La Storia del Metal ci insegna
che i movimenti e le tendenze che la hanno attraversata hanno avuto sempre cicli
di vita piuttosto brevi: nell’arco di quattro/cinque anni, i nuovi (sotto) generi emergono,
spesso in modo repentino e prepotente, poi maturano e si sviluppano; infine
cominciano a inaridirsi e/o ad ingessarsi in determinati clichè che danno luogo
ad album in serie, di riepilogo, magari anche di buona fattura ma che poco o nulla aggiungono a quanto detto in precedenza e
che portano ad un avvitamento dal quale per molti gruppi è difficile fuoriuscire.
Con qualche piccola variante
questo schema evolutivo, lo abbiamo visto ripetersi per il Thrash, poi per il Death
e successivamente per il Black. In pochi anni le band capostipite, quelle di
maggior classe, appartenenti a questi filoni riuscivano a pubblicare due, tre,
i migliori anche quattro, album seminali, decisivi per la definizione dei
canoni musicali di quella branca, finchè o arrivava qualcun altro a creare un
nuovo sound, spesso estremizzando gli stilemi del filone precedente e inventando
un nuovo ibrido musicale; oppure si tornava al passato, si ripescavano sonorità che
parevano demodè; alcuni gruppi lo facevano in maniera nostalgica, altri
rivisitandole in chiave moderna, personalizzandole e dando il “la” a un
qualcosa di nuovo con il quale le nuove leve che volevano emergere, avrebbero
dovuto fare i conti, confrontarvisi.
E’ successo 35 anni orsono anche
per la N.W.O.B.H.M., che in realtà non fu mai un genere vero e proprio, ma un
Movimento, una sorta di “Scuola Musicale”, una Scena composta da decine e
decine di bands che, se da un lato avevano tutte la propria ragion d'essere nella voglia e nell'urgenza artistica di “svecchiare” l’hard rock e l’hard&heavy degli anni ’70, avendone però
interiorizzato la lezione, dall’altro lo fecero esprimendo un sound stra-variegato:
gli Iron Maiden ad esempio suonavano in modo totalmente differente dai Tank, così come i Praying
Mantis dai Samson, i Def Leppard dai Diamond Head, i Saxon dagli Angel Witch…e si potrebbe andare avanti.
Insomma, ognuna di queste band geniali, idealmente capitanate da Steve Harris & co., svecchiava a modo suo, secondo una propria visione di questo
materiale nuovo, incandescente e che stavano esse stesse contribuendo a
plasmare, denominato appunto Heavy Metal.
Sta di fatto che dal 1980 al 1983
le migliori cartucce della New Wave vennero “sparate”, il suo insegnamento venne
appreso e metabolizzato da schiere di giovani ventenni che erano al contempo
fan di quelle band, a loro volta musicisti e futura avanguardia metallica. Avanguardia
che, nel momento di affievolimento e rinsecchimento di questo impetuoso fiume britannico,
si spostò oltreoceano trasferendosi negli USA.
Gli anni ’80 in USA furono gli
anni del reaganismo. Dopo aver fatto per 30 anni l’attore, ed aver cambiato
casacca lasciando il Partito Democratico e aderendo a quello Repubblicano,
Ronald Reagan arrivò al potere nel 1981 e vi rimase per due mandati
quadriennali. E fu proprio nel 1983, dopo un paio di anni difficili, che la
situazione economica statunitense iniziò a decollare, favorita dalle politiche
liberiste del governo Reagan (le celebri reaganomics, basate sul taglio dell’imposta sul reddito e da
una maggior spesa statale, soprattutto nel campo militare).
Quelli furono anche gli anni del
boom della Borsa di Wall Street e dei suoi protagonisti: gli Young Urban Professional, altrimenti noti come Yuppies! Schiere di giovani neo-laureati nelle più prestigiose business schools
del mondo che si buttavano, come direbbero gli spagnoli, “a huevo” nel mondo
della finanza, attirati dal guadagno facile e dalla bella vita
newyorkese. Giovani che, dopo una giornata iperstressante passata in Borsa, andavano a frequentare il celeberrimo Studio 54 a Manatthan, partecipando a mega-party
orgiastici a base di cocaina e donne mozzafiato (spesso escort di lusso), indossando
rigorosamente abiti firmati dai più importanti stilisti italiani.
La Settima Arte, nella sua
versione hollywoodiana, non poteva non guardare a questo fenomeno che si viveva
in casa propria e lo descrisse in maniera mirabile in alcune famose pellicole,
a volte incensandolo e altre volte facendone già sottintendere gli effetti
distorti e rovinosi (“Wall street” di O. Stone è già del 1987). Soprattutto
negli ultimi 15 anni, dopo averne vissuto le “bolle”, le speculazioni e i
relativi fallimenti, il Cinema americano lo ha analizzato in maniera ancor più
critica. Basti pensare a film come “American Psycho” o il recente “The Wolf of
Wall Street” di Scorsese.
Anche l’Italia ebbe la sua
versione dello yuppismo: centro nevralgico e rappresentativo di questo stile di
vita fu la capitale economica del Bel Paese, la c.d. “Milano da bere” (che
durò finchè Tangentopoli non ne smascherò il dopaggio e la corruttela che ne stavano
alla base) immortalata in maniera parodiale, ma anche ruffiana, dal Vanzina di
“Via Montenapoleone” o di “Yuppies – I giovani di successo”. Il principio che
guidava la vita dei protagonisti, i c.d. “giovani rampanti”, era essere è meno
importante che apparire, o meglio: apparire è essere!
Insomma, niente sembrava poter
fermare le “sorti magnifiche e progressive” di questa generazione dell’occidentale
capitalistico, una generazione formata da ragazzi guidati quasi esclusivamente
dall’amore per il Dio Denaro, degli homines
oeconomici razionali, amorali, individualisti e utilitaristi.
E la musica? Beh, nel vuoto di
valori morali e sociali generato da questa nuova stagione economico-sociale anche
la musica non esprimeva granchè, ristagnando alquanto: meglio i Duran Duran o
Prince? I balletti di Michael Jackson o l’indie pop degli Smiths? Stiamo dalla
parte dei R.E.M. o degli U2?
In questo contesto, proprio nella
progressista e democratica California, un giovincello di 18 anni, promettente
speranza del tennis danese, di nome Lars Ulrich incontra nella Città degli
Angeli il coetaneo chitarrista James Hetfield…sono entrambi appassionati sia
delle sonorità che erano esplose con la N.W.O.B.H.M. che dell’attitudine del
punk di fine anni settanta…quello che crearono è ormai leggenda ed è conosciuto
sotto il monicker di Metallica: nasceva il Thrash metal e la sfilza di band che
seguirono i Four Horsemen sembrava dicessero agli Stati Uniti reaganiani che quel mondo tutto luccichii plastificati, lusso smaccato e sfrenato individualismo non rappresentava davvero la società statunitense; no, c’era ben altro. E
quest’altro era morte, dolore, miseria, frustrazione, rabbia, esclusione. Era
anche questa, anzi soprattutto questa, la Realtà quotidiana che la stragrande maggioranza
degli americani vivevano e con la quale il governo e la upper class urbana
doveva fare i conti.…e i gruppi thrash lo esprimevano con un linguaggio
diretto, concreto, intelligibile dalla massa.
Da L.A. a San Francisco, dalla
California alla East Coast, e da lì all’Europa: questo “battito continuo” così
devastante, anti-melodico, suonato da loschi figuri vestiti completamente di
nero, ragazzi coi brufoli ma già dannatamente maturi, portò a una nuova
consapevolezza con cui l’industria musicale della società occidentale, e la
società stessa, dovette fare i conti. Il Thrash fu rivoluzionario, oltre che
musicalmente, anche socialmente per questo motivo. Ed essendo
rivoluzionario, sgusciante, potente e visionario, era anche pericoloso
per l’establishment, che reagì; tardivamente ma reagì. E vedremo come.