I 10 MIGLIORI
CONCEPT ALBUM DEL METAL
APPENDICE I: “THE HUMAN EQUATION” (AYREON)
I dieci migliori concept metal album inseriti
dal nostro Lost In Moments nella sua bellissima Rassegna pubblicata da MM nel
2015 sono effettivamente intoccabili. Dieci capolavori che credo avranno messo
d’accordo i gusti di ogni grande amante del metallo, spaziando tra diversi
generi e diversi approcci nel trattare lo scivoloso strumento della “storia
unitaria”.
Come ogni scelta limitata a dieci
titoli però ha dovuto necessariamente lasciare fuori album che avrebbero
meritato di starvi dentro.
Modestamente, vorrei dare un
contributo a quella Rassegna aggiungendo la presente Appendice, dando spazio a
un gruppo che, a mio parere, ha dato un contributo consistente al Metallo
tutto degli ultimi 20 anni. Gli Ayreon di Arjen Anthony Lucassen, band di punta
ormai del panorama mondiale.
A cura di Morningrise
Credo sia fondamentale inserirla
in quanto Lucassen, da quando esistono gli Ayreon, e cioè dal meraviglioso “The
Final Experiment” del 1995 (ancora adesso una delle opere meglio riuscite del
Nostro), ha utilizzato il medium espressivo del concept-album in quasi ogni suo
lavoro (l’unico full-lenght a non essere un concept è “Actual Fantasy”, guarda caso
l’opera meno riuscita del polistrumentista di Hilversum). Un approccio come
detto sempre rischioso, difficile da trattare.
E che spesso richiede un
lunghissimo minutaggio per essere portato compiutamente a realizzazione (non a
caso la maggior parte delle release degli Ayreon sono doppi album).
Le storie lucasseniane sono state
sempre molto particolari: hanno collegato antico passato ad estremo futuro,
ambientazioni dell’Alto Medioevo con altre calate in un remoto futuro.
Al di là dei
continui rimandi tematici da un’opera all’altra, il vero trait d’union è però la
sfrenata fantasia, il tema del viaggio in mondi “altri”, diverso da quello che
conosciamo; spesso, ma non sempre, in ambientazioni extraterrestri,
fantascientifiche.
La nostra attenzione, per questa
Appendice, si sofferma su “The Human Equation” doppio album del 2004 in quanto,
a differenza dei concept precedenti degli Ayreon, questa volta Arjen focalizza
il tema del viaggio in un dimensione prettamente interiore, più mentale che fisica,
visto che tratta delle sensazioni, pensieri ed emozioni che attraversano il
cervello di un uomo nei suoi 20 giorni di coma, stato in cui è precipitato dopo
un terribile incidente stradale.
Ancora una volta, il mondo dei cantanti metal rispose “presente” alla chiamata alle armi di Lucassen, che, se da un
punto di vista strumentistico si fa carico di tutto (ad eccezione della
batteria), lascia invece grande spazio ai guest singers. Del resto,
come ogni sua opera, i personaggi della storia da interpretare sono
numerosissimi. E i protagonisti presenti sono di caratura internazionale: da
Devin Townsend (Strapping Young Lad) a Michael Akerfeldt (Opeth); dal mai troppo
compianto Mike Baker (Shadow Gallery) al solenne Eric Clayton (Saviour
Machine).
Senza trascurare (anzi dando loro un ruolo di primo piano) le dolcissime ugole femminili: Irene Jansen
(sorellina della più famosa Floor, singer degli After Forever) e colei che
reputo l’unica cantante del mondo metal capace di rivaleggiare con sua Maestà
Anneke van Giesbergen, e cioè la messicana Marcela Bovio (frontman peraltro di
uno dei molteplici e meglio riusciti progetti paralleli dello stesso Lucassen,
gli Stream of Passion).
Ma, inutile nasconderlo, il vero
protagonista di THE è il Sig. James LaBrie. Si, proprio il cantante dei Dream
Theater ha il ruolo più importante di tutti, quello di “Me”, cioè
l’ego del protagonista in coma. James è lodevolmente, e insospettabilmente,
sotto le righe per tutti i 100’ del platter, riuscendo quando chiamato in causa
a fornire una prova convincente e sentita, in perfetta sintonia col mood
generale. Risultato, immagino, ottenuto grazie alla la regia del mastermind
Lucassen.
L’incontro, lo scontro e
l’incrocio delle diverse voci/personaggi non risulta mai stucchevole. Anzi,
rende l’opera (di per sé molto imponente e impegnativa, come del resto ogni
pubblicazione a marchio “Ayreon”), assolutamente fluida, gradevole, scorrevole. Anche se il merito maggiore di questo
risultato è ovviamente da accreditare al lavoro di scrittura di Lucassen, che
riesce a trovare, per tutta l’ora e quaranta, un equilibrio in chiaro/scuro
davvero invidiabile.
A tal proposito è difficile se non impossibile sia estrapolare singole
tracce ché descrivere compiutamente la proposta musicale. Da un lato le consuete influenze settantiane
prog/space rock sono evidenti; non è un caso che, tra i diversi guest
musicians, si trovino anche due guru dei tasti d’avorio come Ken Hensley (Uriah
Heep) e Oliver Wakeman (Yes, figlio del più celebre Rick), che prestano la loro opera per singoli assoli di
hammond e synth; dall’altro tali influenze sono innervate da un ambient/psychedelic
naturalmente debitore dei Pink Floyd, sicuramente un faro seguito dal Nostro
(emblematica la splendida “Betrayal”). Ma niente paura. parliamo pur sempre di metal. infatti quanto sopra descritto è
ampiamente corroborato da massicce dosi di sano metallo: Arjen non rinuncia alle sue tipiche
partiture chitarristiche, che, in questo caso, strizzano l’occhio proprio
ai Dream Theater dell’epoca. E ricordiamo a proposito che il Teatro dei Sogni, appena 6 mesi
prima di THE, aveva dato alle stampe “Train of Thought”, forse il loro disco
più cupo, plumbeo e “distorto” (a tratti quasi nu-metal).
Ma inutile dire che la
personalità e l’originalità degli Ayreon è talmente elevata che siamo lontani
da qualsivoglia plagio o derivatività. A conferma di quanto sia tutto molto personale, Lucassen inserisce
anche moltissime parti acustiche e folk (sono ben quattro i musicisti olandesi precettati a suonare violini, violoncelli, flauti, pifferi, fagotto e
altre diavolerie a fiato), a tratti sfociando quasi in partiture di danza
celtica da pub irlandese (vedi “Loser”). E l’elemento acoustic/folk si rivela (e si rivelerà anche nelle produzioni successive, i bellissimi "01011001" e "The Theory of Everything") una scelta assolutamente vincente per l’economia complessiva del sound in quanto contribuisce a
rendere elevatissima la già alta emotività della musica ayreoniana (ad esempio,
vi sfido ad ascoltare “Sign” senza che una lacrimuccia vi scenda sulla
guancia…). Un libero sfogo alla vena acustica che però non scade mai nel banale
o nel melenso, essendo sempre intrecciata ad un’elettricità ficcante, dando al
tutto un senso compiutamente progressive metal, nell’accezione più alta e completa
del termine.
"Uomo = emozione" quindi? E' questa l'equazione di cui al titolo del disco? Parrebbe.
Una parola, emozione, fondamentale nella vita di ogni essere umano e ancora una volta al centro della poetica di Lucassen. “The Human Equation” è, prima ancora che un disco musicale, un’esperienza umana da provare, in quanto capace
in maniera forte di rendere questo sostantivo un qualcosa di vivo e arricchente.
Talmente arricchente da farmi affermare che THE non solo è stato uno dei venti album metal
più importanti e significativi dell’intera decade, ma anche il capolavoro della maturità
dalle mille sfaccettature di una delle menti più geniali che abbiano
attraversato il mondo del Metallo dagli anni novanta in poi.