C'erano
due fratelli nel sud della California: la terra del sole, del mare,
delle palme e delle sventole in costume. Lontano da cotante lusinghe,
come pittorescamente amavano dipingerci i Beach Boys, m‘immagino
Jeff ed Eric Clayton.
Jeff
era un bambino vivace, solare, che amava la vita e la natura in
quanto doni di Dio: probabilmente era anche un bravo boy-scout,
suonava la chitarra in chiesa ed era il preferito della catechista.
Il fratello Eric, invece, era ombroso, sempre pensieroso,
potevi vederlo aggirarsi con le mani giunte dietro alla schiena e il
volto corrucciato: amava dilettarsi con le lettura delle Sacre
Scritture. “Guarda, Eric”, diceva raggiante Jeff, con le
mani a coppa, “guarda che bella: una farfalla!”. “Non
tormentare le creature di Dio”, gli rispondeva raggelante Eric,
con la sua bassa voce da baritono, non alzando gli occhi dalle pagine
del libro che stava leggendo.
Eric
cantava nel coro, ma spesso gli dicevano di abbassare la voce, in
quanto il suo timbro baritonale spiccava fra le voci bianche dei suoi
coetanei, sortendo l'effetto di una campana che suona a morto. Il
prete stesso, quando lo vedeva, si toccava le palle: quando la figura
mesta e devota di Eric si faceva avanti la domenica mattina per
trovare posto nella prima panca, quella più vicina all’altare, il
Ministro di Dio, celebrando la Santa Messa, si sentiva in soggezione,
come se non fosse a posto con la propria coscienza, e perdeva la
concentrazione, impappinandosi, sotto lo sguardo severo di Eric.
C’era poi il momento della confessione, che oramai il prete temeva
più di ogni altro appuntamento settimanale, in quanto gli incontri
con Eric si assestavano temporalmente sull’ordine delle ore e si
rivelavano essere un insieme sistematico di speculazioni filosofiche,
futili dettagli di vita quotidiana e peccati inesistenti dovuti ad
inspiegabili sensi di colpa.
I due
fratelli avevo un ottimo rapporto, oserei dire fraterno, anche se a
volte Jeff provava una strana inquietudine quando aveva a che fare
con il fratello. Jeff aveva iniziato ad incontrare qualche difficoltà
nell’addormentarsi la sera (i due condividevano la stessa
cameretta) perché Eric amava ascoltare nel buio la Carmina
Burana, cosa che metteva un po' di malumore Jeff. A volte,
invece, gli capitava di svegliarsi di soprassalto, perché Eric
parlava nel sonno, o meglio, recitava preghiere con sofferta voce
baritonale. Il peggio però era quando Jeff, svegliato di soprassalto
per colpa di un incubo provocato dal borbottio notturno, veniva
raggiunto nel suo letto e preso per mano da Eric che a suon di
carezze e dolci parole sussurrate nell’orecchio (trasportate da una
raschiante fiatella di ostia e vino rosso) cercava di
riconciliargli il sonno (cosa che puntualmente non avveniva,
considerato che Jeff passava le notti insonni, nella più assoluta
immobilità, sforzandosi di non destare l'attenzione del premuroso
fratello).
Nel
1989 decisero di fondare una band, visto che Jeff, dopo anni
di messe e falò con gli scout, suonava discretamente la
chitarra, ed Eric, grazie all'esperienza nel coro (in verità, oramai
veniva ingaggiato esclusivamente per i funerali) era abbastanza
intonato per cantare. A Jeff piacevano gli U2, ma Eric li
riteneva troppo vacui come fonte di ispirazione. I due quindi
optarono (sotto l'impercettibile, ma costante ed irresistibile
pressione psicologica di Eric) per il metal: sebbene esso fosse la
musica del Diavolo, decisero che la loro arte sarebbe stata al
servizio di Dio. Si sarebbe chiamati Saviour Machine (dal nome
di una canzone di David Bowie), ambendo ad essere uno
strumento salvifico attraverso il quale diffondere il Verbo Divino,
evocare l’Amore di Dio in tempi disastrosi per l’umanità.
Nel
1990 incisero un demo, ma il primo album “Saviour
Machine” uscì tre anni più tardi, nel 1993, dopo una
sostanziosa gavetta che permise alla band di esordire in una veste
già matura e professionale. Nell'esperienza si riversò la passione
per la musica classica ed operistica di Eric, tanto che l’ottimo
debutto (per molti il parto migliore della band) suonava come un
oscuro impasto gotico che in apparenza di cristiano aveva ben poco.
Non aspettatevi quindi cori angelici e campane a festa, bensì un
epic metal atipico, ammorbato da orchestrazioni imponenti e
dal vocione greve e teatrale di Eric, decisamente distante dalle alte
frequenze toccate dalle sirene del power metal. La chitarrina
in delay che andava a tributare l’estro del “mitico” The
Edge, grande maestro per Jeff, appariva solo sporadicamente,
affogando in composizioni asfissianti, ossessive, ma ancora
coinvolgenti.
I
Saviour Machine avevano rilasciato il loro debutto per l’etichetta
cristiana Frontline Records, ma presto si ebbero degli screzi
per via di problemi legati ad una serata al New Union, noto
club cristiano della zona: in pratica i Nostri suonarono ad un evento
cristiano in un festival di gruppi cristiani, pieno zeppo di gente
cristiana, ma vuoi la violenza della proposta (non molto in linea con
la proposta cristiana della altre band cristiane), vuoi la presenza
scenica di Eric (che amava conciarsi come un santone fuori di
cervello: tunica, crapa pelata, cerone, trucco, una ferramenta
addosso fra collane, croci ed orecchini), fatto sta che i devoti
scapparono impauriti e la Frontline dovette intervenire e scusarsi
con il pubblico.
Jeff
magari accarezzava l’idea di fondare una cover band
dei Police per passare in rassegna i bar della costa, ma l’avventura
salvifica era destinata a continuare. La Frontline però impose le
sue condizioni. “Do you see the light of the Saviour inside this
machine?” fu la domanda, e così i Nostri dovettero far
trapelare un po’ più di Salvatore nella loro. Grazie anche
all’ingresso del nuovo tastierista Nathan Van Hala, il sound
dei Nostri si alleggerì un poco, facendosi meno chitarristico e
maggiormente incentrato sul pianoforte. Nel 1994 usciva
“Saviour Machine II” che tuttavia riusciva ad essere più
ostico del suo predecessore: il formato canzone veniva assorbito in
impetuosi crescendo a base di orchestrazioni e sermoni lamentevoli.
La chitarra di Jeff era praticamente un soprammobile, visto che
l’intera scrittura delle musiche passava al nuovo arrivato Van
Hala. Questa fase artistica si concluse con il bel “Live in
Deutschland” del 1995 (in Germania essi trovarono il
loro pubblico più devoto).
Jeff
sospirava: “Ti voglio bene, fratello mio e se i Saviour Machine
così devono suonare, così suoneranno se questa è la volontà di
Dio”. Però in cuor suo continuava a sperare che presto si
sarebbe tornati ad una forma più canonica di heavy metal; aveva in
mente, del resto, un sacco di riff che avrebbero fatto invidia agli
U2! E poi basta con i concept: c’erano tante maniere per
celebrare l’Amore Infinito di Dio, magari guardando alle
piccole cose della vita, quelle semplici, magari da raccontare con
una raccolta di canzoni scollegate, scelta che avrebbe potuto donare
freschezza e leggerezza ad una musica che rischiava di impantanarsi
in una melma pericolosamente concettuale.
Presto
fatto, l’album successivo (uscito per l’etichetta Massacre,
che garantiva una maggiore libertà artistica) costituiva il primo
tomo di un concept diviso in tre parti che intendeva
raccontare l’Apocalisse così come veniva trattata nel
Vecchio Testamento: un modello insuperato nella musica, una
delle opere più ambiziose di sempre, ed è strano che a farlo sia
stata proprio una band metal. “Legend – Part I” veniva
rilasciato nel 1997: confezione nera, soliti ottanta minuti,
con la sola variante che le chitarre (ridotte ad anonimi riff
dall’ossessività quasi industriale) divennero un mero piedistallo
per le orchestrazioni pompose di Van Hala. In una parola: la musica
dei Saviour Machine, sotto la severa ed inflessibile regia di Eric,
diveniva sempre meno musicale e sempre più concettuale. Tutto
praticamente veniva sottomesso alle esigenze del concept:
l’impalcatura messa insieme non era altro che il palcoscenico per
la performance lirica, la quale assumeva i crismi di una vera
e propria rappresentazione teatrale.
La
tabella di marcia venne definita nel dettaglio: l’impresa, benché
impegnativa era alla portata di coloro che facevano parte del
progetto divino dei Saviour Machine. Secondo e terzo capitolo
vennero quindi schedulati per il 1998 e il 1999, con mega concerto
di chiusura (dove tutte e tre le sezioni sarebbero state
rappresentate) da tenere niente meno che il 31/12/1999, niente
meno che a Gerusalemme.
“Legend
– Part II” uscì in orario, e riprendeva il discorso proprio
laddove l’album precedente l’aveva interrotto. Incredibilmente
riusciva ad essere un ascolto ancora più impegnativo, ed è qui che
i nostri iniziarono davvero a cagare fuori dal vaso. Basti pensare
che, siccome non bastavano ottanta minuti, fu rilasciato anche un EP
“Behold the Pale Horse” ad integrare il concept
(E:“Oh mio Dio,
come posso trascurare Isaia? Dovrei sfoltire questa parte di
Ezechiele…che però è indispensabile, sennò non è chiaro il
concetto esposto da Geremia”). I suoni si facevano dunque
ancora più confusionari, la musica era oramai un caos
indistinguibile, un affollarsi di voci e campionamenti rovesciati
sulle orchestre messe insieme da Van Hala e le ritmiche monotone di
Jeff, che oramai era l’ombra di se stesso (J: “Quando,
fratello mio, potrò mostrarti quelle idee che ho in mente dal ‘93?”;
E: “Più tardi, fratello mio, più tardi, sappi attendere il tuo
momento, ricordati che gli ultimi saranno i primi,
lascia che sia fatta la volontà di Dio”).
Ma
anche per Eric la faccenda non era semplice: schiacciato
dall'enormità del suo progetto, iniziava a mostrare segni di
stanchezza. Quel maledetto mal di pancia istigato dal Maligno per
sgambettarlo nei suoi intenti: la gastrite si faceva devastante, ma
avanti bisognava andare. Se Dio lo vuole (E: “Sarò in grado, o
mio Signore, di portare a compimento la mia opera? …‘Azz che
acidità quei pomodori… e perché mio fratello è così silenzioso,
forse non si diverte a perseguire la tua volontà? E quel passo di
Gioele, come faccio ad ometterlo? Dammi la forza, mio Dio...”).
Insorsero
infine le complicazioni: nel 1999 non uscì un bel niente a
nome Saviour Machine: che i Nostri abbiano desistito dal completare
la loro missione? Purtroppo si iniziò a vociferare di problemi di
salute di Eric, affetto da una patologia denominata Esofago di
Barrett, forma pre-cancerosa dal reflusso gastroesofageo. L’unica
cosa da fare, dunque, era raccogliere le ultime forze e far uscire
‘sta benedetta ultima parte così da finire la trilogia e voltare
pagina definitivamente. Possibile che sgravati dalla pesantezza del
concept i Saviour Machine potessero riguadagnare salute e
freschezza? J: “Così potremo rinascere, fratello mio, più
liberi di servire Dio!”.
Nel
2001, dopo inenarrabili patimenti, esce “Legend – Part
III:I”, ossia la prima parte dell’ultimo tomo, che, per
esigenze di spazio, verrà splittato in due parti. “Ma
allora siete stronzi!”, potrebbe aver detto Dio in persona,
innanzi ad un simile atto di presunzione e forse di vanità
(pentendosi di non aver inserito nelle tavole l'undicesimo
comandamento: sii sintetico): “Siete esausti, sfiniti,
non ce la fate più a mettere in fila due note, e che cosa fate?
Decidete di allungare ulteriormente il concept? Il concept più
monumentale ed ambizioso (e prolisso) nella storia del rock?”.
E: “Ma come faccio, mio Dio, ad omettere quel che dice Ismaele?
E Abramo?” Gli sforzi messi in campo però non dettero gli
esiti sperati. Il fatto è che i Saviour Machine erano un po' spariti
dall'immaginario collettivo, impazziti dietro ai loro struggimenti
(“E Malachia? E Zaccaria?”). Questa terza parte sarà
l’anello debole della trilogia: si capisce che l’esperienza si
stava esaurendo, sotto il ferreo Papato di Eric i musicisti avevano
perso la motivazione, persino Jeff, dopo un po’ di tentennamenti,
abbandonerà. (J: “Fratello mio, me ne vado, mia moglie e
i miei figli piangono, debbo portare un piatto di minestra a casa a
fine giornata, perdonami, ma devo lasciare, Padre Paul mi ha
segnalato per dei lavori di muratura per la vecchia Chiesa”; E:
“Non ti preoccupare, fratello mio (colpo di tosse), sono
tempi difficili per tutti, soddisfa tua moglie e sfama i tuoi figli,
che Dio abbia pietà di noi”).
La
missione rimarrà tuttavia incompleta. Come contentino per i fan,
verrà pubblicato “Live in Deutschland 2002” (ultima
uscita ufficiale della band). Dell’ultimo capitolo della saga non
se ne parlerà fin quando voci di corridoio indicheranno il
07/07/2007 come la data di uscita dell'oramai leggendario
“Legend – Part III:II”. Ma il peggioramento delle
condizioni di salute del povero Eric non permetteranno di rispettare
la scadenza e dopo un periodo caratterizzato da una forte
discontinuità lavorativa, nel 2012 la band si riunirà per un
mini-tour acustico (tre date in Europa), dove il fratel
prodigo Jeff avrà modo di tornare all’ovile. Chissà se,
imbracciando la chitarra classica, come faceva ai tempi degli scout,
si sarà riconciliato con la musica. E con suo fratello...