"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

21 ott 2016

LA LINGUA ITALIANA NEL METAL - IL CASO DEGLI IN.SI.DIA.



L’incipit dello splendido post del nostro Dottore sull’inquadramento della lingua italiana nel metal mi ha riportato alla mente gli In.Si.Dia., thrash metal band bresciana che dopo due ottimi album tra il 1993 e il 1995 si sciolse (salvo poi riformarsi recentemente, nel 2013, ma senza ancora aver pubblicato un nuovo full lenght).

Ascoltati nei miei primi anni della mia formazione metallica, i testi della band lombarda mi risultarono da subito particolari. Diciamolo: ostici. Non tanto per il contenuto, quanto per lo strenuo tentativo del frontman e chitarrista della band Riccardo Panni di adattare la metrica dei testi in italiano al serrato incedere della musica, cercando di conservare quell’impatto e penetrazione sonora di cui, ancora il Dottore, ha parlato recentemente.

A cura di Morningrise

Abituato allora esclusivamente alla lingua inglese, sentire l’italiano applicato al metallo mi lasciava totalmente interdetto. Questo perché tutte quelle caratteristiche che nel succitato post vengono descritte (la richiesta di strutture dilatate ed ariose, l’accento sulla penultima sillaba che funge da freno alle ritmiche che invece "atterrano con rimbalzo sull’ultima nota", il rischio di azzoppare la dinamica del brano, ecc.) le ritrovavo nella musica degli In.Si.Dia.

Prendiamo il debut “Istinto e Rabbia” (un titolo thrash-che-più-thrash-non-si-può), e soffermiamoci su alcuni versi dei primi tre, peraltro ottimi, brani, che mettono in luce tutti i pregi e difetti della nostra lingua applicata a una tipologia di metal veloce, immediato e serrato.

Consideriamo “Fuggire”, ad esempio: Voglia di fuggire / da questa fottuta società / voglia di vivere con un’altra mentalità / […] Tu mi dici, io ti ascolto / sono nato in questa fottuta società / Fuggire lontano, lontano da qua, cavalca le ali / della libertà! (chiosa in effetti un po’ troppo naif)

Sulla mia strada”: Ti nascondi nella massa, codardo sputa veleno / bastardo!! / vieni fuori / fammi vedere il tuo volto / […] Quanti ipocriti… / sulla mia strada!

O ancora “Grido”: Io non prego mai / ma...non ti rinnego / Credo…credo nella vita / ma non credo nella chiesa/ disgustato dalla falsità / dei tuoi messaggeri / mi guardo attorno e no / non vedo te […] / Niente...felicità / Paura ho di morire.

Al di là della bizzarria di leggere un verso a-là-sarda (Paura…ho di morire), in questi versi ritroviamo proprio quella necessità di allungare l’accento sull’ultima sillaba (“Per evitare l’effetto frenata” come detto dal nostro Doc) in maniera forse innaturale ma, appunto, non eludibile. 
Per citare ancora il Dottore: il cantato era una specie di rincorsa, o di compressione delle parole nello spazio obbligato del verso. Le parole lunghe erano curiosamente adattate in maniera che l’accento andava alla francese sull’ultima sillaba, in maniera da non far coincidere la cadenza del verso rispetto alla musica ed evitare l’effetto frenata. Oppure, per dare aria al termine del verso, erano prolungate innaturalmente le ultime vocali (Quanti ipocritiiiiiii…sullaaa mia stradaaa).
Ripeto: a un orecchio non ancora scafato queste erano tutte caratteristiche che davano un non-so-che di provincialità, di inferiorità, di marginalità rispetto ai prodotti thrash, provenienti dagli Usa e dalla Germania, che già erano diventati di pubblico e consolidato dominio metallaro.

Se in un primo tempo accostavo queste caratteristiche a una certa ingenuità, riascoltati ora, col senno di un ventennio di ascolti metallici, la cosa non da assolutamente fastidio. Anzi, è uno strumento in più per veicolare proprio quell’istinto e quella rabbia che sono i tratti distintivi, come abbiamo già detto, della nascita del thrash metal.

In realtà i testi dei Nostri sono ficcanti e fottutamente espressivi (con tutta probabilità più sensati e profondi di quelli coevi di Destruction e Sodom…). Le tenute a oltre vent’anni di distanza di “Istinto e Rabbia” e del successivo, più maturo, “Guarda dentro te” (che ha una copertina che da sola è valso l’acquisto del disco), hanno dimostrato che questa era una via percorribile e, soprattutto, credibile. E senza “cedere” alle sgraziate contaminazioni street punk / OI! / RAC / crust che avevamo analizzato nel post da cui siamo partiti.

La lingua italiana però rimane necessariamente una spiegazione parziale per giustificare il mancato successo degli In.Si.Dia. Vero è che il loro thrash si presentava derivativo della scena americana ottantiana (Metallica e Exodus su tutti), e che nel 1993 il ciclone grunge non favoriva il perdurare di sonorità che avevano avuto la loro età d’oro 7-8 anni prima (e sappiamo quante cosa possano accadere in sette anni nel metal). Ma personalmente rimane forte l’amaro in bocca per il mancato raggiungimento di un riconoscimento che la band avrebbe meritato sia per la personalità spiccata dimostrata, sia perché i due full lenght sono completi, ben suonati, ben prodotti (ottimo lo zampino in fase di produzione del bresciano d.o.c. Omar Pedrini dei Timoria), con un songwriting vario, brillante, ispirato. E lasciatemelo dire: sincero. Nella musica degli In.Si.Dia ci sono davvero sincera rabbia, dolore, frustrazione, solitudine (tema che ricorre frequentemente nei testi) decisione a ribellarsi, da perdenti e reietti, a una società falsa e che va stretta. Insomma, tutto l’armamentario per il quale, come MM ha già sviscerato, era nato il thrash metal una decina di anni prima.

Quindi ribadisco: nonostante alcune logiche motivazioni, la qualità degli album era talmente alta, anche a riascoltarli adesso, che non posso non chiedermi come non abbiano sfondato a livello mondiale!

Nel nostro piccolo, proviamo a riabilitarli, nell’attesa che la recente reunion aggiunga qualcosa di valido per una band a tutti gli effetti cult.

E nel frattempo mi vado a (ri)strimpellare “Il Tempo”, highlight di “Istinto e Rabbia”. Con gli amici metallari di allora, in piena crisi adolescenziale, quanta emozione a cantare a squarciagola Un cane solo...la notte...il tempo / tutta una vita avanti / in questo tempo / Tempo di morte / Tempo di vita / solo un unico tempo / la mia vita scivola...scivola nel tempo! [...] Occhi infangati di odio / Cosa sono io? Solo un'inutile vita che scivola nel tempo! 

Grandissimi In.Si.Dia.!