colpo di taglio. La tecnica Hokuto sfonda gli avversari, o li fa scoppiare per eccesso di pressione data dai colpi; la tecnica di Nanto li disseziona, li taglia a fette.
I Sodom suonano col pugno, i Destruction di taglio. Sono trivellatori, laddove i Sodom demoliscono col martello. L’anima teutonica dei Destruction è inquieta. Sminuzza, centrifuga. L’ordine in questo caso non è perseguito tramite un inquadramento a martellate da carrozziere, ma con l’accelerazione e la vorticosità, che non corregge il caos ma lo spara in avanti. Se sottoponessimo il flusso sonoro dei Destruction ad una scomposizione, troveremmo una sprecisione diffusa. Eppure, il movimento circolare che porta avanti i brani riesce a fluidificare il tutto. 

Soprattutto la chitarra solista li mantiene più vicini al metal che cerca la rifinitura, seppur caotica; l’orpello che nasce già intricato, posticcio, come ulteriore piega e non come contorno. La voce di Schmier è anch’essa modulata in maniera roca ma stridula, alla Possessed. La linea vocale è l’unica cosa che guarda in maniera più vicina ai Venom, sgraziata e punkeggiante. Probabilmente, se procedessimo a isolare i riff presenti nei primi dischi dei Destruction, ne uscirebbero decine, eppure è come se fossero sempre in lavorazione, instabili, intuitivi. Naturalmente molto simili tra loro anche, e quindi tutto fuorché individuanti rispetto ai diversi brani, che restano dei “brani” nel senso vero e proprio del termine.

La scuola “di taglio” dello speed metal non può dirsi un vero e proprio movimento, piuttosto un “momento” che all’epoca fu una specie di maledizione. Segnò gruppi eccezionali, ma dal futuro limitato. I sopra citati Possessed, che attorcigliarono e isterizzarono lo speed thrash degli Slayer. Gli Holy Terror, che concepirono una forma di speed thrash melodico mai più visto. Potremmo aggiungere anche i primi Running Wild, che negli stessi anni facevano speed metal ruvido. E potremmo continuare con i primi Blind Guardian. Lo speed teutonico, insomma, che non confluisce nel thrash-death ma guarderebbe altrove, più epico, più sognante. 

I testi sono trascurabili, ma i Destruction erano particolarmente sbrigativi nel trovare i titoli. Sospesi tra il gusto del macabro, lo sfogo pantoclastico (cioè di chi immagina scenari di distruzione totale) e satanismo da fiera, sono l’esempio della polivalenza tematica dell’epoca. Rispetto ad altri, i Destruction entrano nella parte in maniera convinta, senza l’autoironia dei Sodom o l’approccio grottesco dei Venom. Inoltre, sono quelli che, a mia memoria, rimangono a livello più generico possibile: “Infernal Overkill”, “Bestial Invasion”, “Total desaster”, “Eternal Devastation”….. Ma esattamente, da dove veniva questo entusiasmo astratto per una distruzione della realtà? Allo stesso tempo perentoria, gratuita e indiscriminata?

Probabilmente, ed è questo uno degli aspetti filologicamente interessanti, ad anticipare il discorso filosofico del black metal non sono tanto precisi elementi musicali in questa fase, ma un lirismo che riconosce due istanze: la prima è il superamento dei limiti umani nella ritmica, così che la musica trascenda la partecipazione corporea realistica, d’intrattenimento, e faccia risuonare corde più profonde, come gli ultrasuoni beccano le zanzare. Lo speed thrash, molto più del death, rifugge la fisicità del metal classico per cercare una via d’uscita in velocità. Non ci riuscirà attraverso il thrash, che rimane fisico, e neanche con il death, che rimane piantato per terra, materiale, grave, sprofondante. La leggerezza necessaria per prendere il volo, l’aerodinamica che unisce la pesantezza sonora al moto di elevazione, sarà raggiunta poi con il black metal. 

Se vogliamo quindi vedere una premessa del black metal, non è tanto nell’estremismo sonoro generico (era appunto generico e polivalente), non nell’aspetto (bracciali chiodati e cinture a cartuccera c’erano già abbondantemente all’epoca del thrash), ma nella ricerca di una velocità cerebrale, non muscolare. Una velocità che fissava l’emozione, anziché sollecitarla. 

Il secondo aspetto proto-black, insistito nei Destruction, è il nichilismo senza sviluppi, come premessa di una qualche – all’epoca assente – nuova visione delle cose. Si gioca al satanismo distruttivo, si inneggia ad una distruzione del mondo quale lo conosciamo, e la si paventa contemporaneamente. Si esprime il disagio per la mancanza di senso ("Live without sense"), l’alienazione mentale e la confusione morale, senza trovare riferimenti culturali precisi o una direzione ideologica chiara. 

I Destruction, anche dopo il loro ritorno, rimarranno perplessi sul piano ideologico, se mai buttandola più sul socio-politico, come nella tradizione thrash. Non si faranno mai una ragione che nulla ha senso, non troveranno mai un senso al nulla. Ma, tra i primi, avranno invece espresso questo disagio esistenziale.

A cura del Dottore