Quinta puntata: Le Légions Noires (1993 - 1997)
Poiché vogliamo fornire indicazioni utili al lettore interessato ad approfondire l'argomento, ci soffermeremo un attimo sui Mütiilation, il cui full-lenght di debutto "Vampires of Black Imperial Blood" è considerato come l'opera-simbolo del movimento.
L'uomo intorno al quale ruota il progetto è Meynha'ch, il quale si sarebbe di lì a poco scollegato dalla congrega per degli scazzi legati all'uso di stupefacenti - pratica che non era evidentemente apprezzata nell'ambiente. Proseguirà come one-man band mentre nei primi anni di attività si faceva supportare da membri delle Legioni Nere in una girandola di formazioni che passavano con disinvoltura dal duo al trio e viceversa, e dove Mordred al basso e Krissagrazabeth alla batteria (che in seguito ritroveremo in Hegemon e Celestia) erano i nomi che ricorrevano più frequentemente.
L'album vede la luce nel 1995 dopo che la band aveva registrato quattro demo (fra cui il corposo "Black Imperial Blood (Travel)", che andava ad anticipare gran parte del materiale del full-lenght di debutto) ed un EP ("Hail Satanas We are the Black Legions", ritenuto oggi un classico nonché oggetto di culto dagli appassionati del genere). "Vampires of Black Imperial Blood", invero, rappresentava un caso raro, in quanto le Legioni non erano solite realizzare album veri e propri, limitandosi alla diffusione di demo. La qualità dei suoni, beninteso, è quella di una registrazione casalinga, ma questo aspetto non inficia, anzi valorizza, gli esiti dell'operazione.
Premere play significa per l'ascoltatore ritrovarsi di colpo in un universo cacofonico fatto di suoni stridenti e confusi, fra riff taglienti, voci gracchianti ed una batteria lontana lontana. Se possibile la resa sonora è ancora peggiore di quella di certi dischi norvegesi dell'epoca. L'ispirazione principale sembrerebbe essere data dai Darkthrone che l'anno prima avevano fatto uscire "Transilvanian Hunger". Ma se i norvegesi sembravano voler ambire ad una forma assoluta di espressione artistica, esasperando un minimalismo sonoro inteso come un traguardo da raggiungere con determinazione e rigore (anche a costo di sacrificare le capacità tecniche dei musicisti stessi), qui i medesimi esiti sembrano essere raggiunti per mezzo di pressapochismo ed ostentata non-curanza.
Avete presente quando si fanno le cose a cazzo di cane? Ecco, la musica contenuta nel platter sembra proprio il frutto di una mente scriteriata che passa da una suggestione all'altra senza tante preoccupazioni, semplicemente perché le va di fare così e non cosà. Ora si va veloci ora si va lenti, ora ci si ferma ora si riparte, qua ci butto un riff zanzaroso, lì un arpeggio, là ho voglia di suonare thrash metal. Attenzione però: non staremmo parlando di questo disco se esso non fosse un cazzo di capolavoro.
Nei suoi 54 minuti di durata, "Vampires of Black Imperial Blood" si rivela per davvero un'esperienza esaltante dove ogni cambio di prospettiva è animato da un'ispirazione che viene inseguita e catturata quando è ancora in movimento. La bellezza dell'album sta nel fatto che questa libera ispirazione sembra non essere limitata in niente. Anzi, proprio grazie alle imprecisioni, alle sbavature ed alla pessima registrazione il lavoro acquista un senso di inafferrabilità ed una carica eversiva che lo rendono suo malgrado magnetico in ogni suo frangente.
Per dire: cosa c'è di più irrispettoso per l'ascoltatore che buttargli in faccia i suoni marci dell'arpeggio di "Magical Shadows of a Tragic Past"? Peraltro si tratta di una opener di dieci minuti, non tre: cosa che ribadisce la spavalderia con cui il tutto è concepito e realizzato. Come se questa musica senza compromessi volesse imporre fin dall'inizio il suo diktat: o con me o contro di me!
Sebbene la strada sia accidentata e molto in salita, l'ascolto risulterà appagante. Questo perché Meynha'ch si rivela un compositore ispirato, uno che sa infilare un riff vincente dietro l'altro. Ogni riff brilla infatti di grande ispirazione e l'ascoltatore si ritroverà spesso a sorprendersi per la qualità melodica dei brani (si pensi anche ad una "Eternal Empire of Majesty Death"). A dimostrazione - ancora una volta - della validità della regola aurea secondo cui se vi è la sostanza non c'è vizio di forma che tenga.
Se c'è una cosa che le Legiones Noires hanno insegnato al DBM è proprio quella di riuscire a fare cose buone pur tirando via, pur fregandosene di quello che verrà fuori. E a proposito di DBM, come non citare le parole con cui si apre l'album?
"Sometimes images of a sad void
fill the thoughts and the soul
The only feeling of a gate for relief is
a key that you call death"
Certo, il tema della Morte era presente nei testi di molte realtà del black metal del periodo - la morte intesa come passaggio ad una dimensione spiritualmente superiore - e certamente siamo ancora distanti dalle crudezze del più autentico DBM, da quel modo di comunicare così esplicito, per certi aspetti basico, così scevro da licenze poetiche che è tipico dei testi del depressive. Qui, fra vampiri & satanassi, siamo ancora nella dimensione dell'horror o del misticismo, se vogliamo, ma certo questa morbosità, questa attrazione per la morte già sbandierata appena dato fiato alla bocca è un altro elemento di vicinanza alla sensibilità del DBM.
Del resto i primi anni novanta sono stati un laboratorio formidabile per il black metal, e mentre si delineava la strada maestra grazie ai grandi nomi del genere, già si manifestavano quelle escrescenze, quelle deformità che avrebbero poi condotto ai vari sotto-generi. Descrivendo "Vampires of Black Imperial Blood" abbiamo voluto non tanto celebrare i Mütiilation, ma tributare la sfrontatezza delle Legiones Noires, altra tappa importante per la definizione di quella temibile deviazione sonora che chiameremo depressive.