"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

12 mag 2025

VIAGGIO NEL METAL TOLKIENIANO - NUMENOR_GLI UOMINI: TRA MORTE E LIBERO ARBITRIO

 



Viaggio nel metal 'tolkieniano' - 4) NÚMENOR - "Sword and Sorcery" (2015)

"Come ricompensa per le loro sofferenze nella lotta contro Morgoth, i Valar, i guardiani del mondo, donarono agli Edain una terra dove potessero vivere al riparo dei pericoli della Terra di Mezzo. La maggior parte di essi attraversò il mare; guidati dalla Stella di Eärendil, giunsero alla grande isola di Elenna, la più occidentale delle Terre mortali. Ivi fondarono il reame di Númenor."

"Eru volle dunque che i cuori degli Uomini indagassero oltre il mondo e che in questo essi mai trovassero pace; ma che possedessero la virtù di dare forma alla propria vita, tra le potenze e i casi del mondo, oltre la Musica degli Ainur, la quale è come un destino per tutte le altre creature […] Uno di questi doni di libertà consiste nel fatto che i figli degli Uomini abitano solo per breve tempo nel mondo vivente e che non sono vincolati a esso, e che lo lasciano presto, per andare dove gli Elfi non sanno. [...] Morte è il loro destino, il dono di Ilùvatar, che, con il consumarsi del Tempo, persino le Potenze invidieranno."

Eru, Valar, Elfi, Hobbit. Per ora abbiamo trattato, con più o meno dovizia di particolari, queste figure del Legendarium.

Ma oggi si cambia target. Oggi parliamo di noi. Parliamo degli Uomini.

E parlare di Uomini significa parlare, inevitabilmente, del Regno di Númenor. E del luogo in cui tale regno fu fondato: Elenna, l’isola a cinque punte.

Proviamo a fare un po’ d’ordine: gli Uomini, così come gli Elfi, i primogeniti, sono figli di Eru Ilùvatar. L’ultima delle stirpi a risvegliarsi e a “camminare nel mondo”. Essi nacquero, come leggiamo nel toccante stralcio de “Il Silmarillion” in esergo, con due doni fondamentali: il libero arbitrio e la morte.

Si, la Morte. Ciò che, sin dalla sua comparsa sulla faccia della Terra, ha atterrito l’uomo. Lo ha ossessionato. E che ha cercato, considerandola il suo Nemico, di esorcizzare con millemila stratagemmi.

Tolkien ribalta questa prospettiva. E la considera per quel che è davvero: un regalo. Perché sì, solo la morte dà senso alle nostre azioni quotidiane. La poetica tolkieniana sul tema è ben espressa dal Professore in alcune lettere, in particolare la n. 208 (cfr. “The Letters of J.R.R. Tolkien”, 1981), dove leggiamo che l’uomo è costantemente esposto “all’orribile pericolo di confondere la vera “immortalità” con la longevità seriale illimitata. Essere liberi dal Tempo e restare attaccati al Tempo”. Eliminare la morte, quindi, non significa per l’uomo continuare a vivere ma essere “costretto” a vivere, divenendo un muto spettatore dello scorrere inesorabile del tempo che tutto consuma. Ed è proprio quello che, come abbiamo già visto, accade agli Elfi.

È tutta qui la dicotomia del Legendarium: da un lato gli Elfi, razza immortale che anela alla mortalità e all’andare oltre lo scorrere del Tempo e del destino di Arda; e dall’altra gli Uomini, razza mortale ma che desidera ardentemente l’immortalità per paura della morte.

Perché spieghiamo tutto ciò? Perché a questa ossessione è legato il destino di Númenor. La situazione dell’isola (donata dai Valar agli Uomini come dono di riconoscenza dopo la loro partecipazione alla vittoriosa Guerra d‘Ira che, al termine della Prima Era, pose fine alla Guerra dei Gioielli contro Morgoth) precipitò, proprio in concomitanza del suo massimo splendore e ricchezza, con la salita al trono del suo venticinquesimo re, Ar-Pharazôn. Discendente della fazione degli ‘uomini del Re’ (cioè quella stirpe umana che si dichiarava fedele solo al proprio Re e non vedeva di buon occhio gli Elfi e la fedeltà ai Valar), Ar-Pharazôn (traviato da Sauron che, dopo esserne stato prigioniero, ne divenne Primo Consigliere), decise di organizzare una spedizione militare per invadere Valinor e muovere guerra ai Valar, rei di aver escluso gli Uomini dall’immortalità concessa invece agli Elfi.

Quello che accadde successivamente è noti ai lettori di Tolkien: Eru non potè perdonare l’atto e fece affondare l’isola di Númenor, cambiando addirittura la fisionomia di Arda (Valinor e le Terre Imperiture vennero traslate su un altro piano di esistenza rispetto a quello di Arda e non furono più raggiungibili via mare).

Scusate, ma lo spiegone era necessario.

Ora da Númenor passiamo ai Númenor.

Dopo aver toccato l’Austria, il Cile e la Francia, ci spostiamo verso est, giungendo nei Balcani. In Serbia per la precisione. Dove la band di Marko Miranović (voce e testi) e Srđan Branković (chitarra, basso e batteria) ha impostato il suo pregevole symphonic/power metal (fortemente debitore, va detto, degli insegnamenti dei nostri Rhapsody of Fire), su programmatiche tematiche fantasy.

Dopo diversi anni di gavetta, tre cambi di monicker e diversi split ed EP, la band (giunta oggi a firmare per la nostrana Elevate Rec.), riesce finalmente ad esordire sulla lunga distanza nel 2013 con “Colossal Darkness”. Noi scegliamo di concentrarci sul successivo “Sword and Sorcery” (2015). Titolo che fa riferimento all’omonimo sottogenere della letteratura fantasy che ha in Robert Howard (l’autore del celeberrimo Conan il Barbaro) il suo massimo esponente. In realtà questo filone letterario è lontanissimo dallo stile, dalle caratteristiche e, soprattutto, dalle tematiche della poetica tolkieniana. Nondimeno, i tre ragazzi di Belgrado (completa l’organico il tastierista ungherese Bálint Kemeny) meritano ampiamente di presenziare nella nostra rassegna sia per la capacità di rappresentare, e visivamente e nelle lyrics, alcuni punti-chiave del Legendarium; sia perchè dimostrano di essere validi compositori. Tutti i loro album sono piuttosto brevi, sotto i 35’, e “Sword and Sorcery” non fa eccezione, componendosi di appena 7 brani + 3 brevi strumentali. Durante i quali i Númenor faranno espliciti riferimenti a diversi momenti cardine dell’epopea tolkieniana: dal drago Smaug rinchiuso ad Erebor, alla stirpe di Durin (torneremo a breve, e a più riprese, sull’importantissima razza nanica) e, soprattutto, al giuramento di Fëanor, cui l’isola di Númenor e dei Númenoreani è così strettamente legata.

Ma, oltre a suggerire l’ascolto dei 34’ del platter, vi invitiamo a soffermarvi sulla copertina dell’album. Essa raffigura un Re degli Uomini ormai privo di identità, soggiogato dalla volontà dell’Anello che, in modo plastico, riassume il destino della brama di immortalità di cui abbiamo trattato in questo post. Proprio per tale insano desiderio, i Nove Re degli Uomini verranno soggiogati da Sauron, accettando gli Anelli del Potere che non faranno altro che ‘stiracchiare’ la loro vita all’infinito, facendogli perdere consistenza e rimanendo schiavi dell’Unico e della volontà dell’Oscuro Signore. E trasformandoli, infine, nei terribili Nazgûl, meglio noti come gli Spettri dell’Anello. Coloro che, vi ricorderete, daranno la caccia a Frodo durante la sua missione.

E quindi, tirando le fila, possiamo dire che il monito di Tolkien è chiaro e lo leggiamo già nella celeberrima “Poesia dell’Anello”: Nine for Mortal Men doomed to die. Tutto sta in quel ‘doomed’: destinato. L’Uomo è destinato a morire.

Tutto sta nel dare senso alla Morte.

Attraverso la Vita.

A cura di Morningrise

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