Batushka, "Litourgyia". Un disco accattivante, cupo ed evocativo, che riunisce in sé momenti plumbei ad altri da flipper. Il tutto, questo è caratteristico, come se si svolgesse a due livelli, su due strati concentrici. Il luogo sacro, con il suo ordine evocato dalla preghiera, e il luogo “altro”, dominato da flussi caotici. Il tema del disco è la liturgia, e i testi sono appunto formule che accompagnano la liturgia ortodossa, organizzate per “misteri” spirituali: purificazione, benedizione, sapienza, grazia etc.
Credevo inizialmente che si trattasse di una sorta di messa nera, e mi aspettavo che ogni “litania” numerata da I a VIII fosse una rilettura capovolta di questi momenti spirituali. Con grande delusione iniziale così non è, sono soltanto le litanie delle funzioni ortodossa. Circondate però dal black metal. Ora, a parte la trovata, cioè fare del black metal usando come testi delle formule religiose (qualcosa di simile, con tecnica a mosaico, lo ha fatto Mario Di Donato nei suoi The Black). Si potrebbe dire che questo sia un metal mentis nero, anche se la trama concettuale è niente di più che una “copertina”, perché poi i brani non sembrano indicare i rispettivi “capitoli” spirituali per particolari diversità tra di loro.
L'intuizione
inconsapevole dei Batushka però è questa: l'accostamento del male
(la musica) al bene (la preghiera) richiama l'idea del bene e male
come poli magnetici, o elettrici. Opposti, ma che si richiamano, come
le lamine di un condensatore. Più si accumula male da una parte, più
si concentra il bene dall'altra, e vice versa. Ad esempio si ritiene
che i luoghi con santuari, reliquie, o centri nevralgici della
religione attirino intorno a sé congreghe maligne. Il diavolo si
schiera in forze laddove c'è Dio, ammesso che abbia un senso
quantificare la presenza di Dio in base ad elementi materiali.
Comunque, la cosa non è chiara: da che mondo è mondo le forze
concorrenti si spartiscono il mondo, e approfittano dell'assenza di
rappresentanze nemiche per impadronirsi dei territori. E anche
secondo la teoria del noto esorcista, deceduto nel 2016, padre Gabriele Amorth, Satana possiede quel che è più
lontano da Dio, mentre lui, che è super-protetto, non riesce ad
aggredirlo. Va beh, però può anche essere che il diavolo voglia
anche la soddisfazione di erodere terreno dove il suo nemico è più
forte, come smacco. Sempre Amorth dice che l'esorcismo non è alla
fine niente altro che una preghiera, un braccio di ferro a colpi di
liturgia.
Il sacerdote cosa fa
quando recita le litanie? Tiene lontano il male. Questo infatti
l'effetto sonoro che si respira nei Batushka: un alone che fa
respirare l'uomo in mezzo ad una tempesta maligna, o ad una colata di
lava nera che lentamente gli colerebbe addosso per incenerirlo.
Che cosa è però
esattamente il male? Saccheggiamo ancora le interviste a padre
Amorth, e troviamo un indizio interessante. Il diavolo compare nel
cristianesimo, e con esso la possessione e l'esorcismo, fin dal
Vangelo. Cristo, dice Amorth, è l'unico che ha la prerogativa di
cacciare il diavolo; nelle altre religioni, che pure possono aver
intuito una parte della verità cristiana, manca questo elemento
fondamentale. Le altre religioni convivono col diavolo, senza
riconoscerlo. Il cristianesimo lo individua e lo può cacciare.
Ma cosa sta cacciando?
Cos'è esattamente il male. E qui ci viene in aiuto William Friedkin, con "L'esorcista" (1973), che ha un'altra inconsapevole intuizione. Per chi non lo
ha visto, l'Esorcista è un film in cui una ragazza è posseduta dal
demone Pazuzu. Il demone riemerge durante alcuni scavi archeologici
in Mesopotamia, dove non se lo filava nessuno, ma per motivi ignoti
decide di scatenarsi nel mondo cristiano, dove invece diviene
pericoloso. Un demone che dal politeismo si trasforma in diavolo del
monoteismo cristiano. Che forma assume? Ne assume diverse, è
molteplice, è una “legione”, ma la sua vera natura viene fuori
durante l'esorcismo. A cacciarlo arrivano due preti, uno anziano, che
già parte sfavato e non ha il fisico, quindi ci rimane. E uno
giovane, meno esperto, che in realtà è anche psichiatra, e vorrebbe
inquadrare il fenomeno come un disturbo mentale. Quando poi la
bambina svolazza sul letto, gioca a fare l'uomo tigre coi malcapitati
e parla con la voce di Glen Benton deve convenire che trattasi di
possessione demoniaca. Ora, il nostro prete ha perso da poco
l'anziana madre con cui viveva, ed è ossessionato dalla colpa di non
averla assistita. Il demonio approfitta di questa sua debolezza e gli
parla con la voce della madre, che appunto lo accusa di averla
abbandonata. Lui sta per cedere. Pazuzu si accontenta di far fuori il
prete anziano e se ne va.
Eppure, sia dai Batushka,
che dall'esorcista si ricava una cosa. L'accostamento sacro-diabolico
funziona. E' un rafforzativo, e non come dovrebbe essere un ossimoro.
Perché forse l'idea di partenza dei Batushka era proprio questa, una
giustapposizione, due elementi che stridono piazzati uno sopra
l'altro.
Funziona perché quando
l'esorcista scaccia via il demonio, egli sta solo cercando di
contenere Dio. Ogni religione, in fondo in fondo, cerca di
addomesticare l'idea che ha di Dio. Un Dio crudele, che ti schiaccia,
che ti toglie, che ti ricatta. Dio è ciò che l'uomo non vuole
accettare nel suo rapporto con il “divino”, e cioè questa
subordinazione umiliante. Allora la sublima, attraverso la dottrina,
la capovolge e la rende un paradosso d'amore. Tutto il dolore, il
sacrificio, le prove atroci di Dio sono fatte per noi, per la
salvezza finale.
La preghiera non è
l'evocazione di Dio, è un argine contro di lui. L'esorcista sta
esorcizzando Dio, che infatti, quando si scatena, esprime al massimo
la sua natura. Nel caso del Dio cristiano, il sentimento di colpa con
cui sta per vincere padre Karras. Nel caso del prete anziano, una
semplice forza di morte, che lo soverchia.
L'uovo di Colombo: ecco
perché il diavolo compare con Cristo, ecco perché Pazuzu nella sua
terra era solo un demone maligno, che se ne stava buono. Si scatena
solo “attraverso” la visione cristiana del mondo. E lì diviene
Dio, non il diavolo, diventa una volontà bifronte, di cui una faccia
è quella cattiva che l'uomo “rinfaccia” a Dio, e l'altra è
quella buona che è disegnata con la liturgia, e lo tiene a bada.
Alla luce di questo, il
pope dei Batushska assume un connotato esoterico, molto meno banale
del semplice prete assediato dal male. Egli è assediato da Dio, e lo
tiene a bada con la liturgia.
La divinità sono quelle voci urlanti, quella frenesia distruttiva, quella verità inconfessabile di cattiveria del mondo, della natura e della morte, che la liturgia tiene a bada. La liturgia è una maschera per la cattiveria che l'uomo riconosce alle proprie divinità uniche. E' un'illusione che permette al monoteista di vivere con la sua fede. Gli permette di star vicino a Dio, sua massima aspirazione, senza esserne divorato.
La divinità sono quelle voci urlanti, quella frenesia distruttiva, quella verità inconfessabile di cattiveria del mondo, della natura e della morte, che la liturgia tiene a bada. La liturgia è una maschera per la cattiveria che l'uomo riconosce alle proprie divinità uniche. E' un'illusione che permette al monoteista di vivere con la sua fede. Gli permette di star vicino a Dio, sua massima aspirazione, senza esserne divorato.
Ora toccherebbe spiegare
tutto questo ai Batushka, che secondo me nulla si immaginano di tutta
questa implicazione teologica. Serve qualcuno che conosca il polacco
e glielo traduca.
A cura del Dottore