"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

22 gen 2025

VIAGGIO NEL DEPRESSIVE BLACK METAL: HAPPY DAYS

 


Quarantaquattresima puntata: Happy Days - "Cause of Death: Life" (2012) 

Sunday, Monday, Happy Days 
Tuesday, Wednesday, Happy Days 
Thursday, Friday, Happy Days 
Saturday, what a day 
Rockin' all week with you!

Vi ricordate la vecchia sigla di "Happy Days"? Bene, toglietevela dalla testa perché oggi si parla di suicidal al 100% e lo facciamo proprio con gli  Happy Days: un monicker, questo, che certo non passa inosservato, soprattutto se associato al bellissimo logo con i due cappi che pendono ai lati. Ci si rifà alla popolarissima serie TV americana, certo, ma i punti di contatto terminano con l’ironica scelta del nome. Continua così la nostra rassegna con una band di primissimo piano per quanto riguarda il corso recente del depressive black metal.

I bei giorni andati. Questi sembrerebbero i tanto decantati giorni felici, almeno stando al testo di “Happy Days” (il brano):

“I remember when there used to be colors all over,
and I could wake up and barely open my eyes,
Having a simple mind,
Feeling so euphoric,
Not knowing what later lurks in my lifetime,
Wanting to stay in this moment always,
Now my days are fading every time I blink,
Foreseeing images,
Flashing in my head,
Violent voices,
Wanting me dead,
Opened eyes start to burn now,
The sun is just too much,
And when I close them the darkness engulfs me”

Chiarito il concetto, possiamo iniziare a parlare della band, che nasce nel 2004 in Florida per volere di A. Morbid, un altro genietto del depressive. Curiosa la quasi omonimia con il nostro Herr Morbid (dei Forgotten Tomb), ma non c'è da stupirsi più di tanto: si capisce che il DBM è un genere che, pur fiorendo nei più diversi e fra loro remoti meandri del mondo, nasce dai medesimi processi mentali... 

Genietto perché, oltre a confezionare una carriera con i fiocchi con gli Happy Days, suo progetto principale, lo troviamo invischiato in molte altre formazioni sempre dedite al DBM, fra cui possiamo citare almeno i Photophobia (segnatevi il loro esordio "Humana Fragilitas" del 2010) e gli Hanging Garden ("Goodbye Love...Hello Heartache...", del 2011, un altro titolo da annotarsi). Ma torniamo agli Happy Days... 

I primi anni sono silenti. A dire del diretto interessato vennero trascorsi a comporre musica in totale autonomia con l’ausilio di una sola chitarra acustica (insomma, non giriamoci troppo intorno, il Nostro strimpellava senza troppe pretese nella sua cameretta). Poi nel 2007 vengono pubblicati tre demo, dove A. Morbid era l’unico componente del progetto. Da notare che il Nostro, nonostante fosse americano, scriveva all’epoca i testi in norvegese: uno, per tributare la gloriosa stagione del black metal scandinavo; due, perché nei testi egli parlava di fatti molto personali che preferiva venissero compresi il meno possibile (da qui, appunto, l’utilizzo della lingua norvegese, non proprio di dominio pubblico in America). Da precisare che i titoli delle demo, contrariamente ai titoli dei brani e ai loro testi, erano in inglese e palesavano in modo anche troppo esplicito l’aderenza ai canoni del depressive: “A World of Pain”, “Alone and Cold”, “Drowning in Negativity”. 

L’esordio discografico vero e proprio avverrà nel 2008, anno in cui entra in organico il batterista Karmageddon (attualmente in forza in diverse band, fra cui i “depressiviWedard che abbiamo conosciuto qualche puntata fa). Con questa formazione la band darà vita ai suoi migliori lavori: “Melancholic Memories” (2008), “Defeated by Life” (sempre nel 2008), “Happyness Stops Here...” (2009) e “Cause of Death: Life” (2012), ad oggi apice artistico del duo. 

Degli Happy Days apprezzo in particolare i titoli dei loro album, così spudoratamente nichilisti, ma al tempo stesso venati da una certa ironia (aggiungerei alla lista anche gli splitChildren of Failure”, "The First Step Towards Suicide”, “The Great Depression I” e “The Great Depresion II”, fra gli altri). “Cause of Death: Life”, per esempio, è un titolo ossimorico e volendo non-sense ma chiaro nel concetto: la vita è la vera causa della morte e ad essa conduce inevitabilmente

Nella musica degli Happy Days, tuttavia, non v'è ombra di quella goliardia che trapela dai titoli delle loro opere, come se, una volta impugnati gli strumenti, i Nostri divenissero seri, serissimi. Si prenda per esempio il testo di “No Point in Living”:

“Each day passes by slower and slower,
Rotting little by little,
Agony and suffering is all I know,
Am I meant to commit suicide?
The more and more i realize,
In the end nothing really matters,
You can have a happy life with nothing wrong,
Sounds more of like a Fantasy to me,
Happiness doesn't last,
Depression and Negativity will always triumph,

So why continue on living,
Why not just end it already,
Jump in a pool of Razors,
Hang yourself,
Jump off a building,
Review your entire life,
Realize what a great waste it was...”

“Cause of Death: Life” si concretizza in un doppio-album di un’ora e tre quarti. Uno strazio insopportabile? Niente affatto! “Cause of Death: Life” è il classico ascolto spizzante , perché non siamo innanzi né alla follia anarchica ed irriverente dei Lifelover, né alle esagerazioni ed alla provocazione pura di band come I’m in a Coffin. L'intento comunicativo per A. Morbid e Karmageddon non passa mai in secondo piano, realizzando i Nostri una quindicina di pezzi di durata variabile che non tirano mai troppo la corda (scusate l’espressione ehm... non proprio felice considerato il contesto), ma anzi si muovono sull’onda di soluzioni melodiche sempre brillanti. 

Se dovessi dare una definizione di queste quasi due ore di musica, direi che ci troviamo nel perfetto luogo di incontro fra il suicidal classico (nomi come Shining e Silencer vengono spesso in mente) e il post-black metal melodico di Alcest ed Agalloch. In più – ma questa è una mia opinione personale – aggiungerei, come riferimento, anche gli italiani Novembre, che possono essere indicati, insieme ai Katatonia, fra i precursori di quelle sonorità fra gothic e black germogliate nel corso degli anni novanta e che in qualche modo avrebbero influenzato le sorti del DBM di seconda generazione. 

Ne è una prova l’arpeggio post-rock che apre l’album: la già citata “Happy Days” nei suoi otto minuti e mezzo di durata, è un’opener che condensa l’Happy Days-pensiero. Al centro di tutto troviamo le trame melodiche che spesso vedono la compresenza di due chitarre, una elettrica ed una arpeggiata o solista. Si parla di composizioni articolate e dinamiche, animate da uno spirito progressivo dove il drumming di Karmageddon fa tanto per cucire le note tessute dalle sei corde. 

Lo screaming di A. Morbid è sofferente come da copione e a colpire duramente sono i lancinanti acuti che si avventano sull’ascoltatore come ululati di lupi isterici o scuoiati vivi (scegliete voi l'immagine che più vi aggrada!). Buone le capacità interpretative, quasi attoriali, che disvelano l'approccio tipicamente teatrale di molti cantanti suicidal. Ad aumentare la dose di disagio v’è la scelta stilistica di cantare molto spesso sulle chitarre acustiche, generando un forte stridore fra la gentilezza delle melodie e la disperazione del cantato. 

Attenzione, però: non v’è da aspettarsi orina fuori dal vaso, in quanto tutto l’album si misura con un grande senso dell’equilibrio, cosa che rende l'opera facilmente fruibile e scorrevole nel complesso. Non mancano le utili variazioni, che in un album di quasi due ore, per quanto ispirato, diventano più che necessarie. Mi permeggo di citare qualche passaggio degno di nota. Di sicuro va citato il furioso monologo posto all’inizio di “For these Wounds Will Never Be as Deep as the Emptiness”, brano che poi contemplerà anche l’impiego di uno screaming teatrale su chitarra arpeggiata. Quello del canto sulle chitarre acustiche, si diceva, è un escamotage che troveremo spesso. L'apice si avrà nel finale della splendida “Take Me Away” con una manciata di avvincenti minuti a base di grida scomposte e chitarre neo-folk. 

Interessante segnalare che il brano successivo, “Abigail”, si apre con un dialogo tratto dal film “Closer”, una commedia con Julia Roberts (!!!). Si tratta di un litigio fra (ex) amanti a cui vengono cucite intorno ancora chitarre acustiche. Si tratta solo dell’incipit di un brano strumentale di undici minuti che, fra pieni e vuoti, si svilupperà attraverso gli schemi di tensione e rilascio tipici del post-rock. Nel calderone finisce anche una cover di tali Freitod (depressive band tedesca) cantata in lingua madre: “Abwärts” è un brano un po' rockeggiante che contempla anche un ritornello in voce pulita e che nei suoi nove minuti di durata rappresenta quasi un momento di leggerezza. 

Se l’album fosse terminato qua, parleremmo di un capolavoro, ma abbiamo ancora un secondo tomo da esplorare. Non che le rimanenti cinque tracce siano da buttare, anzi, ma è inevitabile che con durate di questo tipo la tensione nell’ascolto si allenti con il trascorrere dei minuti e la pazienza dell’ascoltatore finisca per vacillare. Non mancano comunque dei momenti degni di essere ricordati: la stonata “Heroine is Good for You”, per esempio, sfoggia sperimentazioni psichedeliche muovendosi con passo sbilenco attraverso effetti di chitarra ed texture sonore che potrebbero (vagamente, ho detto vagamente!) ricordare certe cose dei Voivod

Anche la brutale “No Solution” presenta armonie dissonanti, andando però a costituire, fra blast-beat e grida bestiali, il momento più violento del lotto. La breve “Forever Asleep (Dead)” conclude all’insegna dell’agonia più ostentata un secondo lato indubbiamente più feroce e meno incline alla melodia del precedente. Ma a conti i fatti, i pregi sono di più dei difetti: con il mastodontico “Cause of Death: Life” gli Happy Days offrono un’opera-monstre che può essere anche vista come il manuale del perfetto DSMB aggiornato ai canoni degli anni dieci. 

Dopo uno iato di quattro anni i Nostri si presenteranno con il meno convincente “Save Yourself”, dove dietro alle pelli siederà un nuovo batterista, tale Devastation. Seguiranno altri anni di silenzio, fino a quando gli Happy Days si ripaleseranno al mondo completamente rigenerati, operanti dalla Francia (ove A. Morbid si trasferirà in pianta stabile), con una formazione nuova di zecca ed il nuovo (ad oggi ultimo) lascito discografico "En Enfer, j'ai Régné", che tuttavia non riesce ancora a bissare i fasti del passato... 

Che i giorni felici siano trascorsi ed oramai lontani? 

These happy days are yours and mine
Won't you be mine
These happy days are yours and mine
Oh please be mine
These happy days are yours and mine
These happy days are yours and mine
Won't you be mine
These happy days are yours and mine
Oh please be mine
These happy days are yours and mine...