Ci solo alcuni dischi che nascono già grigi, proprio nel momento in cui vengono pubblicati si sente l'odore della polvere o, ancora peggio, dell'indifferenza. Questo preambolo coincide con il mio stato d'animo nel 2003 quando esce l'omonimo album dei Labyrinth, il primo senza il contributo alla chitarra del membro fondatore Olaf Thorsen (al secolo il versiliese Carlo Andrea Magnani).
L'ondata di power progressive che invase la nostra penisola alla fine degli anni Novanta ha portato alla ribalta alcuni musicisti, ma soprattutto qualche ottimo disco. Uno di questi è ad esempio il debutto dei Labyrinth "Return to heaven denied" che mi fece avvicinare alla band toscana, ma io sono un ragazzo sensibile e mi affeziono. Perdono facilmente gli errori musicali di un gruppo, così il successore "Sons of Thunder" è valido anche se registrato dal cesso di casa mia avrebbe reso meglio.
Purtroppo Olaf non riesce a sostenere il doppio impegno con Vision Divine e Labyrinth, tanto che nel momento in cui lavora all'ottimo "Stream of consciousness", lascia la band che decide di proseguire soltanto con Andrea Cantarelli alla chitarra.
Avete presente il mercato calcistico di gennaio quando viene venduto il miglior attaccante ad una squadra che già lotta per la salvezza? Non sarà un fenomeno ad andare via, però era così centrale al progetto che la squadra crolla in zona retrocessione, rispetto ad un precedente campionato onesto di metà classifica.
Così accade ai Labyrinth che, già protagonisti di un momento interlocutorio della carriera, vedono allontanarsi il buon Thorsen e compongono un disco piattino piattino.
Meno di un'ora di musica dove le idee non sono così brillanti, la voce di Tiranti è sempre una buona compagna di viaggio, ma intorno manca la scintilla che ci ha fatto apprezzare il labirinto qualche anno fa. La miscela propone un power progressive rafforzato nelle sonorità più compatte della chitarra, ma anche più dozzinali e se per un fan come me può anche essere passabile, non mi sento di consigliarvi di spendere tempo per queste canzoni.
A volte c'è la sensazione di provare qualcosa di nuovo rispetto al passato, come testimonia la partenza di "Synthetic Paradise" o alcune soluzioni con un hammond in primo piano, però sono i germi di una piccola contaminazione che sarà più marcata nel successivo "Freeman".
Per adesso non sembrano centrare il prodotto, ancora orfani del fondatore, faticano a tracciare una strada precisa e sento la polvere sulle mie spalle, mi scrollo i pulviscoli dalla camicia e voglio bene a questa Italia operaia del metal sinfonico che sforna dischi che pochi ascoltano, nessuno compra e qualcuno apprezza senza comunicarlo. Scegliete voi chi volete essere...
Voto: 6,5
Canzone top: "This World"
Momento top: la performance vocale in "When I Will Fly Far"
Canzone flop: "Terzinato"
10 canzoni, 50 minuti
Anno: 2003
Etichetta: Thunder Music