Seconda e ultima parte della nostra intervista ai nostrani Gothic Multimedia Project.
Nella prima ci siamo soffermati maggiormente sull'analisi del background di James Jason e David Bosch: il loro modo di lavorare e le loro influenze, non tralasciando neppure l'attualità relativa alla recente pubblicazione di "Beneath the Snow - Piovono Ombre".
Nella prima ci siamo soffermati maggiormente sull'analisi del background di James Jason e David Bosch: il loro modo di lavorare e le loro influenze, non tralasciando neppure l'attualità relativa alla recente pubblicazione di "Beneath the Snow - Piovono Ombre".
Proviamo adesso a mettere un pò in difficoltà i nostri interlocutori con qualche domanda più "scomoda"...
A cura di Morningrise
MM: Ok, James, passiamo ad
argomenti più spinosi. In passato hai dichiarato che il cambiare continuamente
stile da un’opera all’altra è stato penalizzante a livello di seguito di
pubblico. Questo è vero. Ma ti chiedo: opere come "Clam, Dolenter" e BTS-PO non credi che
siano troppo “complesse” per la gran parte dell’audience? Non rischiate di non
avere un “target” di pubblico?
James Jason: Sono conscio di tutti i
rischi che corriamo con il proporre opere non solo “difficili da digerire” ma
anche sempre completamente diverse, a target di pubblico difficili da
individuare e sempre differenti e mi assumo completamente la responsabilità di
questa scelta deliberata (ovviamente condivisa con David) che, con grandissima
probabilità, non aprirà mai il GMP ad un pubblico vasto. Ma l'arte è arte, deve
rispecchiare unicamente il sentire dell'artista e nient'altro. E' pura
operazione di auto-introspezione, spirituale e psico-analitica. Se il prodotto
di tale “discesa nei propri inferi” risulta gradito al pubblico per noi sarà
sempre un grande piacere e se non lo sarà, pazienza... Visto che compiacere non
è certo il nostro obiettivo, saremo pur sempre coscienti di essere stati
coerenti con il nostro sentire.
Il GMP non rischia di non avere un target di pubblico perché in realtà non lo ha affatto. Certamente abbiamo un “manipolo” di supporters che ci accompagna ormai da molti anni ma al di là di loro c'è il vuoto, opera dopo opera, e al momento del “lancio” di una nostra nuova fatica operiamo sempre lo stesso salto nel buio della volta precedente. E così finché sarà in vita questo progetto.
Quanto alla complessità delle opere, per quanto possa apparire il contrario, ti posso assicurare che questa non è affatto cercata: è solamente il risultato della trasposizione delle mie idee artistico-filosofiche, senza alcun compromesso per essere meglio accettati dal pubblico. Gli adattamenti fatti per “esportare” le nostre opere sono sempre minimi e comunque di carattere tecnico e mai squisitamente artistici o musicali, perché vogliamo mantenere intatta la nostra purezza artistica, senza corromperla con discorsi di commerciabilità e altre cazzate del genere. Questo è quello che sopravvive del mio spirito punk: la musica e l'arte fini a se stessi, senza compromessi.
Il GMP non rischia di non avere un target di pubblico perché in realtà non lo ha affatto. Certamente abbiamo un “manipolo” di supporters che ci accompagna ormai da molti anni ma al di là di loro c'è il vuoto, opera dopo opera, e al momento del “lancio” di una nostra nuova fatica operiamo sempre lo stesso salto nel buio della volta precedente. E così finché sarà in vita questo progetto.
Quanto alla complessità delle opere, per quanto possa apparire il contrario, ti posso assicurare che questa non è affatto cercata: è solamente il risultato della trasposizione delle mie idee artistico-filosofiche, senza alcun compromesso per essere meglio accettati dal pubblico. Gli adattamenti fatti per “esportare” le nostre opere sono sempre minimi e comunque di carattere tecnico e mai squisitamente artistici o musicali, perché vogliamo mantenere intatta la nostra purezza artistica, senza corromperla con discorsi di commerciabilità e altre cazzate del genere. Questo è quello che sopravvive del mio spirito punk: la musica e l'arte fini a se stessi, senza compromessi.
MM: Troppo “elitari” e
“aristocratici”: questa è l’”accusa” che ho sentito rivolgervi da alcuni vostri
critici. Io più che altro penso che per approcciarsi al vostro modo di fare
Arte ci voglia, almeno inizialmente, una guida. In parte questa funzione è
stata assolta dai vostri splendidi booklet, ma, ad esempio per BTS-PO, la
serata a Teatro è stata fondamentale per districarsi nei meandri dell’opera.
Insomma, vengo al punto: non credi che il GMP corra il rischio di essere goduto
appieno solo dai suoi stessi autori e non dall’audience a causa della sua
complessità?
JJ: Chiunque voglia mettersi in
gioco, a nudo di fronte alle nostre opere, interrogarsi sui propri limiti,
fragilità e paure, incontrando i propri demoni e immergendosi nei propri
abissi, può essere il nostro pubblico. Riflettere e sentire emozioni: quanto
può essere difficile ai giorni nostri! Oggigiorno tutto, ogni sensazione è
preconfezionata e siamo semplici spettatori anziché attori dei “prodotti intellettuali”
e “artistici” che ci vengono propinati con sempre minore frequenza. Infatti
“pensare” rende liberi ed essere veramente liberi spaventa sul serio chi
vorrebbe fare di noi soltanto uno stupido esercito di manichini in cui tutti
condividono le stesse opinioni e passioni. Se poi oggi “pensare” significa
essere diversi per forza ed essere elitari, allora sì che ci possiamo definire
tali.
Il concetto di aristocrazia intellettuale invece non mi appartiene perché presupporrebbe che le nostre opere siano volutamente destinate ad un pubblico di nicchia mentre in realtà non è così. Noi parliamo a tutti, poi ognuno è libero di fare le proprie scelte, anche in base alla propria sensibilità oltre che al proprio gusto. Molti considerano “triste”, ad esempio, il riflettere sulla Morte, nel modo esplicito e talvolta psicologicamente violento da noi condotto. Io considero triste invece vivere senza considerare il Nulla da cui veniamo ed il Nulla a cui siamo destinati. Se poi proprio di complessità dobbiamo parlare, pur non essendo affatto cercata, questa è l'espressione del pensiero umano che altro non può che essere complesso ed è ciò che dovrebbe rendere ognuno di noi immortale. Perché se il Nulla è la nostra destinazione, solo il nostro pensiero, con le opere che ne discendono, può attraversare il Nero cosmico del Tempo assoluto dopo la Vita.
Il concetto di aristocrazia intellettuale invece non mi appartiene perché presupporrebbe che le nostre opere siano volutamente destinate ad un pubblico di nicchia mentre in realtà non è così. Noi parliamo a tutti, poi ognuno è libero di fare le proprie scelte, anche in base alla propria sensibilità oltre che al proprio gusto. Molti considerano “triste”, ad esempio, il riflettere sulla Morte, nel modo esplicito e talvolta psicologicamente violento da noi condotto. Io considero triste invece vivere senza considerare il Nulla da cui veniamo ed il Nulla a cui siamo destinati. Se poi proprio di complessità dobbiamo parlare, pur non essendo affatto cercata, questa è l'espressione del pensiero umano che altro non può che essere complesso ed è ciò che dovrebbe rendere ognuno di noi immortale. Perché se il Nulla è la nostra destinazione, solo il nostro pensiero, con le opere che ne discendono, può attraversare il Nero cosmico del Tempo assoluto dopo la Vita.
MM: David, torniamo a te: sei il
protagonista assoluto del plot di BTS-PO (assieme all’ottimo Andrea Ferrari) e
l’impegno profuso nelle riprese dev’essere stato enorme, oltreché fisicamente
duro, soprattutto nelle parti girate in mezzo alla neve. Descrivici le
sensazioni (e presumo anche il divertimento!) di aver fatto l’attore.
David Bosch: E’ stato un lavoro impegnativo
soprattutto per me che non ho mai fatto l’attore né ho studiato recitazione. Si
tratta quindi della mia prima esperienza davanti ad una telecamera e sono
consapevole di avere molti limiti in questo ruolo per me nuovo. La “parte
notte” è quella che ho sentito più vicina al mio modo d’essere e che di
conseguenza ho recitato con maggior intensità emozionale in quanto più intima,
simbolica e più adatta al mio carattere un po' ombroso. Invece nella “parte
neve“, che risulta più fisica e dinamica, ho profuso maggiori energie e, anche
se ho commesso più errori, mi sono però
divertito ancor di più negli straordinari scenari della montagna innevata.
MM: James, ti ho conosciuto nel
2000 con “Fleeing The Rainland”. Non ti nego che, ancora adesso, pur
affascinato dalle ottime produzioni successive, sono ancora molto legato a
quelle sonorità. C’è possibilità che tornino centrali in una futura fatica del
GMP?
JJ: “Fleeing the Rainland” è
stato uno dei motivi, insieme a “Grim” del resto, che mi hanno spinto a
diventare un tecnico del suono. Ottime canzoni, di stampo prog-gothic-metal ma
produzione qualitativamente ancora insufficiente. L'Anti-box, con la sua
ri-masterizzazione, ha reso solo parzialmente giustizia a brani che, se mai ne
avessi il tempo in tarda età, quando dovessi accorgermi che il serbatoio della
creatività sarà agli sgoccioli, vorrei ri-mixare e in alcuni casi ri-registrare
da capo. In questo senso vorrei riprendere alcuni pezzi di FtR così come di
“Grim”. Ma solo per eventuali re-release di quelle opere/album a fine
“carriera”.
Per quanto riguarda le future fatiche del GMP non voglio mai
guardare al passato perché farlo costituirebbe un passo indietro. In un lontano
futuro ci potrà anche essere un ritorno alla melodia in campo musicale ma che
ciò avvenga entro i confini delle particolari sonorità di FtR ne dubito. Non sarei
coerente con il mio principio di realizzare prodotti artistico-musicali sempre
nuovi e diversi l'uno dall'altro.
MM: A proposito: conoscendoti
starai già pensando (e probabilmente ce l’avrai già tutta in testa!) alla
prossima opera del GMP. Senza chiederti rivelazioni troppo esplicite (che
giustamente non ci daresti) ci puoi almeno dire se ci dobbiamo aspettare ancora
quel totale sincretismo tra immagini, musica e versi poetici che ha
caratterizzato le ultime produzioni? Insomma sarà ancora Trilogia Maledetta (magari veicolata dal medium del teatro/cinema)
o sarà invece qualcosa di diverso e spiazzante?
JJ: Il sincretismo della “Unholy
Trinity” di parole, suono e immagine continuerà in tutto il suo estremismo
multimediale e in una forma ancora una volta del tutto vergine nella storia
della musica e dell'arte. Come nelle nostre tre opere precedenti uno di questi
elementi guiderà questa trinità verso la sua riunificazione e questo sarà un
elemento leggermente sottaciuto in BTS-PO. Di più non posso dirti ma posso
assicurarti che quello che avverrà nei prossimi mesi e anni fino alla
realizzazione della prossima opera sarà qualcosa di totalmente inaspettato e
quindi sì, come dici tu, alquanto “spiazzante”.
MM: un’ultima domanda. Proprio
nell’ultima pagina del booklet di BTS-PO possiamo leggere qualcosa di
enigmatico, che appena letto mi ha stregato. E cioè la scritta
“Arte. Purezza. Morte”. So che è un concetto cardine, nonché molto complesso,
della tua visione artistica. Senza scendere in dettagli troppo personali, ci
puoi accennare cosa intendi con queste tre parole giustapposte, accostate in
quest’ordine l’una all’altra?
JJ: Riprendendo la mia risposta
sulla coerenza artistica al proprio sentire e al proprio Io, senza mediazioni e
compromessi, ti dirò che questa è la Purezza espressa dall'Arte, che altro non
è che una porta atemporale del nostro subconscio sulla Morte, eterna fonte di
giovinezza e creatività. Lasciare entrare la Morte a poco a poco dentro di noi
significa aumentare la consapevolezza di noi stessi e del nostro pensiero
individuale, che travalica la nostra stessa esistenza terrena e che costituisce
la nostra eredità da lasciare ai posteri, facendosi beffa degli evidentissimi
limiti del nostro corpo.
MM: Cari
James e David, ancora un grazie per la vostra disponibilità. Tutta la redazione
vi fa un grande in bocca al lupo per la vostra attività. Continueremo a
seguirvi. Un ultimo saluto ai nostri lettori?
DB:
Saluto tutti quelli che ci seguono da tempo, i nuovi fans, quelli che ci
apprezzano come quelli che ci hanno contestato perché è grazie a tutti che il
nostro progetto va avanti nel tempo e riesce ad avere sempre qualcosa di nuovo
da dire...
JJ: Da metalhead a metalhead, un saluto a tutti i lettori di Metal Mirror che ascoltano, osservano e leggono con mente aperta al cambiamento: come voi non avete paura di "essere una voce fuori dal coro" del mainstream metal, anche noi non avremo paura di continuare a cambiare, come un camaleonte che non si volta mai indietro nel suo costante cammino in disparte dalla moltitudine.