L’incipit dello splendido post del nostro Dottore sull’inquadramento della lingua italiana nel metal mi ha
riportato alla mente gli In.Si.Dia., thrash metal band bresciana che dopo due
ottimi album tra il 1993 e il 1995 si sciolse (salvo poi riformarsi recentemente,
nel 2013, ma senza ancora aver pubblicato un nuovo full lenght).
Ascoltati nei miei primi anni della
mia formazione metallica, i testi della band lombarda mi risultarono da subito
particolari. Diciamolo: ostici. Non tanto per il contenuto, quanto per lo
strenuo tentativo del frontman e chitarrista della band Riccardo Panni di
adattare la metrica dei testi in italiano al serrato incedere della musica,
cercando di conservare quell’impatto e penetrazione sonora di cui, ancora il Dottore, ha parlato recentemente.
Abituato allora esclusivamente
alla lingua inglese, sentire l’italiano applicato al metallo mi lasciava
totalmente interdetto. Questo perché tutte quelle caratteristiche che nel
succitato post vengono descritte (la richiesta di strutture dilatate ed ariose,
l’accento sulla penultima sillaba che funge da freno alle ritmiche che invece "atterrano con rimbalzo sull’ultima nota", il rischio di azzoppare la dinamica
del brano, ecc.) le ritrovavo nella musica degli In.Si.Dia.
Prendiamo il debut “Istinto e
Rabbia” (un titolo thrash-che-più-thrash-non-si-può), e soffermiamoci su alcuni
versi dei primi tre, peraltro ottimi, brani, che mettono in luce tutti i pregi
e difetti della nostra lingua applicata a una tipologia di metal veloce,
immediato e serrato.
Consideriamo “Fuggire”, ad
esempio: Voglia di fuggire / da questa fottuta società / voglia di vivere con
un’altra mentalità / […] Tu mi dici, io ti ascolto / sono nato in questa
fottuta società / Fuggire lontano, lontano da qua, cavalca le ali / della libertà!
(chiosa in effetti un po’ troppo naif)
“Sulla mia strada”: Ti nascondi
nella massa, codardo sputa veleno / bastardo!! / vieni fuori / fammi vedere il
tuo volto / […] Quanti ipocriti… / sulla mia strada!
O ancora “Grido”: Io non prego
mai / ma...non ti rinnego / Credo…credo nella vita / ma non credo nella chiesa/
disgustato dalla falsità / dei tuoi messaggeri / mi guardo attorno e no / non
vedo te […] / Niente...felicità / Paura ho di morire.
Al di là della bizzarria di
leggere un verso a-là-sarda (Paura…ho di morire), in questi versi ritroviamo
proprio quella necessità di allungare l’accento sull’ultima sillaba (“Per
evitare l’effetto frenata” come detto dal nostro Doc) in maniera forse
innaturale ma, appunto, non eludibile.
Per citare ancora il Dottore: il cantato era
una specie di rincorsa, o di compressione delle parole nello spazio obbligato
del verso. Le parole lunghe erano curiosamente adattate in maniera che
l’accento andava alla francese sull’ultima sillaba, in maniera da non far
coincidere la cadenza del verso rispetto alla musica ed evitare l’effetto
frenata. Oppure, per dare aria al termine del verso, erano prolungate
innaturalmente le ultime vocali (Quanti ipocritiiiiiii…sullaaa mia stradaaa).
Ripeto: a un orecchio non ancora
scafato queste erano tutte caratteristiche che davano un non-so-che di
provincialità, di inferiorità, di marginalità rispetto ai prodotti thrash, provenienti dagli Usa e dalla Germania, che
già erano diventati di pubblico e consolidato dominio metallaro.
Se in un primo tempo accostavo
queste caratteristiche a una certa ingenuità, riascoltati ora, col senno di un
ventennio di ascolti metallici, la cosa non da assolutamente fastidio. Anzi, è
uno strumento in più per veicolare proprio quell’istinto e quella rabbia che
sono i tratti distintivi, come abbiamo già detto, della nascita del thrash
metal.
In realtà i testi dei Nostri sono
ficcanti e fottutamente espressivi (con tutta probabilità più sensati e
profondi di quelli coevi di Destruction e Sodom…). Le tenute a oltre vent’anni
di distanza di “Istinto e Rabbia” e del successivo, più maturo, “Guarda dentro
te” (che ha una copertina che da sola è valso l’acquisto del disco), hanno
dimostrato che questa era una via percorribile e, soprattutto, credibile. E
senza “cedere” alle sgraziate contaminazioni street punk / OI! / RAC / crust
che avevamo analizzato nel post da cui siamo partiti.
La lingua italiana però rimane
necessariamente una spiegazione parziale per giustificare il mancato successo
degli In.Si.Dia. Vero è che il loro thrash si presentava derivativo della scena
americana ottantiana (Metallica e Exodus su tutti), e che nel 1993 il ciclone grunge non favoriva il
perdurare di sonorità che avevano avuto la loro età d’oro 7-8 anni prima (e
sappiamo quante cosa possano accadere in sette anni nel metal). Ma personalmente rimane forte
l’amaro in bocca per il mancato raggiungimento di un riconoscimento che la band
avrebbe meritato sia per la personalità spiccata dimostrata, sia perché i due
full lenght sono completi, ben suonati, ben prodotti (ottimo lo zampino in fase
di produzione del bresciano d.o.c. Omar Pedrini dei Timoria), con un
songwriting vario, brillante, ispirato. E lasciatemelo dire: sincero.
Nella musica degli In.Si.Dia ci sono davvero sincera rabbia, dolore,
frustrazione, solitudine (tema che ricorre frequentemente nei testi) decisione
a ribellarsi, da perdenti e reietti, a una società falsa e che va stretta. Insomma,
tutto l’armamentario per il quale, come MM ha già sviscerato, era nato il
thrash metal una decina di anni prima.
Quindi ribadisco: nonostante alcune logiche motivazioni, la qualità degli album era talmente alta, anche a riascoltarli adesso, che non posso non chiedermi come non abbiano sfondato a livello mondiale!
Quindi ribadisco: nonostante alcune logiche motivazioni, la qualità degli album era talmente alta, anche a riascoltarli adesso, che non posso non chiedermi come non abbiano sfondato a livello mondiale!
Nel nostro piccolo, proviamo a
riabilitarli, nell’attesa che la recente reunion aggiunga qualcosa di valido
per una band a tutti gli effetti cult.
E nel frattempo mi vado a (ri)strimpellare “Il Tempo”, highlight di “Istinto e Rabbia”. Con gli amici metallari di allora, in piena crisi adolescenziale, quanta emozione a cantare a squarciagola Un cane solo...la notte...il tempo / tutta una vita avanti / in questo tempo / Tempo di morte / Tempo di vita / solo un unico tempo / la mia vita scivola...scivola nel tempo! [...] Occhi infangati di odio / Cosa sono io? Solo un'inutile vita che scivola nel tempo!
Grandissimi In.Si.Dia.!