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18 mag 2024

METTI IL FUNERAL DOOM UN LUNEDI SERA...BELL WITCH ED ESOTERIC (LONDON, 15/04/2024)



Ci ho messo un po' di tempo a far uscire questo live-report, me la son presa con calma... in perfetto spirito funeral doom...

The Dome, 15 aprile 2024, ore 7 e mezzo circa. Giungo un po' fiacco all'evento: è lunedì, nottataccia alle spalle, lunga giornata di lavoro, mal di denti, orecchi ronzanti per aver ascoltato hardcore tutto il giorno (non chiedetemi perché) ed è pur sempre lunedì: direi che ci sono tutte le condizioni per affrontare in serenità una serata di funeral doom...

Esoteric e Bell Witch insieme sono i classici due piccioni con una fava. Sebbene i primi rappresentino la storia del genere, i Bell Witch si meritano in questo tour il ruolo di headliner, forti di lavori veramente sopra la media. "Mirror Reaper", per esempio, è a parere di chi scrive uno dei migliori album di metal usciti in anni recenti. Io son qui per loro, lo dico fin da subito, ma certo non mi dispiace affatto l'idea di passare attraverso un'oretta di Esoteric. Prima, però, ci sarà da passare dai Knoll

Sulla carta i Knoll sono dediti ad un grindcore deviato e funestato da torbide "assenze", ma nella pratica non è semplice inquadrare il sound della band americana, che passa da momenti di turbolento ambient a blast-beat e sfrigolanti riff black metal, il tutto condito da acidi screaming e pastosi growl. Per dire: il chitarrista ad un certo punto si mette a suonare la tromba, sprazzi free-jazz buttati gratuitamente nel marasma. Estremi sono estremi i ragazzi, ma forse siamo ancora troppo freddi per esaltarci. E poi i concerti "al buio" proprio non li digerisco: i Nostri di fatto rinunciano a luci e faretti, limitandosi a collocare sul palco un paio di abat-jour d'antan, scelta indubbiamente originale, ma di scarso effetto visivo. 

Finito il set si riaccendono le luci nel locale così ho modo di vedere finalmente "in faccia" il popolo del funeral doom , una fauna sotterranea cresciuta all'ombra e nella muffa delle proprie camerette. Difficile dire se si tratti di gente stravagante o semplicemente disagiata, ma va riconosciuto che la platea è selezionata e per nulla casuale: dall'energumeno dal cranio completamente tatuato all'anziano zoppicante, passando dal giovine smunto con l'aria da becchino e la forfora sul cappotto, la gamma del disagio si esprime in infinite sfumature, travalicando età, sesso e generi musicali. Se però devo tracciare un ideal-tipo, direi che a prevalere è il profilo del ragazzo sulla trentacinquina, tarchiato, con occhiali e capello lungo. Non manca qualche ragazza ma siamo al 5%. E se ad un concerto di black metal tanto tanto ti salvi ancora con qualche intellettualoide e dark-lady, in un concerto di funeral doom non hai scampo dal disagio, tanto che, scorgendoti di sfuggita riflesso nello specchio del cesso dopo aver pisciato, ti chiedi se anche tu, in fondo in fondo, sei un caso umano travestito da intenditore di musica. 

Gli Esoteric sona all'altezza del proprio pubblico, trainati di un inossidabile Greg Chandler, testa rasata, maglietta attillata, spalle a gruccetta e circondato da esseri che sembrano usciti da una sala-giochi da incubo. I Nostri si presentano in cinque sul palco, ben tre chitarre, un basso con tante corde e molti molti effetti. Chandler non trova posa, si aggira irrequieto sul palco chinandosi spesso per sistemare pedaliere e marchingegni vari ai suoi piedi. Poi, dopo questa scenetta estenuante, attaccano finalmente le tastiere dell'introduzione atmosferica. Che dire, mi aspettavo un concerto doom e mi son ritrovato ad un happening di psichedelia. 

Non so, è strano da giudicare un concerto degli Esoteric. La loro musica, radicata nel doom classico, presenta elementi contrastanti: da un lato tende all'incorporeo, a disfarsi in polvere, rifratta in effetti, delay, riverberi, chitarre liquide; dall'altro viene compressa, schiacciata verso il basso da suoni pesantissimi ed un growl avvolgente, anch'esso smaterializzato negli effetti sonori. Nei fatti è musica progressiva che parla il linguaggio di brani-fiume che offrono al loro interno molte sfumature e che solo per caso finiscono per assumere i contorni del funeral doom, genere di cui i Nostri sono considerati primi mover ma anche originali interpreti. 

Un sound indecifrabile, quello degli Esoteric, che si porta avanti da più di trent'anni (del '94 è il debutto "Despondency"), album dopo album, lieve progressione dopo lieve progressione, lucidatina dopo lucidatina, percorrendo una via autonoma ed impermeabile ad influenze esterne. Chandler vomita il suo growl ovattato ed ottenebrante attraverso un microfono attaccato a delle cuffiette, visivamente può ricordare un tecnico della Formula Uno che dà istruzioni al pilota o un regista di un programma televisivo intento a suggerire le battute al presentatore di turno dotato di auricolare: gli basta sussurrare in quel microfono che si crea quell'effetto "nebulosa tossica" che è tipica del suo "canto". Conduce le danze con la sua chitarra, ciondolando a destra e sinistra in modo molesto, accompagnando con tutto il corpo ogni vocalizzo. 

Con tre brani infiniti ("Circle", "Silence" e "Culmination" se orecchie e memoria non mi ingannano - ma potrebbero benissimo ingannarmi considerata la "compattezza" della musica in questione), il set degli Esoteric è un flusso di intensità costante, fra riff pachidermici trascinati avanti con inerzia, aperture melodiche (spicca il bell'incipit arpeggiato di "Silence") e momenti di rarefazione sonora dove a prevalere sono gli effetti in delay degli strumenti (egregio il lavoro del bassista, autore anche di una parentesi rumorista). Ma per i miei orecchi la musica degli Esoteric continua ad essere un enigma inespugnabile. Nonostante l'innegabile pesantezza, non percepisco senso di oppressione, asfissia, ansia. E nonostante Chandlers si sgoli nelle pose più grottesche, continuo a vederlo come un musicista, un artigiano che con dedizione porta avanti la sua musica. Un artigiano grezzo, contornato da un'aura di squallore tanto che mi sembra di sentire il suo alito acido e greve da fiero rappresentante della working class. Pure le luci, rosse, verdi e gialle, richiamano le atmosfere di certe balere e sale di liscio della domenica pomeriggio in provincia. 

In contrasto assoluto con queste sensazioni, scorgo una coppia accanto a me - giovani, freschi, belli di quella bellezza acerba e stupenda che è tipica della gioventù: lei molto graziosa, lunghi capelli biondi e zazzera sugli occhi chiari, trucco non invadente, una papalina floscia sulla testa; lui, alto e scarruffato, la cinge da dietro. Non capisco chi ha trainato chi: lei si volta ogni tanto verso di lui con gli occhi sognanti (ricordo che stanno ancora suonando gli Esoteric), lui sembra annoiato, ma ogni tanto chiude gli occhi, non si capisce bene se per godere appieno dell'esperienza o per meglio affrontare una situazione altrimenti insopportabile. Certo è che se fosse lei ad aver portato lui, sarebbe proprio una donna da sposare. 

Detto questo, gli Esoteric ergono il loro monolite di suono come abili carpentieri, cemento e cazzuola. Suonano doom con la stessa mentalità, coerenza e dedizione alla causa di una band di technical death metal. Tu te ne vai a pisciare o al bar a prendere una birra, e quando torni ti trovi davanti agli occhi la stessa identica scena: gli Esoteric sono sempre lì, chinati sui loro strumenti, saldi come scogli in un mare in tempesta, parimenti concentrati ad eseguire i loro brani che salvo le dovute variazioni escono dagli amplificatori come un'unica colata lavica di pesantezza estraniante, lenta ma inesorabile. Nei momenti in cui la band non è visibile sul palco, o per via delle luci o per l'assenza di esse, ti senti quasi in un museo che ospita una mostra di arte contemporanea, quasi una installazione, e questo non è un male fintato che ti togli dalla vista musicisti che non sono proprio belli a vedersi. 
 
Ma per quanto mi siano piaciuti gli Esoteric, e per quanto voglia loro bene, i Bell Witch giocano un altro campionato. Non parliamo più semplicemente di funeral doom, ma di emozioni. Quello che ci si para davanti ad occhi ed orecchi è più vicino ad una performance di arte contemporanea che ad un concerto metal vero e proprio, con la musica ad integrarsi a suggestive proiezioni, le quali guadagnano lo spazio centrale sul palco mentre i due musicisti, in penombra, se ne stanno ai lati. È ancora il tour di supporto a "The Clandestine Gate" dello scorso anno, primo tomo della trilogia "Future's Shadows" incentrata sul concetto di eterno ritorno nietzschiano

L'album - che poi sarebbe un unico brano di 83 minuti - viene riproposto per intero. È il suono sacrale dell'organo ad aprire la suite, con i rintocchi di piatti solenni di Jesse Shreiban, dotato anche di campanaccio a morto e gong, ad imprimere maggiore pathos. Sarà lui stesso, aiutato da una consolle ed una pedaliera, ad occuparsi di organo e sintetizzatori. Dall'altro lato sono i lenti contrappunti del basso arpeggiato di Dylan Desmond a completare il suono mistico e spirituale dei Bell Witch, mentre al centro vengono a materializzarsi immagini in bianco e nero che ritraggono il lento avvicendarsi di scenari naturalistici, il ciclo delle stagioni e i gesti rituali di una figura femminile senza volto e biancovestita, con stormi di neri uccelli che attraversano periodicamente lo schermo: video-arte allo stato puro a cura di Bobby Cochran, fotografo e già collaboratore degli Amenra (in effetti i belgi verranno in mente più volte durante la serata) e che per i Bell Witch ha inteso rielaborare il cinema di Tarkovskij

Ma fate attenzione al momento in cui Desmond posiziona le mani lungo il manico del suo basso a sette corde per passare dagli arpeggi ai profondi accordi: in quel momento esatto la quiete muta nel fragore delle distorsioni, ed è interessante notare l'intelligenza esecutiva con cui il Nostro è in grado di fare a meno della chitarra e generare un poderoso wall of sound solo appoggiando le dita sulle spesse corde del basso (ed ovviamente affidandosi su un ottimo distorsore/overdrive). Ed è commovente come il dotato bassista si faccia carico sulle proprie spalle dell'intera esibizione. 

I Bell Witch sono figli degli Anathema di "Pentecost III", di "The Silent Enigma". Sono debole di cuore per questo tipo di musica e non mi vergogno a dire che per i primi venti minuti di concerto ho pianto a dirotto come un bambino, cosa che non mi accadeva con tale irruenza da quando, un bel po' di anni fa, assistetti alla scena straziante di un Jon Oliva che cantava "Believe" con la voce rotta dalle sigarette e dalle bistecche. 

Sono debole di cuore innanzi a questo tipo di musica, dicevo, e quando mi trovo in tale stato di vulnerabilità, per commuovermi mi basta poco, anche il solo contrasto fra le immagini luminose sullo sfondo e il profilo smilzo e tagliente del bassista chinato sul proprio strumento con la foltissima chioma riccia (non vedremo mai il suo volto) che gli piove addosso. La figura di Desmond assume l'epica statura di un bluesman, a tratti viene in mente il Neil Young elettrico, il loner avvolto nelle distorsioni. 

Da un punto di vista vocale, i due si spartiscono i compiti in parti eguali, con Desmond a dedicarsi ad un canto etereo ed ascetico e Schreiban a rispondergli con un growl cavernoso che ci riporta ai lidi del funeral doom. L'album viene eseguito fedelmente, con quell'alternarsi di vuoti e pieni che è prerogativa della band: la componente funeral si impone nelle sezioni centrali, con Schreiban (pelato anch'esso: ma non è che cantare in growl in un gruppo funeral doom fa perdere i capelli???) ad esalare miasmi gutturali che si impastano con il frastuono del basso e un drumming pachidermico. 

Ovviamente con l'avviarsi verso la fine dell'esibizione i musicisti iniziano a difettare quanto a precisione, ma Desmond rimane comunque eroico nel portare avanti il suono dolente della Strega con il suo basso: si capisce la spossatezza della sua mano, ma c'è ancora tempo per degli acuti, come il tapping torrenziale che a tre quarti dell'esibizione ci riporta a certi passaggi di "The Silent Enigma" degli Anathema. Il pubblico assiste ammutolito all'esibizione, nessuno osa fiatare e tutti gli sguardi sono rivolti con fissità verso il palco. Davvero, potevamo stare tranquillamente seduti sulle morbide poltroncine di un teatro, con il pavimento che trema per le basse frequenze, proprio come accadde con i Sunn O))) al Barbican

E' qui che si segna il punto di demarcazione fra metal e altro metal, fra una band (squisitamente) old school come gli Esoteric, irrimediabilmente radicata negli schemi del metal, ed una formazione di nuova generazione come i Witch Bell che sì, muove dal metal, ma per poi approdare ad una forma libera di manifestazione artistica che con il metal condivide solo certe modalità espressive: come se i Nostri si muovessero entro il perimetro di un luogo di creazione artistica dove certe rivoluzioni degli anni novanta (le lezioni di minimalismo burzumiane, il grandeur maestoso dei primi Anathema,) si fondessero in modo coerente a tendenze emerse nel nuovo millennio ed oramai saldamente consolidate (il massimalismo sonoro dei Sunn O))), il misticismo visionario degli Amenra). 

Organo e rintocchi di campana, il medesimo giro di basso dell'incipit chiudono il cerchio.

Silenzio...

Applausi. 


P.s. Certo che il funeral doom è proprio una tassa: non faccio in tempo, ancora stordito, a uscire dal locale, che mi viene messo in mano un opuscolo che promuove la data del 29 giugno di Skepticism, Ahab ed ancora Esoteric: un trittico di nomi (a Triarchy of Doom - così viene descritto il trio nella brochure) che farebbe tremare i polsi ad ogni fan che si rispetti del funeral doom. Quanto a me, prima di decidere se cimentarmi o meno nell'impresa, sento la necessità di riprendermi dal duro colpo assestato questa sera da Esoteric e Bell Witch...