Per strapparmi dal divano, dalla cena in famiglia e da una serata di serenità davanti al focolare domestico, ci sono voluti gli Slipknot e soprattutto una forza di volontà partorita durante le festività natalizie, durante le quali ho acquistato il biglietto.
Avere in tasca il biglietto di una serata da sold out è stato poi l’ultimo fattore di spinta per mandarmi al concerto dei nostri compagni mascherati, pronti a “scatenare l’inferno” per il loro ritorno in Italia (o almeno così leggo sui siti specializzati).
Quanto è bello sapere intanto che il Mediolanum Forum è subito all’uscita autostradale senza dover vagare nel traffico e mi trovo così, in men che non si dica, seduto al mio posto, perché la calca in onore dei mascherati non fa per me.
Il mio apprezzamento per gli Slipknot è cresciuto negli anni; anche guardando alcune performance live su YouTube, mi sono convinto che hanno qualcosa in più della media rispetto all'ondata di loro colleghi che dagli anni 2000 in poi ha invaso le orecchie dei nostalgici del metal estremo fatto come una volta.
La maggior qualità è l’equilibrio e la costanza delle produzioni, provando a migliorare il loro orizzonte limitato e talvolta riuscendoci come nel recente “We are not your kind”.
Purtroppo la partenza dei nostri non è delle migliori: tolta “Unsainted” che più la ascolto e più mi sembra un pezzo degno di aver un suo spazio nella storia degli anni Venti, Corey e soci in seguito sprofondano nel caos sonoro. Non si capisce molto dei pezzi susseguenti e il rimbombo viene affogato nella confusione generale, i pezzi si tengono con le pinze come quando cerchi di tirare su una banconota da 5 euro che ti è caduta nel cesso.
Apprezzabile davvero la presenza scenica di Taylor che da solo cerca di dare un tono, riuscendoci peraltro, rispetto a quei tre buffoni da circo che si porta dietro. Uno di questi inciampa, si dimena sul tapis roulant e assume pose che non riesco a digerire a quarant’anni. I pezzi migliori sono quelli dell’ultimo album che sembra una spanna sopra agli altri in una scaletta poco condivisibile, sebbene ci sia la svolta nella parte finale del concerto.
“Wait and bleed” arriva a scuotermi dal torpore, ma la resa è cacofonica mentre “Eyeless” e le seguenti “All out life” e “Duality” si reggono in piedi egregiamente.
I bis suggellano una prova discreta dei Nostri, ma intorno a me c’è tanto entusiasmo perciò sono felice per osmosi insieme a questi ragazzi che mi circondano e che applaudono convinti.
Amo la loro gioia odorante di sudore, non importa se hanno dimenticato il Gods of Metal di venti anni fa dove suonarono prima degli Slayer rischiando le bottigliate in faccia dalla platea, non importa se c’è il Coronavirus, non importa se per 3/4 del concerto non si è capito un cazzo, perché la perfezione non solo non esiste, ma non la pretendiamo oggi da questo evento metallaro circense.