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8 ott 2019

I BRANI PIU' INDISPONENTI DEL METAL - N.8: "DEVIL'S RAGE" (DEATH SS)



Nel 1989 tutti attendevamo il nuovo Death SS, e la copertina fu azzeccata, il Cristo Posseduto. Il disco era un falso doppio, apribile per ammirare, in tutta la sua sfocatura, una foto di una messa nera con un topone adagiato su un altare, se ben ricordo. Già lì rimasi un po' deluso. Insomma, dei Death SS mi piaceva molto quell'atmosfera horror paesana, nel senso buono, e l'idea di proporre un teatro delle paure e delle fiabe orrorifiche, un horror corale che prendeva sul serio la propria narrazione. Il satanismo, bah...mi pareva un inutile restringimento di campo, e un terreno minato di luoghi comuni ma inevitabili, come appunto la messa nera. Invece, proprio quello il titolone: “Black mass”.


Il disco non era propriamente un lavoro nuovo: comprendeva parte della produzione storica dei Death SS, e qualche brano nuovo, tra cui appunto la lunga title-track, e "Devil's Rage", brano invece diretto e rapido, diverso poiché più thrasheggiante.

Il cantato in inglese, su testo inglese ma pensato e formulato all'italiana, viene fuori in maniera strana. Mi ricorda quando un mio collega provò a leggere un'espressione inglese di un articolo, e il professore lo interruppe dicendo “Scusa..che hai fatto francese?”. Il riff è sdrucciolo, il cantato piano o tronco. Prendiamo ad esempio “a catastrophe of terrible violence” (violèns come lo pronuncerebbe un ispettore Clouseau), o ancora meglio “volcanos expel boiling lavà” (con accento e nota lunga sulla a). In compenso altri versi, i primi, sono svolti come una frase in italiano con articoli e preposizioni, con il risultato di sprecar sillabe su versi che devono essere saltellanti, problema che gli inglesi risolvono con artifizi vari propiziati dalla struttura della loro lingua.

Insomma, direte voi, stiamo qui a storcere la bocca su pronunce di testi che poi magari nessuno va neanche a leggere? Suono è, e suono rimane. Infatti su questo piano, va detto che la voce di Sylvester è sempre stato un marchio di fabbrica, e forse anche proprio per i suoi vizi e vezzi.

Il brano rimarrà famoso perché è quello della “vomitata” iniziale. Leggenda vuole che Steve registri un conato di vomito di produzione propria. Sono quelle trovate ad effetto che magari funzionano, lasciando però degli sgradevoli schizzi (anche se immaginari) sul brano. Il vomito di Sylvester, il clistere dei Carpathian Forest, le scoregge vestite di Eminem ("My first single"), Chuck Billy che raccoglie al volo i propri stessi sputi...insomma tutti i grandi prima o poi hanno di queste uscite geniali.

La struttura del brano è abbastanza semplice, tanto da dar l'idea del filler, anche se il break centrale si riascolta sempre con piacere. Sul piano concettuale, rimane oscuro ciò che sembrerebbe invece la più ovvia delle ovvietà. Si narra di un diavolo incazzato che provoca catastrofi per il piacere di far soffrire gli uomini e vederli soccombere. Eppure, in realtà il diavolo di questo non si è mai occupato: le catastrofi su larga scala, fino all'Apocalisse, sono sostanzialmente mosse di Dio, che con esse ammonisce, esprime il proprio sdegno, o punisce. Satana è dispettoso, si insinua, colpisce a tradimento, corrompe. Ma al dettaglio, non all'ingrosso.

Nel disco ci si attendeva una trattazione della figura di Cristo e di Satana in una certa maniera. Capirete, il disco parte con una canzone-manifesto quale “Kings of Evil” che parla chiaramente di un satanismo razionalista “rigeneratore”, con il culto dell'individualità e addirittura l'auspicio di un “mondo migliore”. C'era anche uno spunto interessante, mai sviluppato: al posto della credenza che acceca, il desiderio occulto "calma la sete" dell'uomo, e quindi lo fortifica, anziché abdicare alla propria libera volontà. Si accenna ad una fase distruttiva ed una di ricostruzione, si dice “vogliamo combattere per una nuova creazione”. Un brano efficace, trascinante, ma che lancia impegni inevasi.

Nel corso del disco non c'è traccia alcuna di un “discorso” teologico, filosofico, né le figure malefiche sono approfondite in maniera particolare. Ci sono figure inquietanti, come i ragazzi delle nuove generazioni con Occhi orribili o la Madre Maledetta, che richiama anche le Madri di Dario Argento. Ma alla fine del primo lato dell'lp si inciampa nel solito Sepolto Vivo, tema horror classico. I brani della vecchia produzione sono brani “horror” o semplicemente gotici, mortiferi, niente religione. Si arriva, dopo Devil's Rage, a Black Mass. E qui, uno pensa, ci sarà il grosso del discorso religioso: chissà come tratteranno il topos della messa nera. Una cronaca minuto per minuto, calcistica, della messa nera, quella che oggi potrebbe essere un “tutorial” di due minuti su come fare una messa nera nel giardino di casa vostra. Un intermezzo centrale di rumori, in cui non si capisce che cazzo succeda. Si sono persi nel bosco, il sacerdote si è scordato che doveva venire, chi doveva portare l'ostia non si è presentato e va tutto a monte? Insomma, minutaggio a vuoto, dopo di che parte l'organo con un motivo a due note, come anche in "The Oath" dei Mercyful Fate. Le squadre entrano in campo, scambio di gagliardetti, monetina, scelta del campo, il rigore dubbio, qualche punizione regalata, e tutti a casa. E un'invocazione propiziatoria in un latino a tratti agghiacciante.

Tutto qui. Una messa nera cantata, diciamo. Un po' come un'audiocassetta di Moana Pozzi, di quelle che giravano ai primordi del mercato porno. Emozioni irripetibili.

Attendevamo proclami, manifesti, allegorie, riletture dei tesi sacri, o chissà quale prodezza alla Glen Benton,e ci troviamo liquidati con un satanismo “acido” di grana grossa, con un Satana tra il teppista e il guardone.

Alla fine un metallaro di pretese medie rimaneva un po' deluso, secondo me. Il problema era: con chi prendersela. Ci voleva un capro espiatorio. La title-track no, era troppo imbarazzante parlarne, si glissava. Gli altri brani erano ottimi o buoni. E allora ci andò di mezzo "Devil's rage", anche per quel fatto del vomito.

Un po' come nel "Secondo tragico Fantozzi", quando il Megadirettore si fa tenere la mano sul sedere al casinò, mentre gioca, perché porta fortuna; e poi, quando perde tutto, urla spazientito “e la smetta di toccarmi il culo!”. Così facemmo noi con la povera "Devil's rage", tollerata in attesa del pezzo forte, e poi vituperata per la delusione, con la scusa degli schizzi di vomito che ancora ci sentiamo sul chiodo.

A cura del Dottore

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