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24 gen 2024

VIAGGIO NEL DEPRESSIVE BLACK METAL: FORGOTTEN TOMB



Quindicesima puntata: Forgotten Tomb - "Songs to Leave" (2002)
 
Fra il 2000 e il 2003 il depressive black metal ha avuto modo di consolidarsi come sotto-genere a sé stante. In questi tre/quattro anni sono uscite le opere seminali di Abyssic HateShiningSilencer, Xasthur e Leviathan: già bastano questi nomi per poter dire, a posteriori, che un nuovo filone del black metal stava nascendo. 

In quegli anni videro la luce anche i primi due lavori dei piacentini Forgotten Tomb e con insolito orgoglio possiamo affermare, una volta tanto, che una formazione italiana ha concorso attivamente alla definizione di un nuovo genere che poi sarebbe proliferato in tutto il globo. Ma siccome siamo dei mal fidati, la domanda che ci poniamo è la seguente: e se il depressive black metal all'italiana non fosse altro che un risultato non preventivato di un semplice incrocio fra black e doom, come del resto poteva capitare all'epoca? O anche dieci anni prima, volendo, vedi Katatonia, Ophthalamia ecc.

Potremmo liquidare l'affair Forgotten Womb come un caso fortuito, come se certe commistioni sonore fossero state rivalutate a posteriori nel momento in cui un nuovo genere si è costituito per merito di altri. Potremmo farlo per molti nomi, non solo in Italia, ma non per i Forgotten Tomb, che fin dagli inizi hanno manifestato dei solidi intenti programmatici. Merito principalmente della determinazione e della caparbietà, della nitida visione artistica di Ferdinando Marchisio, in arte Herr Morbidmente perversa quanto lucida dietro al progetto. 

Fatta eccezione di una demo uscita nel 2000 ("Obscura Arcana Mortis") in cui il nome della band poteva ancora essere associato ad un black metal assai canonico, già dall'album di debutto "Songs to Leave" titolo e copertina parlavano chiaro, e non è un caso che esso sia con il tempo divenuto un classico delle sonorità depressive. Soffermiamo l'attenzione sulla copertina: un uomo (lo stesso Marchisio) praticamente nudo e sanguinante ripiegato all’interno di una vasca da bagno. Questa è la classica immagine disturbante che presto diverrà uno standard iconografico nel suicidal, filone artistico che amerà tappezzarsi di scatti artigianali ritraenti i membri stessi delle band in pose scabrose e di ostentato auto-lesionismo. 

Solo una questione di cattivo gusto o l'aderenza ad  un messaggio lirico ben preciso? La seconda! E' incontestabile infatti l'insistita trattazione da parte della band di temi che all'epoca non era così frequente incontrare nel black metal: i testi dei Forgotten Tomb parlavano del fine vita, degli stati d'animo che precedono l'ultimo gesto fatale. In essi si invocava continuamente la morte, si rimarcava l'insostenibilità della vita, la sua inutilità, la sua assenza di significato. In definitiva si cantava della fatica di esistere e della necessità di porre fine all'esistenza stessa, e tutto questo era incontestabilmente suicidal in tempo reale. E non era poco, considerato che all'epoca non erano molte le band che potevano vantarsi di far parte del movimento. 

Forse i testi sarebbero potuti apparire (agli occhi di chi si fosse preso la briga di leggerli) didascalici, artificiosi ed un poco puerili, ma anche questo approccio così esplicito e descrittivo sarebbe divenuto cosa diffusa nel suicidal. Quanto alla musica, anche su questo fronte i piacentini si sono fatti trovare ben equipaggiati per poter meritare quello status di culto che sarebbe stato loro riconosciuto in seguito.  

I Forgotten Tomb entrano in studio come one-man band, in linea con le prerogative del genere, ma anche per necessità, in quanto, a dire di Marchisio, non era facile all'epoca trovare musicisti disposti a sposare quel tipo di causa (a dimostrazione del carattere avanguardistico che incarnava il progetto e in particolare nel panorama italiano). Il Nostro dunque, al fine di portare a compimento le proprie idee, si fece carico di tutti gli strumenti affidandosi per la parte ritmica ad una drum-machine. Il risultato sono cinque tracce di elevata durata che esprimono un black metal arcigno e disperante che faceva forte incetta di suggestioni dark e gothic metal. Un luogo, in definitiva, in cui Burzum conviveva con primi Paradise Lost e soprattutto con i Katatonia. Io ci butterei dentro anche qualcosa dei The Cure. Negli esiti finali ci si allineava a quanto compiuto dagli Shining proprio in quegli anni. 

“Songs to Leave” è per molti aspetti un album acerbo, ma già palesa un discreto spessore compositivo e per certi aspetti rimane la testimonianza più sincera, genuina e toccante dei Forgotten Tomb. A colpire è l'ispirazione alle sei corde: chitarra ritmica e solista si intrecciano continuamente guardando alla scuola gotica degli anni novanta e mostrando una verve che getta una distanza rispetto ai minimalismi professati nella penisola scandinava. Le chitarre generano infatti un'atmosfera vorticosa ed asfissiante, ma lo fanno in modo dinamico, evitando l'eccessiva reiterazione e puntando semmai ad edificare un mood di grande afflizione, passaggio melodico dopo passaggio melodico. 

"Entombed by Winter" è una escursione doom/black che mette in risalto il lato più affossante del progetto, dove uno screaming effettato (quasi "megafonato") disperde ansia e disperazione fra i riverberi e le asprezze del nascente movimento depressive. Complice anche l'assenza di un batterista, l'aspetto ritmico è lasciato in secondo piano: sono infatti le chitarre a dare dinamismo ai brani, che per il resto marciano su tempi medi o lenti. Non mancheranno momenti più tirati, come i blast-beat disseminati in "Steal My Corpse" chiamati a spezzare un trend anche fin troppo volto al degrado emotivo, ma si capisce che non sono le classiche accelerazioni costruite per far pogare dal vivo: sembrano semmai delle convulsioni sconnesse dal corpus sonoro del brano volte a destabilizzare, disorientare l'ascoltatore, anche perché tale è il clima di negatività imperante nel platter che non v'è da aspettarsi vie di uscita di ogni sorta. Si hanno tempi sostenuti anche nella trascinante "No Way Out", palesemente scritta con in mente i Katatonia: nei suoi sei minuti è l'episodio più breve e movimentato del lotto e va ad anticipare traiettorie che la band avrebbe inseguito successivamente. 
   
A partire dal successivo “Springtime Depression" del 2003, infatti, si avvierà un percorso di emancipazione dai canoni del depressive più ortodosso. "Springtime Depression" è da considerare probabilmente come il capolavoro dei Forgotten Tomb. In esso non si ha dispersione nella scrittura, non si hanno nemmeno comportamenti sopra le righe che ancora sopravvivevano nel debutto. I brani risultano ben strutturati, curati nei dettaglio e soprattutto collocati con equilibrio nella scaletta. Determinanti risulteranno il cambio dell’etichetta (una lungimirante Adipocere che ha sempre scommesso sugli astri nascenti del metal estremo) e dello studio di registrazione (nientemeno che gli Abyss Studios di Peter Tagtgren – sebbene l’album sia stato registrato dal fratello Tommy): due fattori che fecero sì che la musica di Herr Morbid, indubbiamente maturato sia sul fronte della scrittura che su quello della tecnica esecutiva, potesse finalmente decollare e trovare una veste curata e professionale. Nel pacchetto era incluso anche un batterista in carne ed ossa, Ted Wedebrand, che abbiamo conosciuto con gli Shining: uno che sa molto bene come deve marciare un brano di ottimo DBM.

Con il terzo “Love’s Burial Ground”, del 2004, i Forgotten Tomb sarebbero divenuti una band vera e propria: in occasione di questo album si sarebbe anche registrato un ulteriore smarcamento dalle sonorità strettamente depressive: un percorso che ricorda ancora una volta quello degli Shining, che rimangono il riferimento più attendibile per inquadrare la parabola artistica dei Forgotten Tomb. 

Il riconoscimento internazionale non si sarebbe fatto attendere, sospinto dal consolidamento del DBM come movimento riconosciuto da artisti e pubblico: un'ascesa, quella della band piacentina, che sarebbe stata incalzata da lavori sempre sopra la media e supportata da una assidua attività dal vivo, nonché da una voglia di rischiare e sperimentare che ha permesso ai Nostri di uscire dalla nicchia e divenire uno dei nomi italiani di punta del panorama estremo internazionale a tutto tondo. 

Detto questo, "Songs to Leave" rimane probabilmente il disco più seminale dei Forgotten Tomb e, insieme a titoli come "Suicidal Emotions", "Livets ändhållplats" e "Death - Pierce Me", è da considerare senza se e senza ma una pietra miliare del depressive black metal tutto