Nel 1989 tutti attendevamo il nuovo Death SS, e la copertina fu azzeccata, il Cristo Posseduto. Il disco era un falso doppio, apribile per ammirare, in tutta la sua sfocatura, una foto di una messa nera con un topone adagiato su un altare, se ben ricordo. Già lì rimasi un po' deluso. Insomma, dei Death SS mi piaceva molto quell'atmosfera horror paesana, nel senso buono, e l'idea di proporre un teatro delle paure e delle fiabe orrorifiche, un horror corale che prendeva sul serio la propria narrazione. Il satanismo, bah...mi pareva un inutile restringimento di campo, e un terreno minato di luoghi comuni ma inevitabili, come appunto la messa nera. Invece, proprio quello il titolone: “Black mass”.
Il disco non era
propriamente un lavoro nuovo: comprendeva parte della produzione
storica dei Death SS, e qualche brano nuovo, tra cui appunto la lunga
title-track, e "Devil's Rage", brano invece diretto e rapido, diverso
poiché più thrasheggiante.
Il cantato in inglese, su
testo inglese ma pensato e formulato all'italiana, viene fuori in
maniera strana. Mi ricorda quando un mio collega provò a leggere
un'espressione inglese di un articolo, e il professore lo interruppe
dicendo “Scusa..che hai fatto francese?”. Il riff è sdrucciolo,
il cantato piano o tronco. Prendiamo ad esempio “a catastrophe of
terrible violence” (violèns come lo pronuncerebbe un ispettore
Clouseau), o ancora meglio “volcanos expel boiling lavà” (con
accento e nota lunga sulla a). In compenso altri versi, i primi, sono
svolti come una frase in italiano con articoli e preposizioni, con il
risultato di sprecar sillabe su versi che devono essere saltellanti,
problema che gli inglesi risolvono con artifizi vari propiziati dalla
struttura della loro lingua.
Insomma, direte voi,
stiamo qui a storcere la bocca su pronunce di testi che poi magari
nessuno va neanche a leggere? Suono è, e suono rimane. Infatti su
questo piano, va detto che la voce di Sylvester è sempre stato un
marchio di fabbrica, e forse anche proprio per i suoi vizi e vezzi.
Il brano rimarrà famoso
perché è quello della “vomitata” iniziale. Leggenda vuole che
Steve registri un conato di vomito di produzione propria. Sono quelle trovate ad effetto
che magari funzionano, lasciando però degli sgradevoli schizzi
(anche se immaginari) sul brano. Il vomito di Sylvester, il clistere
dei Carpathian Forest, le scoregge vestite di Eminem ("My first
single"), Chuck Billy che raccoglie al volo i propri stessi sputi...insomma tutti i grandi prima o poi hanno di queste uscite geniali.
La struttura del brano è
abbastanza semplice, tanto da dar l'idea del filler, anche se il
break centrale si riascolta sempre con piacere. Sul piano
concettuale, rimane oscuro ciò che sembrerebbe invece la più ovvia
delle ovvietà. Si narra di un diavolo incazzato che provoca
catastrofi per il piacere di far soffrire gli uomini e vederli
soccombere. Eppure, in realtà il diavolo di questo non si è mai
occupato: le catastrofi su larga scala, fino all'Apocalisse, sono
sostanzialmente mosse di Dio, che con esse ammonisce, esprime il
proprio sdegno, o punisce. Satana è dispettoso, si insinua, colpisce a tradimento, corrompe. Ma al dettaglio, non all'ingrosso.
Nel disco ci si attendeva
una trattazione della figura di Cristo e di Satana in una certa
maniera. Capirete, il disco parte con una canzone-manifesto quale
“Kings of Evil” che parla chiaramente di un satanismo
razionalista “rigeneratore”, con il culto dell'individualità e
addirittura l'auspicio di un “mondo migliore”. C'era anche uno spunto interessante, mai sviluppato: al posto della credenza che acceca, il desiderio occulto "calma la sete" dell'uomo, e quindi lo fortifica, anziché abdicare alla propria libera volontà. Si
accenna ad una fase distruttiva ed una di ricostruzione, si dice
“vogliamo combattere per una nuova creazione”. Un brano
efficace, trascinante, ma che lancia impegni inevasi.
Nel corso del disco non c'è traccia alcuna di un “discorso” teologico, filosofico, né le figure malefiche sono approfondite in maniera particolare. Ci sono figure inquietanti, come i ragazzi delle nuove generazioni con Occhi orribili o la Madre Maledetta, che richiama anche le Madri di Dario Argento. Ma alla fine del primo lato dell'lp si inciampa nel solito Sepolto Vivo, tema horror classico. I brani della vecchia produzione sono brani “horror” o semplicemente gotici, mortiferi, niente religione. Si arriva, dopo Devil's Rage, a Black Mass. E qui, uno pensa, ci sarà il grosso del discorso religioso: chissà come tratteranno il topos della messa nera. Una cronaca minuto per minuto, calcistica, della messa nera, quella che oggi potrebbe essere un “tutorial” di due minuti su come fare una messa nera nel giardino di casa vostra. Un intermezzo centrale di rumori, in cui non si capisce che cazzo succeda. Si sono persi nel bosco, il sacerdote si è scordato che doveva venire, chi doveva portare l'ostia non si è presentato e va tutto a monte? Insomma, minutaggio a vuoto, dopo di che parte l'organo con un motivo a due note, come anche in "The Oath" dei Mercyful Fate. Le squadre entrano in campo, scambio di gagliardetti, monetina, scelta del campo, il rigore dubbio, qualche punizione regalata, e tutti a casa. E un'invocazione propiziatoria in un latino a tratti agghiacciante.
Nel corso del disco non c'è traccia alcuna di un “discorso” teologico, filosofico, né le figure malefiche sono approfondite in maniera particolare. Ci sono figure inquietanti, come i ragazzi delle nuove generazioni con Occhi orribili o la Madre Maledetta, che richiama anche le Madri di Dario Argento. Ma alla fine del primo lato dell'lp si inciampa nel solito Sepolto Vivo, tema horror classico. I brani della vecchia produzione sono brani “horror” o semplicemente gotici, mortiferi, niente religione. Si arriva, dopo Devil's Rage, a Black Mass. E qui, uno pensa, ci sarà il grosso del discorso religioso: chissà come tratteranno il topos della messa nera. Una cronaca minuto per minuto, calcistica, della messa nera, quella che oggi potrebbe essere un “tutorial” di due minuti su come fare una messa nera nel giardino di casa vostra. Un intermezzo centrale di rumori, in cui non si capisce che cazzo succeda. Si sono persi nel bosco, il sacerdote si è scordato che doveva venire, chi doveva portare l'ostia non si è presentato e va tutto a monte? Insomma, minutaggio a vuoto, dopo di che parte l'organo con un motivo a due note, come anche in "The Oath" dei Mercyful Fate. Le squadre entrano in campo, scambio di gagliardetti, monetina, scelta del campo, il rigore dubbio, qualche punizione regalata, e tutti a casa. E un'invocazione propiziatoria in un latino a tratti agghiacciante.
Tutto qui. Una messa nera
cantata, diciamo. Un po' come un'audiocassetta di Moana
Pozzi, di quelle che giravano ai primordi del mercato porno. Emozioni
irripetibili.
Attendevamo proclami,
manifesti, allegorie, riletture dei tesi sacri, o chissà quale
prodezza alla Glen Benton,e ci troviamo liquidati con un satanismo
“acido” di grana grossa, con un Satana tra il teppista e il
guardone.
Alla fine un metallaro di
pretese medie rimaneva un po' deluso, secondo me. Il problema era: con
chi prendersela. Ci voleva un capro espiatorio. La title-track no,
era troppo imbarazzante parlarne, si glissava. Gli altri brani erano
ottimi o buoni. E allora ci andò di mezzo "Devil's rage", anche per
quel fatto del vomito.
Un po' come nel "Secondo tragico Fantozzi", quando il Megadirettore si fa tenere la mano sul sedere al casinò, mentre gioca, perché porta fortuna; e poi, quando perde tutto, urla spazientito “e la smetta di toccarmi il culo!”. Così facemmo noi con la povera "Devil's rage", tollerata in attesa del pezzo forte, e poi vituperata per la delusione, con la scusa degli schizzi di vomito che ancora ci sentiamo sul chiodo.
Un po' come nel "Secondo tragico Fantozzi", quando il Megadirettore si fa tenere la mano sul sedere al casinò, mentre gioca, perché porta fortuna; e poi, quando perde tutto, urla spazientito “e la smetta di toccarmi il culo!”. Così facemmo noi con la povera "Devil's rage", tollerata in attesa del pezzo forte, e poi vituperata per la delusione, con la scusa degli schizzi di vomito che ancora ci sentiamo sul chiodo.
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