Francia, 1789. Possiamo essere certi che non ci siano ancora band proto-black, a dispetto delle ricostruzioni più ardite della storia del genere. Ma c'è la premessa di quel che, secoli dopo, sarà il black rurale. La Rivoluzione Francese segna il passaggio all'epoca del progresso, in cui l'uomo si fa artefice di una propria fortuna in una improvvisa accelerazione della sua capacità di evoluzione tecnologica. L'uomo industriale, nonostante il dramma dell'alienazione delle masse operaie affluite nelle città, è un modello che riguarda soprattutto una nuova borghesia cittadina, padrona e consumatrice a ciclo continuo, con la campagna che resta in sottofondo. Parte di un mondo superato, e in parte schifato, la campagna diventa il mondo vecchio dove persistono valori ottusi, tradizioni polverose, genuinità che diventa imperdonabile povertà intellettuale, e tende ad ancorarsi all'ingiustizia e alla superstizione, piuttosto che alla nuova “illuminazione” razionale e scientifica.
La rivoluzione francese si prende Parigi e la Francia, ma i distretti campagnoli non sono Parigi, e in parte resistono. Lo spunto è la secolarizzazione del clero, che chiaramente fornisce un appoggio alle forze controrivoluzionarie: esso non vede bene l'idea di essere “assunto” dallo Stato come una sorta di classe di funzionari destinati poi a varie funzioni, probabilmente dopo una secolarizzazione e uno svuotamento dei valori religiosi.
Non mi addentro nella Storia, ma i Signori che governavano alcune contee (come la Vandea), forse parte di una cordata più legata al clero e per formazione e interessi a rischio di subire un ridimensionamento con le nuove politiche, si opposero militarmente alle truppe di Stato non rinunciando alla lealtà al Re deposto. Le guerre civili di Vandea (durate, con diversi intervalli, per 40 anni circa) ha ispirato varie composizioni, per lo più di musicisti schierati a destra, quali Massimo Morsello e i Contea, e divenendo l'inno di Ordine Nuovo.
I rivoluzionari illuminati sono sostanzialmente descritti come portatori di un'ideologia materialista, relativista e priva della protezione di valori “sovrumani” e non negoziabili. La campagna ben si presta a rappresentare le radici minacciate del rapporto tra uomo e natura.
Val la pena premettere qualche verso che immagina lo spirito della Vandea, se non altro perché di autori italiani.
Vandea (M. Morsello)
Questo sole questo sole di Francia / Questa notte ha cambiato colore
Non ci scioglie più il nodo alla pancia, quando la sera lo vedi calare
Questa spada, non è spada è una lancia: taglia la gola agli agnelli e ai bambini
Questo fuoco che brucia le chiese / Brucia il raccolto dei contadini
E mio figlio che è figlio di Francia, rivolta la terra perché ci dia da mangiare
Conosce fatica, dolore e rinuncia / Conosce una croce a cui poterle affidare
Ma questo milione di uomini a cavallo hanno le lame sopra al loro coltello
Hanno un diavolo per capello e di capelli una marea
Cantano di questa Francia che cambia e hanno un sorriso che li approva la morte
Stringono tra le ginocchia un cavallo, e il cavallo s'impenna e riparte
E la Francia moriva...contadini e baroni ed i figli suoi
E mio figlio che ancora cantava....Cantava il domani appartiene a noi
Queste mani queste mani di Francia, di pelle dura che non intende ragione
Già si formano in grembo alla pancia di ogni madre di questa regione
Mio figlio che è nato di notte sul pavimento di un casolare
Ha una schiena che piega soltanto quando il grano è maturo e che lo deve tagliare
Mio figlio che è anima cuore e cervello, impasto di Francia e la voleva servire
Gli hanno reciso di netto la testa dal collo all'alba di un giorno che non doveva venire
Ma questo milione di uomini a cavallo hanno un ghigno che gli precede il naso
Portano al collo un ramo di capelli per ogni donna che hanno ucciso
Altre donne che corrono tra il ferro e il fuoco tenendosi il vestito strappato
Restano solo cani che abbaiano verso il fumo dopo che il fuoco s'è placato
E la Francia moriva....contadini baroni ed i figli suoi
Ed il figlio di mio figlio, che ancora cantava...Cantava il domani appartiene a noi
In questo abbraccio curioso tra tradizionalismo cattolico e restaurazione, e futurismo anticlericale e neopagano dei seguaci della destra estrema, si consuma l'intersezione che accomuna diverse ideologie nel guardare con diffidenza, o comunque non entusiasmo, al progresso tecnologico come apertura ad un mondo nuovo. Non troppo strano se si pensa che il D'Annunzio del simbolico “volo su Vienna” si commuoveva nelle foreste di pino e nella descrizione della transumanza dei pastori.
Anni e anni dopo nasce il movimento autoproclamato “MNDV” (Musique Noire De Vendée che adotta il simbolo della resistenza cattolica restauratrice (il cuore con stilizzato sormontato dalla croce e coronato di spine).
Il movimento sembra partire nel 2014 con la volontà di far procedere i vari gruppi in parallelo come espressione di una sola scena territoriale, in base a premesse comuni (non molto chiare, in verità). Una visione d'insieme (non saprei di cosa però) si può avere negli album split “Musique noire du Vendée Vol. 1” , “Noel MMXV" e Estate 2015. Piuttosto curioso vedere stregoneria e satanismo come punti di vista per esprimere “le suggestioni regalate dal Natale”, con il Bambin Gesù luminoso e dorato in braccio alla madre che campeggia in copertina. Che il Natale sia La notte delle fiamme nere nel senso del Solstizio d'Inverno, e contemporaneamente la Corona d'oro del figlio di Dio è certamente una giustapposizione avventurosa e intrigante, anche se non è chiaro cosa possa venir fuori da questo discorso "a più punti di vista” su un evento naturale.
I Koldkrypt (one man band di tal Typhus) sono anche quelli che meno utilizzano il richiamo diretto alla storia vandeana, a giudicare da titoli ed iconografia (pentagramma rovesciato). Il progetto musicale unisce elementi sinfonico-atmosferici, leggi “tastiere aggiunte” con effetto spaziale o di misteriose luminescenze, in un tessuto di black martellante ma, in fondo, gentile. Nobili decaduti e mostruosi, come nella storia de “La bella e la bestia”, che fanno trapelare una decrepitudine preziosa, e non semplicemente zotica.
Ricordiamo che insieme alla Vandea, la rivolta royalista-cattolica contro i Giacobini di Parigi fu combattuta anche in Bretagna, territorio delle Legions Noires. Potremmo quindi dire che i Koldkrypt sono la versione più campestre di quel progetto, più boschivo.
Dalla “cripta fredda” esce un miasma curioso, quello della sinistra alleanza tra le cripte delle chiese di campagna, nobili con gli stivali sporchi di fango e contadini quasi più padroni dei padroni, nell'insorgere a loro fianco. Musicalmente parlando, d'accordo, non significa niente di niente in fondo: è solo uno spunto per vivere l'ascolto con una sfondo immaginario, se vi piace.
Si potrebbe comunque intendere che alla fine la terra è il luogo che toglie l'ansia di identità, e quella di caducità, secondo il titolo degli Snow Shards, A noi le nostre ceneri!. E magari la terra è anche il terreno (se mi perdonate il gioco di parole) su cui perfino religioni diverse, e contrapposte, possono trovare accordo. I passaggi della natura possono essere celebrati da punti di vista diversi e anche antagonisti, senza che cessino di essere momenti chiave, evidentemente, con una forza simbolica equipollente nelle diverse codifiche liturgiche.
Della Vandea parlano anche altri gruppi, considerando che regioni contigue furono anch'esse coinvolte nella rivolta. Gli internazionali Folkodia, i belgi Paydretz, i Lord Gallery, francesi della Loira (altra regione royalista), questi ultimi due con il logo caratterizzato dal simbolo del cuore sormontato dalla croce. I Paydretz mettono in copertina del loro "Cronique de l'insurrection" (2021) la figura di un controrivoluzionario, con un largo cappello di foggia contadina, uniforme militare e falce lunga come arma, a simboleggiare l'intransigenza con cui i ribelli si opposero, e lo stretto legame tra la terra e la guerra.
Ribellione come stato dell'anima, come rivendicazione ultima della terra, del fondamento minimo ed essenziale di sé, è il tema di molte canzoni che celebrano le gesta di eserciti reazionari più o meno organizzati, o gruppi di banditi che si oppongono all'invasione da parte di uno straniero evoluto (come all'indomani dello sbarco dei Mille nel Regno delle due Sicilie).
La celebrazione della resistenza, della controrivoluzione, della reazione alla modernità, è quindi da intendere, al di là poi dell'effettiva corrispondenza storica, come la volontà di evitare che le nuove verità, arroganti e squittenti con la loro pienezza di sé, si impongano sul vecchio atteggiamento “misterico” alla natura, che in fondo non lascia meno spazi vuoti di quanti non ne lasci, alla fine, il progresso tecnologico. Almeno, rispetto al tempo, alla morte e all'infinito.
A cura del Dottore
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