Meno otto: Asphyx - "The Rack" (1991)
Si era cercato di spiegare il
funeral doom come l’incontro fra il doom e il death metal, ma sotto sotto si è più o meno insinuato, fatto intendere, che fosse il doom a prevalere geneticamente sul secondo, prendendone in prestito certi elementi, come la scorza brutale e il canto in
growl. Nel pazzo scenario del metal estremo di inizio anni novanta, tuttavia, non è vietato neppure ipotizzare una visione più lineare in cui l’unione fra i due generi si sia compiuta a metà strada grazie ad un progressivo avvicinamento dell’uno verso l’altro. Se infatti è vero che il death metal all’epoca suonava come una estremizzazione del thrash
ottantiano, tendendo a conservarne la velocità (o estremizzandola con persistenti
up-tempo e
blast-beat), non è falso affermare che diversi nomi di spicco del death metal contemplavano nel loro suono
passaggi lenti:
escamotage, il più delle volte, utilizzato per alimentare il lato macabro e morboso della propria proposta.
Classici esempi di questo tipo di death metal sono stati i
Bolthrower e gli
Obituary ma non credo che il funeral doom sia passato da quelle parti o perlomeno non direttamente. Una affiliazione più diretta, semmai, sembrerebbe esserci stata con le atmosfere asfissianti e pestilenziali messe in atto dagli olandesi
Asphyx, il cui suono, indubbiamente, avrebbe mostrato una connessione più intima con il potenziale catartico del doom. Concediamoci dunque
una boccata di ossigeno (espressione quanto mai fuori luogo in questo contesto...) con un po' di death metal d'annata prima di immergerci nuovamente nella lentezza più esasperante...