Forse siamo come le stelle: Essoupi, "Aktiv Dødshjælp" (1999)
Una cosa è certa: gli Essoupi dovevano obbligatoriamente far parte di questa rassegna. Sono loro, in un certo senso, che mi hanno ispirato, che mi hanno spinto a scriverla. Una menzione d'onore gliela dovevo.
Ecco la loro storia. Era circa un anno fa e mi era da poco balenata l'idea di scrivere una rassegna sul dungeon synth, un genere che conoscevo solo vagamente, quasi per sentito dire. Come sempre faccio, per farmi un'idea generale digitai nella stringa di ricerca di Google "best dungeon synth albums". Sono quei primissimi momenti di un progetto in cui uno si affida alle proprie sensazioni per capire se val la pena investire tempo ed energie nella scoperta di un genere musicale tanto da scriverci una rassegna sopra. E così mi ritrovai all'improvviso in un caleidoscopio di copertine a tema fantasy, certe variopinte, altre in bianco e nero: montagne, foreste, castelli, draghi, cavalieri, antri oscuri ed ancora castelli. Ma ce ne fu una che mi colpì più delle altre: era quella di "Aktiv Dødshjælp".
Nel perimetro di questa copertina trova dimora la sconsolata figura di un individuo rannicchiato su se stesso, incatenato al pavimento e ai muri di una cella carceraria. Quell'uomo indossa anfibi e pantaloni di pelle, ha vistosi tatuaggi sulle braccia e lunghi capelli che gli coprono il viso. Scoprirò poi che si tratta di Ammonium, il cantante della band.
Una rappresentazione, questa, che non è poi così lontana dalle tipiche copertine che troviamo in ambito depressive black metal ove di solito si avvistano componenti delle band in pose di ostentato dolore e scoramento. Il tutto, però, non calato nella squallida dimensione di un sudicio e scarno appartamento da single imbottito di psicofarmaci, ma incorniciato nelle pietre grossolane di una prigione che potrebbe essere collocata nei sotterranei di un imponente edificio del basso Medio Evo. E non nel classico bianco e nero, bensì in un insolito verdolino che conferisce alla scena un effetto straniante e quasi surreale.
Una rappresentazione, questa, che non è poi così lontana dalle tipiche copertine che troviamo in ambito depressive black metal ove di solito si avvistano componenti delle band in pose di ostentato dolore e scoramento. Il tutto, però, non calato nella squallida dimensione di un sudicio e scarno appartamento da single imbottito di psicofarmaci, ma incorniciato nelle pietre grossolane di una prigione che potrebbe essere collocata nei sotterranei di un imponente edificio del basso Medio Evo. E non nel classico bianco e nero, bensì in un insolito verdolino che conferisce alla scena un effetto straniante e quasi surreale.
All'epoca non ero al corrente dei forti legami sussistenti fra dungeon synth e black metal. O meglio, sapevo che tutto era partito dagli input di Mortiis e Burzum, ma pensavo che il carrozzone avesse presto preso una piega fantasy. Ora che invece sono un grande esperto sull'argomento, so che per tutta la decade novantiana il dungeon synth era stato per lo più l'emanazione diretta del black metal - principalmente sotto forma di progetti paralleli di musicisti con una carriera più o meno avviata. Sia quel che sia, quella copertina fu per me motivo di curiosità ed un grosso incentivo per approfondire la materia.
Ma torniamo a noi. Si diceva che la copertina evoca umori depressive. A dirla tutta anche il titolo è abbastanza depressive, se si pensa che aktiv dødshjælp in danese significa più o meno eutanasia attiva. Quanto al monicker, per carpirne il significato son dovuto ricorrere a ChatGPT (lo so... lo so... ChatGPT e dungeon synth son parole che non dovrebbero mai stare nella stessa frase). Secondo l'intelligenza artificiale (ma devo dire che mi è parsa un po' titubante) la parola "Essoupi" potrebbe derivare dal francese "essoupi", forma coniugata del verbo "essoupir" o "s'assoupir". In francese "s'assoupir" significa assopirsi, appisolarsi, cadere in un sonno leggero o in uno stato di torpore. "Essoupi" pertanto potrebbe essere il participio passato di s'assoupir, oppure, in senso figurato, potrebbe anche significare intorpidito, rallentato, riferendosi, per esempio, ad una persona o ad un’attività che ha perso vigore. Al di là del fatto che questa è una pura ipotesi - tanto più che il gruppo è danese e non si capisce bene perché si sarebbe dovuto impelagare in improbabili costruzioni linguistiche con il francese per la scelta del proprio nome - direi che ce la possiamo far andare bene, come spiegazione.
Passiamo ai membri della band. Formatosi a Bornholm, in Hovedstaden (Danimarca), il duo era composto dal tastierista Stryknin (alias Jim Christensen, attivo anche nel misconosciuto progetto electro/industrial Xenofobulus) e dal già citato Ammonium (alias Hugin Kjeldsen ed operativo in molti gruppi black metal come Aranruth, Blodarv, Sansager e Skjold). Oltre che come cantante, quest'ultimo viene accreditato anche come chitarrista, sebbene le sei corde abbiano nell'economia del suono degli Essoupi la consistenza e la concretezza dello spirito santo.
Nati nel 1999, gli Essoupi nel medesimo anno erano già defunti, ma perlomeno ci hanno lasciato un lavoro che sarebbe sopravvissuto al trascorrere del tempo, pur trattandosi di una semplice demo che non arriva alla mezz'ora...insomma, un'altra magia del dungeon synth!
Nati nel 1999, gli Essoupi nel medesimo anno erano già defunti, ma perlomeno ci hanno lasciato un lavoro che sarebbe sopravvissuto al trascorrere del tempo, pur trattandosi di una semplice demo che non arriva alla mezz'ora...insomma, un'altra magia del dungeon synth!
Quello che questi due signori hanno combinato è qualcosa di ardua classificazione. Nella loro musica ci sono elementi contrastanti e virate stilistiche non preventivate. Vi possiamo trovare arie medievaleggianti, sintetizzatori che riproducono archi e flauti, una maestosità che potremmo collocare fra il mistico e il fiabesco. E questa è la parte mooolto dungeon synth. Ma vi sono anche il passo marziale, l'incedere minaccioso, l'ossessività e la reiterazione ostinata dei temi melodici, trionfali e decadenti al tempo stesso: un approccio, questo, che tradisce una sensibilità squisitamente black metal. L'uso pronunciato di drum-machine e l'impiego della voce ampliano ulteriormente il range espressivo del duo sconfinando negli universi della musica industriale e della darkwave, rendendo la proposta particolare e assai diversa rispetto a tanto altro dungeon synth dell'epoca. Del resto, il dungeon synth non esisteva nemmeno come genere e quello degli Essoupi era un esperimento come tanti altri. Ognuno sceglieva la propria via: chi guardava al folk, chi alla musica cosmica, chi all'ambient, chi all'industrial. Gli Essoupi coniugavano alla perfezione suggestioni arcane e strumentazione elettronica.
"Aktiv Dødshjælp" dura 29 minuti e 36 secondi e si articola in tre movimenti concatenati fra loro. "Perhaps We Are Like the Stars..." è la traccia monstre che apre l'opera: una sinfonia del dolore anticipata da un grido strozzato e che per i successivi 14 minuti ipnotizza l'ascoltatore circuendolo subdolamente con reiterati e lenti passaggi melodici dal mesto retrogusto burzumiano. La drum-machine scandisce solennemente la ricorsività del suono mentre gelide tastiere ed un flauto misticheggiante disegnano cerchi concentrici fra le cui spire si fanno largo indecifrabili bisbigli. Insomma, un'altra traccia-capolavoro da inserire senza esitazioni in una ipotetica top-ten dei migliori momenti di sempre del dungeon synth.
Se fino a questo punto si è trattato di essere avvolti nelle carezze di un inquietante viaggio onirico, ecco che arriva "So Once Again We Gather..." a scuoterci dal torpore: una traccia più breve, di circa 6 minuti, il cui inizio è un sommesso ribollire rumoristico che viene di colpo spezzato da un acido screaming che scandisce con forza il titolo del brano. Da lì il brano cambia volto: incalzato da ossessivi battiti elettronici diventa darkwave allo stato puro. Vengono in mente i Lycia, viene in mente anche certa EBM "rallentata", complice una voce filtrata ed affilata come un pugnale sacrificale. La traccia mostra il volto più minaccioso del progetto e per certi aspetti il lato più vicino al black metal. Quel che è importante sottolineare è la scaltrezza della band nel saper concretizzare idee tanto semplici quanto efficaci. E farlo con perfetto tempismo.
Chiude la partita un altro brano lungo: i 10 visionari minuti di "Walking at the Boundaries of Life!" ci riportano alle ambientazioni iniziali, fra pompose orchestrazioni e il moto circolare del flauto, il tutto accompagnato da una solenne drum-machine ed oscure narrazioni. Come successo con la maestosa traccia di apertura, gli strumenti sono portatori del medesimo tema melodico e si danno il cambio in modo fluido, confermando la bravura del duo nel saper tirare la corda fino ad un attimo prima che si strappi (cosa che non è decisamente alla portata di tutti). I suoni sono apocalittici, "sgranati" come se uscissero da un amplificatore scassato dimenticato sull'orlo dell'abisso o da una vecchia radiolina scricchiolante abbandonata fra le macerie della fine dei tempi: espressione, questa, di una produzione sì artigianale, ma anche efficace e perfettamente in linea con gli intenti dei musicisti.
Avrete dunque capito che non ho inserito gli Essoupi nella mia rassegna solo per affetto personale, in quanto "Aktiv Dødshjælp" è un ottimo lavoro ed oltretutto tenuto in grande considerazione da parte del popolo del dungeon synth, nonostante le sue peculiarità.
Il fatto che un progetto così valido sia scomparso dopo aver rilasciato un'unica demo (ma vi sarebbero molti altri esempi da fare) è la dimostrazione plastica di come quelle sonorità - che un giorno sarebbero state etichettate come dungeon synth - non godessero di particolare fortuna alla fine degli anni novanta. Sicuramente molti di questi progetti erano stati vissuti dagli artisti stessi come esperienze estemporanee eventualmente da sacrificare per dare la priorità alle band principali.
C'è anche da dire che lo stesso pubblico rimase alquanto freddino innanzi a questi esperimenti, non prendendoli troppo seriamente, vedendoli semmai come curiosi diversivi e non come percorsi artistici degni di essere approfonditi. Aggiungiamo poi il fatto che il black metal "classico" proprio in quel periodo si avviava verso uno scenario di forte crisi: non sarà dunque difficile credere come tutta questa concezione atmosferica del black metal - non più spinta dalla forza propulsiva del genere-madre - si sarebbe presto immersa nell'oblio, dove sarebbe rimasta per una buona decina di anni.
La cosiddetta first wave del dungeon synth viveva già il suo crepuscolo, ma - come abbiamo già ricordato più volte - la lunga fase che sarebbe seguita (in cui non si sarebbero registrate uscite degne di nota), non avrebbe sancito la fine del genere: il dungeon synth sarebbe infatti riemerso più forte che mai molti anni dopo, quando finalmente il mondo sarebbe stato pronto per recepire il senso della sua missione...
La dark age del dungeon synth è alle porte...