Non so voi, ma io ho sempre delle
fastidiose sensazioni quando mi metto ad ascoltare un album dei Meshuggah. Da
un lato c’è il disagio soverchiante dettato dalla loro musica, annichilente da
un punto di vista fisico e fortemente disturbante da un punto di vista
psicologico. Dall’altro l’idea, che mi accompagna sempre ai primi ascolti, di
poter ascoltare una parte qualsiasi dell’intero senza riconoscere quale sia il
brano specifico. Cioè, mi pare tutto uguale. Il disco dura un’ora? Posso cominciare
dal primo minuto come, che ne so, dal minuto 40 che mi sembra sempre di
ascoltare la stessa roba.
C’è bisogno di tanta costanza e
pazienza per capire a fondo un disco dei Meshuggah, per andare avanti con gli
ascolti, farsi “avvolgere” nelle spire delle loro composizioni allo scopo di
comprenderle. Solo allora le peculiarità dei singoli brani, e il senso
dell’intero, usciranno allo scoperto e si riuscirà pian piano a cogliere le
diverse sfumature, l’accuratezza degli arrangiamenti e apprezzare l’incredibile
esecuzione tecnica dei cinque pazzi svedesi.
Non è interesse di questo post
scrivere del sound di Haake e compagnia, visto che l’argomento è stato già
mirabilmente affrontato tempo fa dal nostro Mementomori.
Quello che ci interessa oggi è
l’aspetto più concettuale dei Nostri; in particolar modo di capire, a distanza di anni, che fine
abbia fatto quella future breed machine profetizzata già in "Destroy Erase Improve".
Una chiave di lettura potrebbe
riservarla “Nothing” (2002), album particolarmente importante nella
discografia della band, non solo in quanto convenzionalmente riconosciuto come il primo
disco djent, ma anche perché contenente una traccia, la sensazionale “Spasm”,
che forse può rispondere al nostro quesito.
Per impostare il discorso mi
faccio aiutare da quello che il nostro Dottore aveva esposto in modo molto
chiaro a proposito del Death Metal: Il Death iniziò sostanzialmente quando
alcuni gruppi cominciarono a trattare in maniera maniacale temi quali la morte
violenta, la decomposizione, la malattia letale e la deformità. […] L’elemento
comune era la necromania, ovvero la
centralità delle tematiche di morte fisica, ma anche spirituale.
Ecco, mi sbaglierò, ma nonostante
i Meshuggah non abbiano mai suonato death metal in senso stretto, credo che la
loro musica abbia molto in comune con il metal della morte. Una morte che viene
traslata però su un terreno ancora più difficile (e se vogliamo repellente) che
non quello su cui si innestano le dissertazioni gore/splatter dei Cannibal
Corpse, o da manuale di anatomia/patologia dei Carcass, o della consunzione
fisica dovuta alla malattia.
Il “terreno mortifero” dei Meshuggah lo vedo affine a quello trattato dal genio visionario di David Cronenberg. Il regista
canadese ha da sempre mostrato un interesse morboso verso la biologia, le
deformazioni anatomiche, le mutazioni genetiche, la malattia che deturpa e
mutila i corpi. Ma soprattutto alla commistione fisica tra il corpo umano e gli
animali e alle trasformazioni che ne derivano. “Rabid – Sete di sangue”, “Brood
– La covata malefica”, “Videodrome” e “La mosca” sono probabilmente i quattro
film più celebri del cineasta di Toronto in cui la patologia fisica e mentale
dei protagonisti, con pesanti risvolti nella sfera del sesso, è affrontata in maniera del tutto nuova e sconvolgente.
Ma il suo genio visionario non
poteva che trattare prima o poi anche il tema dell’unione malsana tra uomo e macchina. E infatti arriverà con lo
straordinario, e fortemente provocatorio, “Crash” (1996) in cui la macchina
diventa vera e propria escrescenza del corpo umano, nella ricerca, dettata da
perverse pulsioni, di nuove frontiere sessuali in cui, in fin dei conti, ad annegare è il
sentimento.
I Meshuggah, al netto delle
connotazioni sessuali, arrivano a trattare l'argomento già un anno prima, nel 1995, con il
mastodontico “Destroy Erase Improve”.
In esso veniva affrontato di petto il tema dell’evoluzione umana verso una
sempre più forte compenetrazione con le macchine. Programmatica
era già la copertina dove un corpo umano era raffigurato nei tre step della sua
distruzione (destroy), cancellazione (erase) e perfezionamento/affinamento
(improve). L’opener track poi, la succitata “Future breed machine”, ne costituiva il manifesto:
Una nuova intelligenza nascerà in corpi vuoti / una collaudata carne attraverso
spastici scatti si gonfia / codici non conosciuti della macchina madre / lo
sprezzante genocidio di una razza morente.
La razza morente è quella umana
ma, a differenza di opere che avevano già affrontato l’argomento in maniera
visionaria (al cinema penso ovviamente a “Terminator”, uscito sugli schermi già nel 1984; o, nella musica, non si possono non citare i Fear Factory di “Demanufacture”) essa non è in contrapposizione a una nuova
razza di macchine padrona del mondo.
Meshuggah e Cronenberg parlano piuttosto di compenetrazione fisica, evoluzione biologica e relative conseguenze psicologiche. Insomma, un altro livello. Concentrandosi sui primi è da “Nothing” in poi che questo discorso, ammantato di presagi di morte, assume maggior chiarezza rispetto ai capolavori precedenti, sia musicalmente (la “meccanizzazione” e il gelo del sound, con la totale eliminazione di tratti melodici, diventeranno ancora maggiori); sia concettualmente. Come detto sopra, è “Spasm”, che potremmo definire la Future Breed Machine 2.0, a illustrare il punto di evoluzione raggiunto:
Meshuggah e Cronenberg parlano piuttosto di compenetrazione fisica, evoluzione biologica e relative conseguenze psicologiche. Insomma, un altro livello. Concentrandosi sui primi è da “Nothing” in poi che questo discorso, ammantato di presagi di morte, assume maggior chiarezza rispetto ai capolavori precedenti, sia musicalmente (la “meccanizzazione” e il gelo del sound, con la totale eliminazione di tratti melodici, diventeranno ancora maggiori); sia concettualmente. Come detto sopra, è “Spasm”, che potremmo definire la Future Breed Machine 2.0, a illustrare il punto di evoluzione raggiunto:
Ad ogni violenta frustata muscoli e tessuti si intrecciano /
Colpito a morte da un’inesorabile lucentezza / Immobilizzato dai
dolori crescenti
L’agonia riproduttiva del collasso di un sistema.
La frequenza dell’oscillazione corporea / Movimenti indesiderati passano attraverso la mia carne
Riverberi corporali indotti / Un sistema corporeo perso nelle sue onde
Sbiancato da tremolanti colpi epilettici / Raffiche di radiazioni irregolari /
che innescano il
procedimento di controllo della mente e del corpo
Non c’è speranza
nel futuro dell’umanità profetizzato da Thomas Haake:
“Torn, undone, dissolved,
by incandescent gods condemned. Burned.
Their mark on my soul to my inverted shadow confined”. I versi di
“Spasm” sembrano proprio descrivere quell’urlo angosciato, folle, inumano che vediamo
in copertina. E’ il nostro quel volto? E' il nostro quell’urlo?
Distorto, ruotato. Vertebre e colonna non allineate.
Articolazioni frantumate e fatte a pezzi.
Spirale organica. Allungata e lacerata in una nuova
creazione.
Una cosa senza-mondo, una parola senza-cosa.
Una chiara malformazione…
Se in “Crash” (così come in DEI),
la fusione tra la psiche umana e le macchine si estrinsecava in un pessimismo
dettato dal tema della “morte del sentimento” (allungando in tal senso la lista
dei film catastrofici di un Novecento al suo epilogo), nei Meshuggah di
“Nothing”, opera già intrinsecamente da Terzo Millennio, il pessimismo è diventato ormai
assoluto nichilismo: la razza che era morente, quella umana, è ormai
definitivamente defunta.
Al suo posto è sorta quella nuova…e non sembra proprio
essere migliore…
A cura di Morningrise