"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

20 mag 2023

IL METAL NON RIDE - IV. SKYCLAD: C(H)ICAGO DI NOTTE

 


Gli Skyclad sono uno dei gruppi della resistenza metal. Nei primi anni '90 provano in un'impresa difficile, quella di rialimentare la fiamma del genere classico, quando nessuno si filava più neanche quelli estremi. Il tema neopagano, presente fin dall'inizio, si coniuga in seguito anche ad uno stile iconografico di tipo celtico e strumenti tradizionali, primo fra tutti il violino. Sono riconoscibili, oltre che per l'idea di suonare partiture folk con l'orchestra metal, e quindi usare gli elementi metal per fare del folk, anche per la legnosissima voce di Walkyier, già cantante dei Sabbat.

Walkyier si ricorda per una logorrea incredibile, che fa sembrare alcuni brani dei Sabbat una telecronaca di pugilato, e si concentra molto sulla produzione di test di critica sociale e politica, oltre ad un pallino per la critica storica in chiave attuale, con meno frequenti puntate in ambito privato. Per risultare più efficaci nello stigmatizzare le storture della società e della politica, i Nostri scelgono la carta del gioco di parole. Iniziano in sordina, ma poi si fanno prendere la mano. "The Declaration of Indifference" (Independence), dall'EP "Tracks from the Wilderness" (1992) già punta all'obiettivo grosso, e ricorda un po' il gioco di “La domenica delle salme / palme” di De André. Con "Jonah's Ark" (1993) si rende evidente che la trovata non era un caso: “I am just thinking aloud, isn't thinking allowed?” non è male come assonanza, ma il bello è ancora da venire nel disco della consacrazione, “Prince of the Poverty Line” (1994). Potendo contare su brani di ottima fattura, Walkyer si sfoga con "Sins of Emission" (Omission): i peccati di omissione, cambiati in peccati di emissione, riferito all'emissione di titoli bancari da parte delle lobby finanziarie; "Land of the Rising Slum" (Sun), cioè La terra della baraccopoli che cresce, anziché La terra del sol levante; "The Truth (great) Famine", cioè anziché la Grande Carestia, la Carestia di Verità.. Poteva rimanere una trovata lirica che si compiva col disco. Invece no.

Si tenga conto che il gioco di parole nei titoli non è cosa inedita nel metal, mi viene in mente "Rust in Peace” (Rest in Peace) dei Megadeth, ma all'epoca andava di moda utilizzare questa soluzione retorica per attirare l'attenzione sul tema sociale. In qualche modo, per un nostro vizio da paesi sviluppati, noi ci compiaciamo della nostra consapevolezza di quanto il mondo sia ingiusto e, invece di agire in maniera coerente e concreta, preferiamo produrre slogan e giochi di parole per sensibilizzare sul problema (noi stessi in teoria...).

Una comunicazione da sempre fallimentare. Se si guardano le campagne anti-droga, ad esempio, sono piene di giochi di parole, perché ridicolizzare con consapevolezza è ritenuta una buona arma. E quindi per far smettere i tossicodipendenti si sparano cose tipo “O ci sei, o ti fai!”, oppure ”Vivere è stupefacente”, o “non è roba per te”, o “Fatti...la tua vita”, “Dai un calcio alla droga” (in questo caso era appoggiata dai calciatori famosi come testimonial...).

Io credo che sia semplicemente sintomatico l'umorismo sui problemi. Siamo in un treno, che si ferma, e si accumula ritardo. La gente protesta, chiede, si comincia ad agitare...arriva poi l'annuncio del ritardo con una giustificazione qualsiasi, e ognuno ci mette la sua battuta per sdrammatizzare o per fare il disincantato, o per declamare intenti bellicosi contro Trenitalia. Cosa significa questo? Che nessuno farà proprio niente di niente: aspetteranno che riparta il treno.

Gli Skyclad invece sembrano crederci davvero, che le folle si muoveranno dietro al loro folk. Quindi piazzano il gratuito “The Silent Whales (Waves) of Lunar Sea”, che però produce una bella copertina. Perfino il correttore di bozze del libro "Folk Metal" della Crac Edizioni lo corregge riportandolo da Whales a Waves!

Nell'album si fanno notare "Desperanto" (bella questa!) e "The Present Imperfect" (in grammatica inglese i Perfect sono i tempi prossimi, appunto Present Perfect e Past Perfect, quindi in questo caso invece è come dire il Presente “non ottimale”, ironicamente inteso.

"Irrational Anthems" continua comunque a lanciare dardi micidiali sul piano del gioco di parole, a partire dal titolo: "Inni (nazionali) irrazionali". "The Spiral Stare (stair) Case", "History Lessens" (lessons), e forse altri che ci sfuggono non essendo madre-lingua. Poi sembrano riposarsi col disco successivo, ma già con "Vintage Whine" (Wine) del 1999, ovvero Lamento d'Annata (anziché "vino d'annata") colpiscono basso, ribadendo con "Little Miss-Take" (Mistake). Forse la trovata migliore è alla fine "Folkemon", il Pokemon del folk, perché no? Che fa digerire anche cose tipo "The Great Brain (bank) Robbery", cioè La grande rapina alle intelligenze.

A questo punto la misura è colma. Il cantore che ammicca alla consapevolezza dell'ascoltatore, lo ritiene evidentemente o ingenuo o allineato con lui, e quindi in grado di godere immediatamente dei giochi di parole. Nel secondo caso, è un compiacimento che alla fine diventa ridondante: se tutti e due abbiamo una coscienza sociale e una consapevolezza delle insidie e delle ipocrisie del mondo, prendiamone atto ma non per continuare a raccontarcelo a vicenda. Se invece il cantore deve svegliare le coscienze, dovrebbe forse pensare che i poveri ingenui sono illuminati dai giochi di parole che rivelano loro realtà insospettabili, ma poi rimangono lì senza prendere alcuna iniziativa.

Alla fine insomma Walkyier dà idea di essere lì seduto in un angolo a ridacchiare come un matto tra sé e sé pensando ai giochi di parole che gli sono venuti in mente.

La satira, cioè l'arte di presentare la realtà così da renderne evidenti gli aspetti etici e morali discutibili, è efficace quando entra nello specifico del comportamento individuale. Altrimenti diventa predica o banalità del tipo la giustizia è veramente uguale per tutti?, lo Stato fa sempre l'interesse dei cittadini?, e così via.

Nel frattempo gli Skyclad sono diventati un nome di riferimento e hanno di fatto rilanciato l'elemento folk nel metal, prima ancora dell'esplosione scandinava, perché hanno dimostrato che si può fare folk-metal senza eccessivo ricorso a strumenti non elettrici, e senza per forza di cose edulcorare l'arrangiamento. Gli Skyclad incorporano il violino, ma lo rendono elemento dell'orchestra e non protagonista estemporaneo, in partiture che sono folk anche per chitarra elettrica: lo sono nella struttura, nell'atteggiamento popolare e colto allo stesso tempo, nel legame con la natura e con la storia locale. Rivendicano l'autenticità contro la commercializzazione del metal, ponendosi quindi dentro il movimento, e in maniera seriosa dentro la sua parte non sputtanata, come nel brano “Penny Dreadful”.

Per capirci, è molto più efficace qualcosa che direttamente, con inviti paradossali ma non comici, individua le mostruosità della falsificazione della storia, su cui gli Skyclad insistono molto. “Think back and Lie of England”, scandisce nel ritornello “Contrordine! - mentire sull'Inghilterra!, nascondere il male che abbiamo fatto!”. E' molto più amaro il ritornello, scandito in maniera fiera e inesorabile, di "A Bellyful of Emptiness": “Io ho avuto una bella pancia piena di vuoto, e le tasche gonfie di un bel nulla, nella fiabe della vita reale il rospo rimane un rospo, e la donna delle pulizie non può mai essere la regina del ballo!”. Non è neanche banale la serie di riflessioni, come ad esempio “Qualcuno forse nasce semplicemente malvagio, o è ciò che tutti diveniamo prima o poi, termiti umane impazzite nel monte di cemento di una baraccopoli che cresce”. Menomale che gli Skyclad fanno 50/50, e alla fine, tolti questi giochi di parole, producono testi diretti e pungenti.

Se poi volete un umorismo autentico, in linea anche col nonsense inglese, sempre dal libro Folk Metal troviamo un'intervista a Kevin Ridley (leader della band dal 1999, dopo la fuoriuscita di Walkyier), nel gruppo dal 1998, che si conclude con la seguente domanda: “Ti piace il rugby? Lo hai mai praticato?”. Ma senti tu, penserà il lettore, magari hanno scovato un passato da grande rugbista, una nota di cronaca. Risposta: “Non posso dire di essere un gran fan del rugby. Ci giocavo nella squadra della scuola e venivamo sconfitti ogni volta, forse questo mi ha allontanato per sempre dal rugby”. 

Basterebbe questo per neutralizzare ogni sorriso che anni di giochi di parole di Walkyier possono avervi indotto.

A cura del Dottore

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