"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

27 mag 2025

VIAGGIO NEL DUNGEON SYNTH: LAMENTATION



Sonate per licantropi: Lamentation, "Fullmoon Over Faerhaaven" (1995) 

Nelle puntate precedenti si è visto come il contributo alla causa della nascita del dungeon synth fosse venuto principalmente da artisti dediti al black metal. Se Mortiis è riuscito a dare continuità a quel tipo di percorso, in molti altri casi non si è usciti dal rango del progetto parallelo, spesso esaurito in pochi album o addirittura demo. Abbiamo citato i due lavori dei Neptune Towers (etichetta dietro al quale si celava Fenriz dei Darkthrone), i tre dei Pazuzu (progetto in cui erano coinvolti membri dei Summoning), l’unico tomo rilasciato da Wongraven (alter ego di Satyr dei Satyricon). 

Il nostro è stato ovviamente un discorso di comodo volto a tratteggiare le gesta dei nomi più noti, ma è importante precisare che dalle nebbie del biennio 1994-1995 stava emergendo una quantità considerevole di nastri e cassettine che andavano a certificare l’avvento effettivo di un nuovo sound. Nenie senza tempo che non esalavano unicamente dalle cripte e dal terriccio umido delle tetre foreste del nord Europa, ma che si irradiavano nell'aere dei luoghi più impensati, approdando persino alle placide e soleggiate sponde dell'Egeo. E' il caso degli ateniesi Lamentation, attivi dal 1994 al 1997 ed autori di tre demo che sarebbero rimaste iscritte negli annali del dungeon synth. 

I due membri, Isidoro Galanis (in arte Hjarulv Henker) e Nickos Giohalas (in arte Jarg Von Hagall) avrebbero poi mutato il nome del progetto in Nachtkaiser, senza però produrre niente di significativo (era stato pianificato uno split-album con i connazionali Wintergods, ma alla fine non se ne fece nulla). I due avrebbero poi nel 1998 fondato i Der Stürmer, band dedita ad un feroce National Socialist black metal (ah, adesso ci spieghiamo tutti questi germanismi!) e godendo peraltro di una certa notorietà nei circuiti underground. I Der Stürmer sono portatori di un concept veramente estremo (basti pensare che il monicker della band trae ispirazione dal nome del principale giornale anti-ebraico nella Germania fra il 1923 e il 1945). Con tre full-lenght ed una sequela infinita di split, EP, demo e compilation i Der Stürmer arriva ai nostri giorni, nonostante la morte di Henker nel 2022 (per infarto) a soli 47 anni. Insomma, tutto questo per spiegare come i Nostri avessero il cuore più in Germania che in madre patria e come tutto questo si trasmettesse nel loro suono. 

Nella musica dei Lamentation, infatti, non troveremo alcun influsso proveniente dalla cultura ellenica, cosa che tutto sommato ci saremmo potuti anche aspettare considerata la vocazione del black metal nel recepire ed assorbire tradizioni ed umori locali. A beneficio di coloro che fossero perplessi innanzi all'orientamento politico dei Der Stürmer possiamo anche dire che nel caso dei "progenitori" Lamentation non si parla il linguaggio del martial-industrial e che non vi si troveranno elementi di ordine ideologico. 

Il titolo della prima demo, "Eine Symphonie der Nacht", non lascia adito a dubbi: la visione artistica del duo è proiettata ad edificare foschi scenari notturni ove oscurità, gelo e solitudine regnano sovrani. È il 1994 e i Nostri, se non altro, dimostrano di muoversi in contemporanea con i big del settore. Ma laddove Mortiis ideava magniloquenti suite di 50 minuti, Fenriz si cimentava in vere e proprie sinfonie cosmiche e Satyr imprimeva alle sue escursioni atmosferico-folcloristiche lo spirito epico e progressivo già avvistato nei primi album dei Satyricon, nei 25 minuti di "Eine Symphonie der Nacht" si celebrava un suono scarno e minimale che, unitamente ad un approccio squisitamente lo-fi e DIY, richiamava direttamente le crudezze del black metal primigenio. "Eine Symphonie der Nacht", in altre parole, è un gioiello di black-ambient (se così lo possiamo definire) che con grande equilibrio mette insieme raggelanti partiture di pianoforte, mesti fraseggi di tastiere, suoni ambientali (vento, ululati) e il fruscio di spinotti che, tolti dell'amplificatore senza molti riguardi, evocano inequivocabilmente gli umori di una cantina norvegese....

A parere di chi scrive, "Eine Symphonie der Nacht" è il vero capolavoro dei Lamentation, tuttavia di solito si tende a celebrare il secondo lavoro del duo, "Fullmoon Over Faerhaaven" (del 1995), forte di una durata più consistente (46 minuti) e di brani (sei in tutto) più lunghi ed articolati. 

Le composizioni hanno un fascino perverso che, nonostante gli evidenti limiti (compositivi, esecutivi e formali), riescono in qualche modo a catturare l'attenzione dell'ascoltatore, ovviamente quello disposto a calarsi entro simili paesaggi sonori. Il lavoro non presenterà particolari coup de théâtre, e con i suoi suoni rudi, l'ossessività delle melodie e la monotonia della matassa sonora, costituisce il classico test che ti fa capire se puoi sopportare il dungeon synth o meno. 

Il suono di "Fullmoon Over Faerhaaven" si compone di pochi elementi: un pianoforte claudicante, ossute linee di tastiere che mimano adesso un organo, ora un flauto, ora legnosi colpi di basso. La title-track apre le danze con un pianoforte che, se non fosse una tastiera di infima categoria, verrebbe da dire che è scordato (saranno state le pile scariche?). Subentra un organetto tremolante che porta con sè un alone creepy da film horror degli anni sessanta, poi una inquietante accelerazione di pianoforte che tutto sommato non ci saremmo aspettati. Nella successiva "Visions of a Dark Dominion" lo stesso identico organo porta faticosamente avanti un avvilente melodia che sa di già sentito, suoni di fiati sintetizzati si aggiungono, il basso schiocca come nelle strumentali di Burzum. In "Transylvania (Land Beyond Eternal Black Forests)" torna il pianoforte, ma insomma, questo è: piano e tastiere o tastiere e piano, così come la seguenti "Winds Sweep Zachtonia" e "Dungeons Of The Carpathian Tower". 

Quello che caratterizza sottotraccia la musica dei Lamentation e che spicca in un ambito così minimale (spicca per modo di dire, bisogna stare abbastanza attenti!) è l'andamento meditabondo dei brani, investiti da variazioni ritmiche che non sono rese tramite l'utilizzo di percussioni o di una drum-machine (come spesso accade), ma modulando la velocità di esecuzione, ora adagio, ora lento, ora molto lento, cosa che fa sì che la musica dei Nostri assuma un andamento singhiozzante, ubriaco, irrazionale. Giunti alla tetra e folle "Mist Hides My Land", chiamata a chiudere le danze, ti rendi conto oramai che c’è della malattia in queste morbose sonate per licantropi

Al di là di quello che si può scrivere e rendere a parole, l'ascolto di "Fullmoon Over Faerhaaven" è una esperienza appagante se si ama il genere e se si è in cerca di atmosfere tanto malinconiche quanto torbide e stranianti. Il tomo rappresenta inoltre un tipico esempio di dungeon synth della primissima ora: un paradigma che verrà sicuramente superato a suon di produzioni più professionali ed arrangiamenti più elaborati, ma che brilla di una genuinità artigianale che andrà perduta nel tempo e che ancora oggi suona accattivante. 
 
È in lavori come questo che il dungeon synth esprime tutto il suo potenziale visionario, dove il rapporto mezzi/risultato viene massimizzato, in un certo senso andando a rendere palese quella che è una qualità centrale per il musicista che si vuole cimentare in questo genere, ossia saper ottenere moltissimo in termini di suggestione con il minor sforzo possibile. Da parte dell'ascoltatore rimane una leva determinante l'essere disposti a lanciarsi in spericolati tuffi con la propria fantasia poggiando sul più flebile dei trampolini.  Insomma, l'ascoltatore ci deve mettere molto del suo...

Ad onor di completezza val la pena citare anche il terzo e l'ultimo lavoro rilasciato dal progetto, "As Shadow Kingdom Comes to My Sight" del 1996: 31 minuti che descrivono una certa maturazione attraverso suoni più corposi e compatti, un organo imponente dal sapore vagamente wagneriano e - vera novità, visto che i due capitoli precedenti erano totalmente strumentali - la presenza massiccia della voce, sospesa fra fiere declamazioni e sussurri spiritati. Un lavoro valido quanto gli altri due. 

Si conclude così la breve ma significativa epopea dei Lamentation, degni rappresentati di quel folto sottobosco di artisti "minori" che fra il 1994 e il 1996 (anni cruciali per la nascita del genere) diedero consistenza al fenomeno. E giusto per non mancare di rispetto ad altri primi mover del movimento, vorremmo ricordare l’esistenza almeno di Cernunnos Woods (“Lost Woods” e “Awaken the Empire of the Dark Wood”), December’s Fire (“Across the Sorrowfields of Baltic”), Equitant (“The Great Lands of Minas Ithil (City of Isildur)”, Erevos (“My Black Desires”), Shadowcaster (“My Love Affair With Death And Melancholy” e “To Gather My Thoughts Among The Sleeping Summer Spirits”), Grabesmond (“In Schwindendem Licht”), Grim ("Färd"), Nirnaeth (“Opus Nirnaeth”), Silentium (“The Ancients’ Wisdom”), Trolltjern (“Hymner fra Trolltjern”), i già citati Wintergods (“Seven Xul Curses”). 

Insomma, qualcosa si stava senza dubbio muovendo, ma il meglio sarebbe dovuto ancora venire. I generi musicali attecchiscono infatti non solo grazie ai numeri e ai contributi sparsi, ma anche a chi dà particolare profondità alla nuova visione artistica, a coloro che possiamo definire dei “big”. Se di big è lecito parlare in un genere come il dungeon synth, di sicuro Mortiis è uno di questi. Un secondo pilastro fondamentale sono stati indubbiamente i Depressive Silence che rappresentano la prossima tappa nel nostro viaggio all'interno del dungeon synth...