"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

16 nov 2019

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO: GLI ULTIMI VENTI ANNI DEI CRADLE OF FILTH - Parte seconda



Nella sala Direzione della Sony si discute ancora: “... ma chi cazzo ve li ha fatti scritturare?!”. 
E volano carte, libri e tutto ciò che è a portata di mano del responsabile marketing: “Quale cazzo di idea vi è venuta in mente? Uno non può assentarsi un attimo per andar in vacanza con la famiglia e voi mi producete un disco di un nano vestito di nero, con un’orchestra oltretutto, sapete quanto ci costano trenta coristi??! Ma poi per cosa!? Neanche si sentono in quel frastuono!!! Fatemi entrare Dani Nano Monnezza che ci parlo io... avanti!”

DF: “Hail capo! Perché mi ha convocato? Sono venuto ad incassare il premio produzione per il superlativo “Dammation and a day”?”

- “Si sieda... anzi no stia in piedi che tanto è uguale.”

DF: “Ehi ehi così mi offende capo...come le è sembrato il disco? Insomma noi crediamo di aver offerto una prova mefistofelica, brutalmente satanica, profonda e sinfonica con quel tocco gotic...”

- “Fa schifo.”

DF: “...”

- “Non metterà più piede qui dentro, arrivederci”

Nel 2004 la Roadrunner Records accoglierà i tormenti di Dani Filth che per il sesto album, "Nymphetamine", non lesina minutaggio (76 minuti) ma idee. Il passo indietro testimoniato da questo album non è esagerato come vogliono attribuire molte recensioni che ho letto, però Dani va compreso con pazienza e la pazienza manca quando si parla di Cradle of Filth. 

Non che prima avessero prodotto album black metal, però almeno qualche reminiscenza del genere era presente in chiave sinfonica. Adesso va dimenticato tutto e collocare le nostre aspettative su un gruppo death/thrash sinfonico con Dani Filth alla voce. La stessa titletrack riproposta come un classico in ogni live vede alla voce Liv Kristine dei Theatre of Tragedy che, troppo zuccherosa, ben poco si sposa a mio avviso con le sonorità della band, ma è un segnale di (in)evoluzione.

L’album insomma non è tutto da buttare come ci vuol far credere la critica, ma soprattutto la seconda parte ha buoni spunti e se non vi fermate alla partenza interlocutoria, qualcosa si salva. 

Rallentano ancora il sound ma non trovano proprio la quadratura neanche nel successivo: “Thornography” che è il punto più basso della loro carriera. Sia chiaro che non ce l’ho con loro per aver ospitato Valo degli H.I.M. o per aver fatto una cover penosa degli Heaven 17, ma soprattutto per aver fatto un disco vuoto. 

L’unico dato che dobbiamo portarci nello sviluppo dei successivi album è l’addio (o quasi) degli screaming di Dani per una voce più cavernosa alternata a narrazioni che gli permetteranno di allungare la sua vita artistica.

Per il resto nel 2008 i Cradle of Filth toccano il fondo e da un punto così basso non si può che risalire... 

To be continued

(Leggi la prima parte)