"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

4 dic 2024

VIAGGIO NEL DEPRESSIVE BLACK METAL: APATI


Quarantesima puntata: Apati - "Eufori" (2009) 

Piccoli Lifelover crescono...
 
Abbiamo visto qualche puntata fa come i Lifelover fossero stati in grado di introdurre un nuovo linguaggio, un modo diverso di fare depressive, meno imbrigliato nelle trame del black metal e più libero, aperto alla contaminazione e orientato verso sonorità rock. Fra i discepoli più zelanti e devoti troviamo gli Apati, anch'essi svedesi ed entusiasti interpreti di quel sotto-filone del depressive black metal a cui potremmo aggiungere davanti il prefisso post-suicidal

Non vi sono da spendere molte parole sugli Apati una volta che abbiamo già introdotto i Lifelover. Molti li liquidano come un gruppo clone, altri come poco interessanti, ma se c’è una cosa che mi ha insegnato questa indagine sul depressive è che non bisogna dare più di tanto retta ai recensori. Il DSBM è spesso schifato ed anche per i cultori del black metal esso risulta poco appetibile, viene visto con sufficienza e considerato ripetitivo, noioso, irritante, vuoto di contenuti ed intollerabile per l'attitudine. 

Ma una volta che ci si immerge nel depressive, i pregi divengono visibili come quando la vista si abitua al buio. Ci sarebbe infatti da domandarsi: ma se gli Apati fanno così schifo, com’è che spuntano sempre fuori quando cerchi informazioni sul depressive? Se digiti su Google “migliori band depressive black metal” eccoli di nuovo. E poi li trovi puntualmente nelle classifiche delle migliori band stilate dagli appassionati  del genere. Come mai? 

A parere di chi scrive gli Apati sono una band tutt'altro che imprescindibile: un po' come lo sbiascicato sproloquio di un ubriaco allo stato terminale, incuriosisce all'inizio ma presto stanca. Non innovano molto, ricalcando calligraficamente le gesta dei loro miti Lifelover, ma danno vigore al movimento e, come spesso capita ai protagonisti di serie B, rappresentano in buona fede il genere, talvolta fornendo sfumature diverse o intriganti variazioni sul tema. 

Io lo capisco perché un album come “Eufori” finisce per divenire un album iconico del DSBM. Lo è fin dalla copertina: un classico scatto in bianco e nero raffigurante un elemento della quotidianità (una fetida scalinata dalla destinazione incerta) che di colpo diviene inquietante, minaccioso, ansiogeno. Un cambio di prospettiva che è tipico dello sguardo e delle percezioni della persona depressa, intorno alla quale il mondo diviene grigio, privo di attrattive, stimoli e anche ostile. Come i Lifelover, del DSBM gli Apati incarnano la forma più deviata, paranoica e drogata, muovendosi in un luogo sonoro dove le pulsioni autodistruttive incontrano alcol e sostanze stupefacenti. E il mix diviene in tutti i sensi letale. 

Il collegamento alla fonte di ispirazione è palese, anche a livello cronologico: i Nostri debuttavano infatti nel 2009, guarda caso appena dopo che i Lifelover avevano rilasciato l’imperdibile terzetto “Pulver”, “Erotik” e “Konkurs” (rispettivamente del 2006, 2007 e 2008). L'album d'esordio “Eufori” (ovviamente anche l’ironia faceva parte del pacchetto, visto che di euforico non c’era proprio nulla) faceva incetta di quanto i Lifelover avevano fino a quel momento professato, in particolare pescando dai più recenti “Erotik” e “Konkurs” dove l'irruenza anarco-punk di "Pulver" veniva a mitigarsi e a frammentarsi ulteriormente. Questo significava mettere insieme black metal, gothic metal e depressive rock à la Katatonia in modo molto arraffazzonato. Come per i Lifelover, a beneficiarne era l’urgenza comunicativa: dal momento che premi play, e per i successivi 53 minuti, si è infatti investiti da un mal de vivre che viene sputato in faccia con isteria e bocca tremante, senza mediazioni e licenze poetiche. Riff, melodie e ritmi, per lo più elementari, escono di getto e con grande approssimazione, con qualche orpello aggiunto in sede di post-produzione (voci campionate, rumori, ecc.). 
 
Gli Apati di "Eufori" erano un terzetto, ma a parte il contributo ai testi di tale C9H13N, la faccenda viene spartita dai soli Obehag (chitarra e voce) e Patient C (voce, chitarra, basso e piano). Le voci, più declamate che ringhiate (ma non mancheranno momenti di screaming vero e proprio), sono il fil rouge che fa da collante ai diversi scenari, come un delirante monologo di uno stand-up commedian a cui di volta in volta viene cambiata alle spalle la scenografia. 
 
Molte sono le sonorità esplorate: l’opener "Höst" si avventa sull'ascoltatore col passo sgangherato del black'n'roll, “Nykter Idag” è accompagnata da un tetro pianoforte, la “title-track” è un ballata acustica, la rockettonaLikgiltighetens Slutstation” rialza il tasso adrenalinico, l'ambient  di “En Gammal Vän” riporta alla bassa pressione aprendo ad una fase diversa dell'opera: quando meno te lo aspetti e nemmeno ci speravi più, l'album cambia volto, si fa meno "divertente", diviene più austero ed ulteriormente grigio. Con l’accoppiata “Livet ur en Dåres Synvinkel”/“Blodrött Hav” si cala la carta del serioso gothic/doom che a quel punto è un fendente nello sterno: è come se ad un tratto si dicesse “basta con le cazzate” e si volesse fare sul serio (lacerante in particolare la seconda dove viene sfoderato un inaspettato latrato burzumiano). A dimostrazione che, seppur a sprazzi e fra visioni fuori fuoco, anche gli Apati sanno emozionare. Burzum, Katatonia, Shining, Silencer sono ovviamente altre influenze che ritroveremo durante l’ascolto del platter, per la gioia di tutti coloro che il genere lo apprezzano genuinamente e senza tirarsela troppo. 

Anche a livello iconografico i Nostri guardavano ai Lifelover presentandosi in borghese (no face painting, borchie ecc.) ma con un membro mascherato, e forse a 'sto punto stuccano un poco tutte queste analogie. Analogie, che, ahimè non finiscono qui ma che si riscontrano anche nella breve vita della formazione e nella tragica fine di un loro componente: dopo la pubblicazione del secondo album “Morgondagen Inställd i Brist på Intresse” (con cui i Nostri si sarebbero allontanati ulteriormente dal black metal), la band si sarebbe sciolta nel 2011 appena dopo due anni circa di militanza. Tre settimane dopo aver lasciato la band, Obehag (all’anagrafe Fredrik Wolff) sarebbe morto per una overdose di metadone, allungando la triste lista dei deceduti che hanno suonato in una band dedita al depressive black metal...